Il Beat italiano: 5 album per imparare a conoscerlo

Vuoi conoscere il beat italiano ma non sai da dove iniziare? Ecco per 5 album fondamentali per fare conoscenza con una parte importante della storia della musica italiana. Ci aiuta in questo articolo la rubrica “Le pillole di Lele” che potete trovare su youtube e con la quale inauguriamo una nuova collaborazione.

Cinque dischi per conoscere il beat italiano. Stilare una classifica è sempre difficile soprattutto quando i titoli sono molti. Ecco allora che la scelta de “Le Pillole Di Lele” cade su un numero ristretto quanto essenziale di titoli di album che hanno fatto la storia del beat italiano. Naturale che rimangano fuori lista tantissimi altri titoli papabili, personalmente ne ho scelto cinque tra quelli più amati da me, ma anche tra i più importanti della discografia del beat italiano, sia per influenza sulla musica italiana degli anni a venire, che per quel momento incredibile che furono gli anni ’60.

I Corvi nella copertina disco Un ragazzo di strada

I Corvi, Un ragazzo di strada, 1966

I Corvi – Un ragazzo di strada, 1966

Dalla band parmigiana dei Corvi arriva un vero è proprio inno del Beat Italiano, quello che da il titolo all’album e che fu il loro principale successo, cover di  un brano di una oscura band americana, The Brogues, i cui membri Gary Duncan e Greg Elmore poi formeranno i Quicksiver Messenger Service, I Ain’t no Miracle Worker, che viene mutuata nel testo in Un Ragazzo di Strada mantenendo un suono ruvido dato dal Fuzz, il distorsore dal classico sound sixties, divenendo un brano ProtoPunk o garage come si userà dire poi in seguito.

Il resto dell’album mantiene queste sonorità, saccheggiando per le cover: Donovan, James Brown, Sonny and Cher, alternati a brani originali la band non sopravviverà al successo di Un Ragazzo di Strada e alla fine della stagione del Beat, ma la canzone rimarrà negli annali come uno dei più importanti brani rock italiani.

Copertina del disco dell'Equipe '84 - Stereoequipe

Equipe ’84, Stereoequipe disco del 1968

Equipe ’84 – Stereoequipe, 1968

Pubblicato a Settembre del ’68, il disco Stereoequipe dell’Equipe ’84 è importante per vari motivi, tra questi essere il primo album in Italia uscito unicamente in versione stereofonica e da qui il titolo, poi è forse uno dei dischi italiani più dichiaratamente psichedelici, seppur ricco di cover vedi No Face No Name No Number dei Traffic o Land of Make Believe dal repertorio degli EasyBeats. Le versioni sono tutte molto personali e particolari, per non parlare della doppia presenza di Battisti con Nel Cuore e nell’Anima e 29 Settembre.

Le nuove tecnologie poi permettono di incidere su un otto piste uno strumentale con il Sitar suonato da Vandelli, Intermission Riff, che diverrà sigla del rotocalco settimanale di informazione “TV 7., Le foto per la copertina vennero scattate da Mario Schifano che nello stesso periodo produrrà la sua band Le Stelle. Tra le leggende mai confermate si narra che il riff presente nel finale di Nel cuore e nell’anima sia stato ispirato, se non rubato, durante una notte milanese trascorsa con Jimi Hendrix.

I Pooh nella copertina del disco Per quelli come noi

I Pooh, Per quelli come noi, 1966

I Pooh – Per quelli come noi, 1966

I bolognesi Pooh, quelli dei primi passi con Riccardo Fogli e Valerio Negrini alla batteria, quelli che riuscirono a far parlare di sé occupandosi dei fatti terroristici in Alto Adige in Brennero 66 canzone di rara bellezza e altrettanta tristezza, rabbiosi con vena proto punk in La Vostra Libertà e poi le riuscite cover di Till The End  Of The Day dei Kinks, Nessuno Potrà rider Di Lei, dello Spencer Davies Group di Keep On Running, Vieni Fuori, fanno di Per quelli come noi uno dei dischi più originali dell’epoca. Dopo non saranno mai più a questo livello ma questo album merita di essere riscoperto con anche più di un ascolto.

I Nomadi – Per quando noi non ci saremo, 1967

Copertina del disco deiI Nomadi - Per quando noi non ci saremo

I Nomadi, Per quando noi non ci saremo, 1967

Il folk beat della via Emilia fa incontrare i Nomadi e Guccini, così come Dylan lavorò con i Byrds. Il cantautore e la band emiliana lavorano su tematiche ecologistiche, antimilitaristiche e quella Dio è Morto che fece scandalo e venne bannata dalla RAI, ma al contrario venne riscoperta e resa celebre dalla radio vaticana.

Tra le cover spicca la Dylaniata I Want You tradotta quasi alla lettera in Ti Voglio da Giorgio Calabrese, poi Noi Non Ci Saremo e Per Fare Un Uomo che resteranno per sempre tra i classici da concerto della band anche oltre la dipartita di Augusto Daolio.

Lucio Dalla nella copertina del disco 1999

Lucio Dalla, 1999 disco del 1966

Lucio Dalla – 1999, 1966

L’esordio discografico con 1999 di Lucio Dalla arriva che Lucio ha già alle spalle esperienze importanti come quella con i Flippers, qui è un Beatnik che cammina scalzo e che parla di acido lisergico (vedi “LSD”) che è andato a Sanremo in coppia con gli Yardbirds con Pafff… Bum!!.

Qui è accompagnato dai suoi “Idoli” che ci offrono un disco di chiara matrice R&B dove si saccheggia tranquillamente James Brown di Man’s Man’s Man’s Word e I Got You.

Come è Profondo il Mare è ancora lontano ma le idee del cantante felsineo sono già chiare!

Guarda il video dei 5 dischi del Beat italiano

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