Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Ariù, al secolo Enrico Scanu, che ha di recente pubblicato il suo primo EP dal titolo Nottetempo, custodendo così dei brani che dalla sua camera prendono forma tra indie-pop e white soul con venature elettroniche. Intenso e bellissimo. Ecco cosa ci ha raccontato a riguardo!
Ciao Ariù, grazie per aver accettato quest’intervista. Facciamo un passo indietro: come ti sei avvicinato alla musica? E come sarebbe la tua vita, se avessi studiato qualcos’altro o non avessi mai avuto il coraggio di pubblicare Nottetempo?
La musica è sempre stata parte integrante della mia vita, nel senso che avendo in famiglia un padre molto appassionato di riflesso ho cominciato ad ascoltare musica fin da bambino.
Nel frattempo questa passione si è evoluta quando ho cominciato a fare le mie prime scoperte musicali. Mi hanno sempre affascinato gli strumenti musicali, tutti, così a 13/14 chiesi ai miei di comprarmi una chitarra perché sognavo anche io un giorno di scrivere qualcosa di mio e in effetti è andata così. Non ho mai avuto una grande costanza nello studiare la roba d’ altri ed ho sempre avuto una forte curiosità nello sperimentare cose mie.
In realtà ho studiato anche altro. Sono laureato in architettura, ma ho capito quasi subito che non era la mia strada. Se non avessi avuto il coraggio di pubblicare Nottetempo a quest’ora avrei sicuramente un rimpianto in più.
Suoni da parecchio, ma Nottetempo (che è il tuo primo disco da solista) arriva solo quest’anno, come mai? Cos’è successo nel frattempo?
Ho suonato in tanti gruppi dell’ area milanese e non solo facendo tantissima esperienza live e in studio. Con i Dropshard, band prog rock, ho vissuto 9 anni molto intensi, facendo centinaia di concerti e incidendo 3 dischi. Con i Deaf Kaki Chumpy, formazione di 18 elementi, ho suonato in tantissime situazioni bellissime condividendo 4 anni veramente stupendi e incidendo 2 dischi. Con i Don Anselmo, trio nu jazz, ho cominciato a sperimentare con le mie composizioni più jazz oriented ed ho inciso un disco nel 2017, pubblicato su Soundcloud. Tutte queste esperienze mi hanno dato tantissimo sia a livello umano che artistico. Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza di iniziare un mio percorso ed eccomi qui.
Più di tutti gli altri brani, ci ha colpito Tokyo. Di cosa parla questo brano?
Mi fa piacere perchè è un pezzo molto particolare. Tokyo parla fondamentalmente della noia. È una sorta di contemplazione verso il tempo perduto ma anche una pausa dalla frenesia di tutti i giorni. Può anche essere letta da un punto di vista diverso, ovvero quello sociologico.
Ormai ai giorni nostri sempre più persone provano piacere nell’esprimersi riguardo qualsiasi cosa, spesso senza alcuna competenza, anche in maniera violenta e arrogante tramite i social. Giudicare sembra essere diventato sport nazionale. Ecco in tutto questo marasma Tokyo potrebbe essere una persona che se ne sta in silenzio alla ricerca di una pace difficile da trovare. Il caso vuole che l’ EP sia uscito in piena quarantena perché la canzone, pur essendo stata scritta più di un anno fa, suona estremante attuale. Non lo avrei mai immaginato.
I quattro brani sono nati tutti nello stesso periodo? Cosa potrebbe trapelare della tua vita privata attraverso questo disco, a chi non ti conosce personalmente?
Non esattamente, però diciamo che sono stati scritti quasi tutti recentemente. Sicuramente può trapelare che sono un persona malinconica e un po’ introversa. Cos’altro non lo so, ma sarebbe curioso chiederlo ad un ascoltatore che non mi conosce bene.
La musica, dovrebbe essere in qualche misura sempre autobiografica?
Non necessariamente. È un mezzo di comunicazione e come tale a mio parere può parlare di qualsiasi cosa: politica, società, noi stessi. La musica non dovrebbe porsi nessun tipo di limite.
Un magazine musicale italiano di te scrive: “Ariù però è anche un’altra storia, una storia fatta di una voce calda e tremendamente umana che, specie in questi giorni, si fa volere un sacco bene”. Ti ritrovi in quel tremendamente umana? Hai mai pensato di sperimentare altri generi?
Quando sono a fuoco con quello che sento si, mi ci ritrovo pienamente in questa descrizione. A dire il vero ho già sperimentato molti generi fino ad ora anche grazie ai gruppi dei quali ho fatto parte. Questo non vuol dire però che non abbia voglia di provare altre cose. Le novità sono sempre molto eccitanti.
Hai voglia di elencarci un po’ di artisti che ti piacciono e che possono aiutarci a “inquadrarti”?
Ok te ne dico un po’ in in ordine sparso: Radiohead, Peter Gabriel, Damien Rice, Nick Drake, Hozier, Niccolò Fabi, Pink Floyd, Coldplay, Josè James, Ghemon, Diodato, Mahmood, Jordan Rakei.
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