Andrea Padova e James Houlik hanno pubblicato per Limen Music il disco Voices – Ballads e Prayers, un perfetto equilibrio musicale tra esecutore, compositore e ascoltatore.
Intensa drammaticità musicale, ma non tristezza, suono teso che vive, ecco la prima impressione di Voices – Ballads e Prayers, il disco di Andrea Padova e James Houlik, sin dalle prime battute quando il sax si racconta da solo nell’introduzione di Perfect moon. Si capisce da subito che al centro del disco sta la ricerca compositiva, la scrittura che diventa suono vero e non fermo alla carta. Dal suono, alla composizione a quella scrittura che porta poi alla condivisione ed interplay più speciale ed intimo: il duo.
James Houlik e Andrea Padova non solo dialogano, raccontano “all’unisono” una storia, una vicenda un romanzo con i suoni. Suoni che si spostano come una piattaforma se-movibile grazie ad appoggiature e dissonanze pensate in modo contrappuntistico. Ecco… sapiente maestria di un pianista che riesce a far intendere strumenti che non ci sono, nel cambio intenso da un’armonia verso un’altra.
Prelude in do maggiore evoca semplicità e spensieratezza, giammai banalità, niente appare scontato né la melodia, né gli arpeggi che vestono in un continuum ritmico i gesti melodici del sax. Poi la sua voce si interrompe, allora il piano emerge. Stop… Tutto tace, ma non il sax che porta a compimento il brano sino alla fine, James Houlik viene accompagnato da accordi densi di suono, pieni.
Le dinamiche soffuse, delicate descrivono con i suoni tinte pastello, cartoline forse sbiadite dal tempo ma che ci affascinano e fanno meditare.
La scrittura risulta sempre ricercata, elegante e fine, richiede orecchie attente che si dedichino con attenzione all’ascolto. Ecco, non è facile a volte ascoltare, a volte la musica si sente, qui no, la musica si ascolta, o quanto meno siamo messi nella condizione ideale per poterla ascoltare. Già, mi sono preso il tempo necessario per capire, indagare a fondo su queste note, su questi brani a volte non immediati ma sempre interessanti e pregevoli per come sono costruiti, nella loro intelligente originalità. Sicuramente l’album non sarà commerciale (parola a mio avviso spesso dannosa alla musica, quindi da intendersi come un complimento!), ma sarà il frutto intelligente di una mente che sa pensare, che sa ponderare i vari gradienti musicali per parlare una lingua forbita, corretta, che sappia usare quanti più vocaboli possibili, a volte usuali, a volte desueti.
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Ecco come scorrono queste note, e queste composizioni. Si ricerca l’ascolto intelligente e la comunicabilità mai scontata. La comunicazione in questo album è chiaramente bilaterale (esecutore-ascoltatore), o vuole comunque esserlo parlando, una lingua musicale capibile da tutti, ma al tempo stesso non immediata, non è un linguaggio colloquiale, tra amici. E questa maturità artistico-musicale diventa fondamento per un disco ben fatto da grandi professionisti.
Dove ricercare quindi questa maturità stilistico compositiva? A mio avviso, a fare da corollario a tutto l’album una profonda tradizione classica, negli accompagnamenti, nei gesti, nelle volate del pianoforte, nei suoi arpeggi. Sempre un gusto lirico ed espressivo prevale sulle composizioni che camminano sempre su andamenti moderati, andanti o lenti. Chiari sono a mio avviso i riferimenti a molta musica francese impressionista: Debussy e Ravel tra tutti, ma anche Erik Satie, Gabriel Fauré. Questa spinta impressionista conduce per mano l’ascoltatore verso una preziosa intimità, personale raccoglimento in se stessi.
In In motiontutto scorre, si muove cammina veloce. Il gesto del pianoforte diventa un groove sul quale far camminare il sax che al contrario poggia su note lunghe e ben distese. La tonalità di mi maggiore, molto luminosa fa da corollario a tutto il brano che sceglie armonie immediate, semplici e fruibili, il tema è cantabile e rassicurante. Poi all’improvviso la sezione B ci porta al relativo minore, un cambio di scena ma che non ci allontana troppo, solo l’altra faccia della medaglia. Chiude poi il pianoforte di nuovo in Mi maggiore con atmosfere rinnovate e pulite. Un cielo terso.
Monologo di sax, vaga attorno ad una sola nota, questa nota viene esplorata, ferma, poi gira nei dintorni per poi allontanarsi via via, sempre più prima di trovare la sua collocazione nella tonalità, cammina solo, appunto prima di esser accompagnato e trovare la pace. Prayerinizia così… con suoni lunghi, meditativi e quasi eterei, accordi distesi, lunghi, pesanti che accompagnano i gesti melodici di James Houlik. La melodia sembra essere infinita, non arriva mai a compimento, forse non vuole mettere un punto fermo alla frase, quasi a ricordare un leit motiv wagneriano. Poi i ruoli cambiano, si invertono, si scambiano in modo parallelo tra piano e sax, ed è proprio quest’ultimo ad accompagnare con note pedale scure e dubbiose fino ad arrivare alla sintesi dei due episodi quando vicendevolmente i due strumenti trovano un accordo che porta alla naturale conclusione della composizione. I toni sono sempre tristi, quasi struggenti, e non solo perché suggeriti dal modo minore, ma soprattutto per la tensione data da queste note che cambiano, che si spostano di semitono, per cambiare ed eludere sempre la nostra prospettiva percettiva. Grande emotività, grande sentimento.
Prayer é uno dei brani dove la poetica del disco si fa più forte, un interplay commovente tra i due protagonisti. Padova e Houlik riescono a creare magiche atmosfere grazie a un controllo totale del suono e di ogni sua più piccola sfumatura, nella dinamica, nel discorso musicale sempre teso e coerente nella sua drammaticità. Grandi professionisti che riescono ad evocare a volte paradisi terrestri rigogliosi, floridi e ricchi quanto a volte paesaggi lunari brulli, secchi, inospitali e deserti.
Un altro brano che mi ha colpito è sicuramente Night Garden, una ballad struggente in ¾ dove i temi, le melodie rimpallano e si completano ad ogni passaggio tra Houlik e Padova. I gesti del piano di Andrea Padova danno ampi slanci, riescono a fare decollare con gradualità e inesorabile drammaticità la melodia piana del sax di Houlik. Il pianoforte è quasi sospeso in questi arpeggi che accompagnano con note pedale sospendendosi tra tonalità e modalità. Il brano è variopinto da armonie sempre ricercate, studiate ad hoc, armonie che lasciano sempre spazio non solo all’esecuzione ma anche all’interpretazione di chi ascolta rendendolo libero.
Ecco. La magia e ricchezza del disco? Direi questo equilibrio tra esecutore/compositore-ascoltatore, tra l’aspetto estesico e poietico della musica che diventa, allora, punto culminante e caratterizzante dell’intero pregevole disco.
A cura di Marco Pollice
Il disco si può acquistare QUI
Andrea Padova e James Houlik – Voices – Ballads e Prayers – Limen Music
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