Alex Munzone, il suo ultimo album dal titolo Giordano Bruno è uno dei progetti sperimentali in forma musicale più interessanti degli ultimi anni. Pubblichiamo una attenta analisi dell’ultimo lavoro discografico del compositore e cantautore catanese a cura di Mauro Condorelli
Dissonanze ed armonie, strutture di note discordanti che si intrecciano, tramite il supporto di una voce cupa e sgraziata, in una narrazione letteraria. Il senso dell’ultimo disco dal titolo Giordano Bruno (uscito per l’etichetta Doremillaro Recs nel Settembre del 2018) del compositore e cantautore catanese Alex Munzone è semplicemente quello di elaborare, attraverso una minuziosa ricerca, una sintesi tra il teatro dell’opera classica con l’essenzialità del teatro sperimentale d’avanguardia.
Ascoltandolo si ha l’impressione di essere all’interno di un racconto riuscendo, non senza una certa inquietudine, a vivere per intero le vicissitudini ed il pensiero del filosofo di Nola. La palese volontà dell’autore di “portare in scena” un progetto che riassuma la partitura del teatro d’opera si evidenzia soprattutto per la struttura e la presentazione dei brani musicali; l’album è infatti suddiviso in tre atti ed ogni atto segue un ordine ben preciso che agevola la fruizione del racconto biografico.
L’impressione diventa certezza ascoltando, per esempio, il brano dal titolo Condanna definitiva (Che io cadda morto in terra), non si è più semplici ascoltatori di un disco, ma è come se venissimo gettati d’innanzi un palco per tramutarci in increduli spettatori riposti su comodi sedili in tinta rossa di un grande teatro di periferia. Soprattutto in questa traccia il concetto canonico di cd non ha più senso; Il cantautore ha scritto della musica non per essere solo ascoltata, ma per essere anche vista, osservata e forse spiata.
Nel brano Arrivo a Venezia abbiamo la limpida certezza d’essere dei partecipi osservatori, magari posti dietro una colonna o seminascosti dietro un muro, posizionati per assistere all’incontro tra Il monaco e Moncenigo (nobile veneziano che aveva accolto Giordano Bruno nella sua residenza nella speranza che egli potesse erudirlo sulle tecniche della memoria e sulle pratiche della conoscenza).
Ma lo spessore drammaturgico del lavoro lo si coglie esplicitamente nel sinistro dialogo con se stesso (o forse mentre erige un diario privato) nella traccia dal titolo Il tradimento.
Un deluso Moncenigo non accettando i propri limiti culturali e la propria incapacità d’apprendimento rigetta sul filosofo le colpe denunciandolo al Sant’uffizio e accusandolo, tra le altre cose, di blasfemia. Il coro tagliente che si inoltra a metà della melodia e che accompagna le parole dell’irruento nobile, crea le basi sonore che rendono ancor più cupa l’intera atmosfera. L’elaborazione del racconto ed il rapporto con la letteratura, in modo specifico con la tipologia di bibliografia di stampo biografico, è ben supportato dalla presenza di alcuni testi.
Nel brano Le accuse si ha un decalogo in forma lineare delle incriminazioni rivolte a Bruno durante il primo processo a Venezia. Un coro martellante, aggrappatosi agli accordi ostinati di un violoncello, elenca con freddezza i punti che verranno controbattuti nella successiva traccia dal titolo La difesa.
È qui che il pensiero portante del filosofo si manifesta palesandosi nella sua profonda complessità. L’impronta letteraria si rafforza grazie alla presenza, predisposta all’inizio di ogni atto, di un narratore che in forma di sonetto annuncia gli avvenimenti che si svolgeranno e che caratterizzeranno ogni frazione.
La sintesi più completa tra il teatro d’opera e quello sperimentale si ha in una delle tracce strumentali del disco, La tortura. Nel brano indicato la stesura dei riff di violini, realizzati con il sintetizzatore e ripetuto ossessivamente, si attiva dopo una rullata iniziale ed il colpo violento di un martello che percuote un’incudine. Il suono sembra voler ricostruire le cruda sequenza della tortura perpetrata sul corpo martoriato del filosofo. Alcuni passi introducono al senso dell’agonia dell’uomo che si conclude con il ripetersi scandito e simmetrico delle percosse, accompagnate da forti battiti e da un respiro pesante e trascinato.
In conclusione possiamo affermare; non è solo la storia, la biografia ed il pensiero filosofico che hanno portato Alex Munzone a scegliere un personaggio complesso come Giordano Bruno ma, come lo stesso autore descrive, ci sono ragioni più legate ad una necessità di discutere dell’attualità: “La necessità di raccontare il presente; partendo dal fatto che il passato, il presente ed il futuro non sono punti posti diversamente su un segmento, ma eventi che si svolgono nello stesso momento, ho cercato quindi di addentrarmi nella biografia generale dell’uomo Giordano Bruno, figura che ho sempre trovato molto affascinante, utilizzando le sue parole ed il suo credo per narrare la devastante correlazione con l’attualità. L’iper-religiosità non si è conclusa, nemmeno in occidente e quando non è tale si tramuta in moralismo, spesso da quattro soldi, o in facile giudizio verso tutti ed ogni cosa. Quando cominceremo a capire che ciò che è nell’altro è in noi, e che ogni forma di vita e non si intreccia in un enorme stato coscienziale, inizieremo finalmente a smetterla di avercela a morte con qualcuno solo per un “Like” non messo ad un nostro post (questo sarebbe già un buon inizio)”.
Mauro Condorelli
musicologo e critico teatrale
Info: https://doremillaro.bandcamp.com