Andi & Le Banane: I diari della stampella | Recensione

I diari della stampella è il disco di Andi & Le Banane, progetto parallelo alla Banda del Pozzo, di Ezio Castellano. Amore per la chitarra, per i ritmi gipsy e senso dell’ironia espresso nei testi ma anche nel modo di cantare. Ecco la recensione di Blog della Musica

Andi & Le Banane: I diari della stampella - copertina disco

Andi & Le Banane, I diari della stampella

Durante un periodo di pausa dalla Banda Del Pozzo, Ezio Castellano, cantante, autore e compositore, decide di pubblicare il disco I diari della stampella esordendo con un progetto laterale chiamato Andi & Le Banane, che contiene molti elementi di continuità con la Banda.

Amore per la chitarra manouche e Django Reinhardt, per ritmi come marcette gipsy e ballate, senso dell’ironia espresso nei testi ma anche nel modo di cantare, modificando il timbro della voce da nasale ad ingrossato, con effetto parossistico.

Questo stile, mescolato con elementi folk eterogenei (violino, mandolino, fisarmonica, banjo) si riversa nelle dodici canzoni dell’album d’esordio I diari della stampella. Si chiama così, poiché le canzoni sono state concepite durante un viaggio in India: poco prima di partire, Ezio ha fatto un incidente e quindi ha dovuto trascorrere il viaggio con una stampella.

Nelle canzoni si sente un senso della commedia, a partire da Bang bang, dove pianoforte e violino giocano con stilemi comici.

La più bella virtù è condita da un piano blues che potremmo definire malincoironico, che è un po’ la cifra stilistica di Castellano. E nelle parole, tra un accento sarcastico e l’altro fiorisce un po’ di filosofia: “La più bella virtù è andare oltre i propri colori”.

Dal gipsy ci si alterna al tango in Lola, rivolgendosi ai sentimenti e alla luna: “La volontà può anche mentire, ma il cuore no (…) chiaro di luna vieni a me”.

Con la frenetica fisarmonica in levare ci addentriamo in Maruzza, un racconto vagamente gotico, beninteso non il gotico peso delle cattedrali e del cinema horror, ma quello beffardo di Tim Burton. Infatti, la sposa della canzone non ha proprio una bella cera…

Con Merci, si nota che certi stili distanti sono affini; difatti questo è uno strumentale zingaresco, col violino che spicca il volo; tuttavia, per via del ritmo scandito dal banjo, il pensiero va per un attimo alla dixieland americana.

I sentimenti tornano in forma audace in Quando mi guardi e non parli, seduzione di un uomo sicuro di sé: “Quando cerco di incantarti ma tu fingi che non t’importa, poi anche se non vuoi i tuoi occhi ti tradiscono, e mi dimostri che in fondo ti piace”.

Se l’approccio non funziona, ci consoliamo bevendo nel brano successivo: Quelli del Tul Bar, dove tra malinconia alcolica e un rapido country, emerge una frase saggia: “Devi accettare che non sai dove vai, devi accettare il percorso”.

Usciti dal bar c’è un pagliaccio in strada, narrato in Raccontami di lui: “Cavalca il monociclo con le sue scimmiette, recita versetti sparando le bombette, con la fisarmonica suona tarantelle, spara coriandoli con finte rivoltelle (…) ma nessuno l’ha mai visto ridere, nessuno tranne te, raccontami di lui”.

Nel finale la danza si fa forsennata. Si riaccendono gli animi con due ballate, prima con la dolcissima Ritornerò, resa brillante dal mandolino, che celebra le difficoltà, come parti integranti di una vita piena: “Un viaggio senza disavventure è un viaggio a metà. Vola ad occhi chiusi e a cuore aperto, e non coprirti bene”.

E poi in Se ti va i violini piangono, assieme al mandolino che trilla: “Non c’è niente di male, piangi se ti va, non esiste il bene non esiste il male, non esiste il bere, non esiste il mare”.

Si torna al country con Sono incantevole, che invita a non tormentarsi più e a cercare la leggerezza, ma il disco termina con il manouche, lo stile prediletto da Castellano, in Vecchia amica, la quale amica è la finestra dalla quale ha visto la città per la prima volta, che non è mai cambiata negli anni, mentre la stanza si è gradualmente riempita di oggetti.

I diari della stampella sono un viaggio personale, ma non narcisistico. Racconta con umiltà e umorismo una propria espressione, in cui ci si può trovare, soprattutto quando si riesce a prendere in giro la vita, sorridendo alla iella.

di Gilberto Ongaro

Info: https://www.facebook.com/castellanoezio/

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