INTERVISTA | Andrea Barone: dentro l’essenza di “Reborn”

Parliamo del disco Reborn di Andrea Barone, che scorre lento e armonioso come in fondo accade durante una presa di coscienza, un’analisi verso se stessi e verso la vita che ci accade addosso…

Sembra poi tanto questo il nuovo suono del compositore, strumentista e autore campano Andrea Barone. Forse il vero primo approccio ad una scrittura personale in ogni sua parte, forse il vero unico grande approccio alla sua vita racchiusa dentro tracce che ripercorrono anche grandi capitoli internazionali, dai Genesis agli Alan Parson Project passando davvero per molte delle derive possibili. Forse denunciamo appena l’ingenuità della scelta di alcuni suoni, forse troppo industriali e sintetici nonostante il grandissimo apporto umano e spirituale che trasuda in tutte le intenzioni di questo disco. Si intitola Reborn e noi lo lasciamo girare indagando appena oltre la corteccia di cose visibili ai più.

Benvenuto Andrea Barone. Partiamo dal video che come sempre mettiamo in circolo sulle nostre pagine. Il vento torna a veicolare risposte come disse Dylan. Per te cosa significa tutto questo?

Come la maggior parte dei riferimenti, anche quello al brano di Bob Dylan Blowin’ in the wind è stato inconscio, nel senso che mi sono reso conto di esso dopo aver scritto ed inciso il brano. Il vento per me è un simbolo di leggerezza, intesa non come superficialità ma come metafora del “planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”, come diceva Calvino. Rappresenta la capacità di riuscire a godere delle piccole gioie e sensazioni quotidiane anche quando la vita colpisce. È un messaggio che rivolgo anche a me stesso, e che provo a trasmettere con il brano. Ho avuto la fortuna di trovare in Emanuele Durante la vocalità perfetta per esprimere queste sensazioni e per interpretarne la melodia.

E che risposte hai trovato per la tua composizione?

Poche risposte, tante altre domande, che attendono altre risposte. Ma la musica, e l’arte in generale, sono un ottimo antidoto agli interrogativi, ai dilemmi, alle difficoltà della vita, sono fonte di espressione e comprensione di sé e del mondo, nonché fonte di rigenerazione. Nel ritornello di Feel the wind viene detto chiaramente e in modo semplice: tutto passa, come un lampo, appena il tempo di una canzone…

Tutto il disco come anche questo video strizza l’occhio agli anni ’80 e ’90. Come mai se posso chiedere? Cosa c’è dentro questo periodo che tanto ti affascina?

Penso che la musica che ascolti dall’adolescenza fino ai 20 anni ti segni per sempre, e questi 8 brani ne sono stati influenzati in maniera naturale. Ho scoperto il rock anni ’70, ’80 e ’90, intorno ai 14 anni e non l’ho più abbandonato. Sicuramente Reborn può ricordare in particolare il rock della seconda metà degli anni ’80 e degli anni ’90, allo stesso tempo però mantiene una forte impronta melodica. Alcune canzoni sono un vero e proprio omaggio a quel tipo di musica. Ad esempio Say goodbye, cantata da Ario Avecone, strizza l’occhio a un certo tipo di rock ballad di quegli anni. È un periodo in cui è stata prodotta musica fantastica, ma sono anche altri i generi che amo, classica, colonne sonore, cantautori, metal, blues…

Ma in generale è un periodo che si ripesca quasi sempre dentro le produzioni di tutti ormai. Secondo te perché?

Probabilmente in pochi decenni si è andati talmente avanti nella produzione della musica attraverso le tecnologie che è difficile pensare e proporre qualcosa di completamente nuovo, anche se nella storia della musica raramente si è creato qualcosa di nuovo al 100%. Ma soprattutto, i modelli del passato sono talmente forti, importanti e influenti che non se ne riesce a fare a meno. Però non penso che non si possa creare musica nuova, è una cosa che sento spesso e che si dice da decenni, ma credo sia una falsa percezione che ti dà il tempo presente e non credo sia così.

Dal vivo “Reborn” avrà una sua rinascita ora che stiamo riaprendo i cancelli?

Sono contento che i live stiano ripartendo, spero si ritorni presto alla normalità e che l’incubo che abbiamo vissuto finisca del tutto. Ma in realtà Reborn è un disco non pensato per il live, è stato concepito come album “corale”, e il progetto, almeno al momento, non è provvisto di una formazione stabile. Avendo coinvolto una quarantina di persone tra cantanti e musicisti sarebbe davvero molto complicato un live. Qualche volta ci ho pensato a proporlo dal vivo, ma anche il fatto che io non sia il cantante, che le voci siano tante e molto variegate tra loro, non rende forse così agevole la soluzione live. Forse in futuro, se metterò su una band stabile, con la quale magari costruire i nuovi brani, eseguirò dal vivo anche le canzoni di “Reborn”.

Guarda il video di Andrea Barone, Feel the wind (feat. Emanuele Durante)

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