INTERVISTA | Alberto Vescovi presenta il suo “Universe”

Il 12 marzo ha visto la luce Universe, il nuovo lavoro del pianista e compositore Alberto Vescovi. Un concept formato da due EP distinti, Cosmonauta e Cinque da Oort, che attraverso un pianismo contemporaneo ma romantico sonda lo spazio infinito che ci circonda, da un lato, e che vive dentro di noi, da un altro. I brani, armonicamente ricchi e dalle dinamiche interessanti, riescono ad accompagnare l’ascoltatore in questo viaggio universale, in ogni senso. Abbiamo incontrato Alberto per parlarne con lui.

Alberto come e quando è entrata la musica nella tua vita?
Ho cominciato a prendere le prime lezioni di pianoforte intorno ai sei anni, ma credo che la passione per la musica sia innata. A differenza dei miei fratelli sono stato l’unico a manifestare fin da piccolo un interesse particolare nei confronti della musica e del pianoforte.

Come definiresti il tuo stile pianistico?
Credo rientri nella musica d’ambiente, minimalista.

Quando hai capito che il pianoforte sarebbe diventato più di una semplice passione?
Era il 2006/07 quando ho ricominciato a suonare pianoforte dopo una pausa di circa dodici anni e da allora non ho mai più smesso, anzi, con il passare del tempo sentivo crescere dentro di me una passione ed una curiosità sempre maggiore.

Universe è la tua nuova pubblicazione. Di cosa si tratta?
Si tratta di un doppio EP, Cosmonauta e Cinque da Oort, di cinque brani l’uno. Inizialmente il progetto Universe comprendeva soltanto l’EP Cosmonauta ed è stato grazie ad una pessima sessione di registrazione se è nato il secondo EP.

Il concept di Cosmonauta e il suo sviluppo mi ha impegnato parecchio. Sostanzialmente volevo realizzare una traccia che avesse più possibilità di sviluppo. Ci sono due racconti in Cosmonauta, in due differenti scale. Un racconto è il concept dalla prima alla quinta traccia, un altro è quello più intimo e quindi nascosto, dei due brani “Sequenza” messi in successione. Cambia la scala della narrazione, dove il primo racconto è il riferimento di ciò che vedo, mentre il secondo è il racconto di ciò che sento. Cinque da Oort, come ho già detto, è stato inaspettato. Per questo ad ognuno dei brani ho dato il nome di un asteroide, proprio come fossero dei corpi celesti con una propria orbita incontrati per caso nel viaggio del Cosmonauta.

Un concept album nell’era della musica liquida e dei singoli è una scelta coraggiosa e molto libera. Ci hai pensato?
Onestamente no, per il semplice fatto che non mi piace comportarmi in un determinato modo solo perché lo fanno tutti. Inoltre, appartengo ad alla generazione (Xennial) del walkman, del CD player portatile, abituata agli album, al dover aspettare, abituata ad una ricerca musicale più difficile e costosa (se andava bene un CD lo si pagava 15,00 Euro). Siamo meno abituati a questa fruibilità immediata del tutto e subito.

Dopo Universe arriverà altra musica?
Assolutamente sì, sto già lavorando a diversi progetti, ma la cosa che più mi piacerebbe riuscire a concludere e sulla quale mi sto concentrando, è il trovare un mio linguaggio in grado di integrare pianoforte ed elettronica.

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