INTERVISTA | Anna Soares “diviene brivido” con Anesthetize

É uscito Anesthetize, il nuovo lavoro della cantautrice e producer Anna Soares, fuori su tutte le piattaforme digitali per LGR – Lost Generation Records. La cantautrice percorre le strade dell’alterazione dei sensi con eleganza e originalità: Anesthetize infatti, ci spinge a “bere tutta la nostra purezza, battere le ciglia, e respirare, fino a diventare brivido”. Un brano che respira, per l’appunto, e alterna aperture ambient con field recording e campionamenti dalla natura, con le atmosfere claustrofobiche proprie della musica garage di matrice britannica.

Non potevamo che intervistare Anna Soares, per scoprire qualcosa in più.

Cosa ti affascina di tematiche quali la sessualità e il BDSM? E in che modo questo si intreccia con la musica che fai?

Quel che mi affascina di più della sessualità è la sua naturale fluidità, il prevalere della sfera sensoriale vissuta in profondità, mentre nel BDSM trovo sia bellissima la complementarità che si crea negli squilibri di potere. La mia arte attinge moltissimo da queste sfere, cerca di mettere in suono il misticismo del contatto umano intimo portato al suo estremo, intrecciando sussurri, suoni cupi, a un immaginario estetico seducente e sfrontato.

Credi che sia ancora un tabù parlare di sesso liberamente?

Nonostante i piccoli passi avanti che le società a livello collettivo stanno facendo nei confronti della sessualità e dell’educazione sessuale e affettiva penso ci sia ancora un lungo cammino da fare per sdoganare preconcetti radicati in un certo sentire umano che ipermoralizza qualsiasi comportamento non conforme a quella che viene percepita come  normatività.

E Milano come si comporta a riguardo?

Milano è sicuramente una realtà che si distingue dal resto dell’Italia per un’apertura di respiro più europeo per quel che riguarda la sessualità, c’è una maggiore consapevolezza e un minor timore nell’esporsi, siamo sempre in Italia, questo è certo, ma ho come l’impressione che se qualcosa può avvenire, avverrebbe senza dubbio lì.

Ti senti mai un’outsider rispetto alla scena musicale italiana?

Costantemente, e non è per forza una sensazione negativa. Sono consapevole del fatto che quel che creo si discosti sia a livello sonoro che tematico dal 99% della produzione nazionale, ma trovo che sia un valore aggiunto, più che un impedimento.

Anna Soares
Anna Soares

Qual è la tua preoccupazione più grande rispetto al tuo progetto?

Probabilmente l’essere fraintesa. So che vado a toccare dei nervi sensibili quando le persone mi ascoltano, e avendo un sentire sempre diverso non tutti comprendono che il mio è un voler sensibilizzare e rendere consapevoli, piuttosto che una provocazione tout court che gonfi il mio ego.

Leggiamo che nella voce di Anna Soares ci sono reminescenze di matrice jazz. Da dove derivano? E cosa ti lega ancora al mondo del jazz?

Ho studiato piano e canto jazz per quattro anni, ascoltandolo per dieci, il jazz mi è inevitabilmente restato addosso e dentro, nonostante nella creazione io abbia prediletto uno stile compositivo completamente diverso. Quel che mi lega a questo genere è il dolore dal quale nasce. Viscerale, profondo, puro. E l’elemento improvvisativo, che è creazione nel qui e ora, mi ha sempre affascinata come mi affascina l’imprevisto.

E quali sono le altre influenze musicali che ritroviamo nei tuoi pezzi?

Sicuramente un’elettronica di stampo europeo, che oscilla tra la Germania e l’Inghilterra degli ultimi 20 anni, è stata parte integrante della formazione del mio gusto. La future garage e la melodic techno in modo particolare. C’è anche un elemento cantautorale forte, ma meno individuabile in influenze specifiche e più collocabile in una necessità di scrittura che abbia la parola al centro.

Anesthetize ci avvicina al tuo nuovo album. Cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?

Un percorso già intrapreso in Sacred Erotic, declinato in una visione più spirituale. Dionysus, il mio nuovo album, è una raccolta di nove rituali scritti per Dioniso, celebrando tutte le sfaccettature più profonde del perdersi. A livello sonoro è un album che contiene una dose massiccia di sperimentazione miscelata a un’attitudine (passatemi il termine) pop nella scrittura. È un lavoro molto duale.

Come nasce la tua collaborazione con Lost Generation Records?

L’anno scorso, dopo la release di BabyDon’tStarveMe fui contattata da LGR per una collaborazione artistica: fui subito colpita dalla passione e perseveranza dell’etichetta e da una filosofia estremamente affine alla mia, ovvero quella di voler proporre musica fuori dagli schemi, ma che potesse arrivare alle persone e dir loro qualcosa di importante. Continuiamo a lavorare insieme con entusiasmo e voglia di creare bellezza.

E ora?

Dopo la release dell’album sarò impegnata nella creazione di un podcast sulle sessualità alternative guardate sotto un profilo socioculturale e affrontate in modo pungente, ma leggero. Nel frattempo mi prendo del tempo per continuare a scrivere e comporre, in direzioni diverse e sfaccettate. Adesso, però, vado a prepararmi un gin tonic. Cheers!

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