Alessandro Ragazzo, giovane chitarrista veneto che ha già alle spalle un notevole background musicale. Si racconta in questa intervista
Alessandro Ragazzo nasce nel 1994 e inizia a studiare musica all’età di 13 anni con Daniele Gottardo, Alberto Milani e Marco Andreoni. Nel 2011 entra al Conservatorio di Musica di Venezia “Benedetto Marcello” nel dipartimento di chitarra classica sotto gli insegnamenti di Florindo Baldissera. Nonostante la sua giovane età ha già registrato diversi progetti musicali e al suo attivo ha anche più di 200 live oltre che concorsi vinti. Alessandro si racconta al nostro Blog della Musica…
Alessandro Ragazzo, giovanissimo talentuoso chitarrista. Come è nata la passione per questo strumento?
Ciao Silvia. Avevo trovato una chitarra in casa, circa all’età di 12 anni. A 13 anni mio zio, al quale devo moltissimo, mi regalò la mia prima chitarra elettrica, una Fender Stratocaster colore Sunburst. Così mi innamorai della chitarra.
Da giovani solitamente nasce la passione per qualcosa, piccola o grande che sia. L’importante è non smettere di crederci e impegnarsi. Tutti dovrebbero avere una passione, fa bene allo spirito.
Come dicevo prima sei molto giovane, classe 1994 ed hai già un curriculum lunghissimo. Grazie a chi hai iniziato questo percorso?
Grazie a me, in primis, ma per fortuna ho sempre avuto molto aiuto da persone più grandi e con più esperienza che mi hanno dato la carica giusta per fare. Davide Antonio Pio, ad esempio, compositore, musicista e insegnante, mi ha aiutato moltissimo a credere in me.
Hai fatto parte di molti gruppi, suonato con tantissimi musicisti, vinto concorsi. Quanto questo ha influito nella tua identità musicale?
Ho avuto la fortuna di suonare sempre con musicisti molto bravi e in valide band, questo mi ha permesso di imparare moltissimo da loro. Gli Echoes, band Progressive-Fusion, su tutte, con Francesco Inverno e Samuele Duse, due ragazzi dal talento estremo, peccato si sia sciolta. E poi Alessandro Favero, produttore del mio ultimo lavoro, che mi ha permesso di andare in America.
Bisogna suonare con più gente possibile, non è facile ma è una cosa da ricercare, ogni musicista ti dà un input diverso e ti fa crescere in modo diverso. Per me è stato molto importante avere molti compagni di viaggio, ed è importante tutt’ora, oltre che molto divertente.
Non solo chitarrista ma anche autore e cantante: hai scritto musica e testi di alcuni brani e per gli arrangiamenti?
Amo arrangiare. La maggior parte degli arrangiamenti sono miei, poi ho avuto la fortuna di collaborare con musicisti e produttori giovani come me che hanno avuto delle bellissime idee ed hanno dato un tocco in più alle mie composizioni. Specialmente nell’Ep “Venice” ho avuto l’apporto musicale di Victor Di Castri, Giovanni Marton, Manuele Maestri e altri musicisti. E non voglio dimenticare Francesca e Andrea di Indiemood, un’etichetta indipendente di Venezia, che mi hanno dato un grosso aiuto e mi hanno dato la possibilità di girare il video di “The Man With The Hat” in gondola.
So che stai preparando un tuo disco, è il primo lavoro? Quanti brani conterrà?
Si, sto preparando il mio secondo lavoro, il primo è stato l’Ep “Venice”. Purtroppo non posso ancora svelarti il titolo e il numero dei brani. Posso però dirti che saranno brani tutti inediti, un pop-rock alternativo, dove farò un ampio uso di chitarre elettriche e batterie semplici ma potenti.
Quindi c’è ancora mistero su questo nuovo lavoro, però sappiamo cha l’hai registrato a New York, infatti sei tornato da pochi giorni. Come è nata questa occasione e come è stato vivere un’esperienza di questo tipo?
Come ti ho accennato prima è stato Alessandro Favero a darmi questa occasione. Alessandro è di Mestre, ci siamo conosciuti al Conservatorio di Venezia, in questo periodo era a New York, ai Flux Studios. Una notte (causa fuso orario) mi scrive: “Ehi vieni a New York a registrare? Ci sarebbe questa possibilità”. Rifletto qualche minuto e rispondo: “Si figo”. Ed è effettivamente stato figo.
A New York c’è stata qualche collaborazione particolare?
Tutto il lavoro è stato scritto e arrangiato da me con Alessandro Favero che oltre ad essere produttore del disco ha registrato pianoforte, tastiere e synth. Io ho suonato le chitarre e inciso le voci, mentre Christoper Rini ha registrato le batterie.
Perché in America o in Inghilterra si registra meglio? Cosa c’è di più in questi paesi? Non ci sono buoni studi in Italia?
Al di là che in questo studio c’era una strumentazione incredibile, veramente incredibile. Penso sia soprattutto una questione di mentalità. Hanno un occhio diverso per la musica, sono abituati ad ascoltare molta e molto più varia rispetto a noi. Si respira un’aria diversa, c’è molta più attenzione per la performance e verso la qualità.
Adesso che sei tornato in Italia cosa farai? Un po’ di riposo?
No, non credo. A luglio sarò a Milano nello studio di Lele Battista, famoso produttore italiano, per registrare il primo album con il gruppo “Industria Onirica”. È un gruppo che scrive testi in italiano ma musicalmente si ispira a tutt’altri suoni. Troviamo infatti molto rock, molta elettronica, arrangiamenti molto strong… Seguiteci!
Ultima domandina. Mi hai citato prima che frequenti il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia. Prosegui con gli studi?
Bisogna studiare. Sempre.
Risposta esatta, Alessandro. A presto!
Ciao 🙂