INTERVISTA | B.I.T: la tradizione sposa il jazz… O viceversa?

Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, Come Again è il disco d’esordio dei B.I.T. duo composto da Manuela Pasqui al pianoforte e Danielle Di Majo. Un progetto nato in un periodo difficile come quello della pandemia e che attinge dal repertorio del passato utilizzando il linguaggio dell’improvvisazione jazz. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.

Ciao Manuela e Danielle, benvenute sul Blog della Musica. Cominciamo da una domanda per rompere il ghiaccio. Vi andrebbe di presentare ai nostri lettori questo vostro nuovo disco intitolato Come Again?
Ciao! Si, certo, ci sembra una buona apertura per un’intervista!! Da un punto di vista ideologico Come Again è il nostro grido di resistenza al silenzio e all’immobilità imposti dalla gravità di questo evento sconvolgente che è stato e in parte ancora è la pandemia. E’ nato proprio a cavallo dei primi lock down e considera che siamo entrate in studio a dicembre del’20! Più o meno nove mesi, quelli difficili!!! Come tutti, anche noi musicisti abbiamo sperimentato un grande senso di impotenza e usato la nostra creatività per costruire delle possibilità alternative di espressione. Come Again è questa possibilità, rappresenta la voglia di ricominciare a essere insieme, di resistere, di comunicare e di farlo attraverso la musica.

Come Again è un disco che riprende brani tradizionali, alternando anche qualche composizione originale, ci volete raccontare, dunque, come è nata l’idea di incidere questo disco?
Molti dei brani del disco provengono dalla tradizione classica, vero; non è un’operazione nuova quella di attingere al passato, soprattutto per musicisti trasversali, cioè che affondano le loro radici in linguaggi diversi, dal patrimonio classico, al folk o al jazz. Entrambe abbiamo queste caratteristiche, seppur con esperienze e approfondimenti differenti e questo ci ha da subito messe in grande sintonia. Manu lavora da tanto sulla rielaborazione in chiave improvvisativa del patrimonio antico e con Danielle ci siamo riconosciute anche nella direzione, nella ricerca del suono e dell’espressività. E poi ci siamo simpatiche! E da questa complicità professionale e amicale è scaturita naturalmente e da subito una bella sinergia. Il lavoro sui brani originali, sull’interazione e sugli arrangiamenti è diventato un viaggio divertentissimo e registrare il disco non è stato neanche un obiettivo ma semplicemente il risultato di questo incontro.

“Cagnaccio” e “Della mancanza e dell’amore” sono due dei brani originali presenti in Come Again: dalla nascita di questo disco state anche cominciando a lavorare anche ad altri brani originali?
Assolutamente sì! In realtà è diventata la nostra ricerca principale, ma al tempo dell’incisione del disco abbiamo pensato di rendere omaggio ai brani che per primi hanno rappresentato il nostro banco di prova. Nel prossimo disco crediamo che ci saranno quasi esclusivamente nostre composizioni.

In una formazione come il duo, siamo curiosi di sapere come lavorate ai vostri brani dall’inizio fino alla fine: insomma cosa succede in sala quando le B.I.T. si vedono e lavorano insieme?
Ecco, questa è una domanda complicata. C’è un lavoro iniziale, concettuale, dalla scelta del brano, la sua veste armonica, a un’idea, magari abbastanza generica, sul groove; poi ci siamo noi, l’ascolto reciproco e l’interazione. Si, diciamo che lavoriamo cercando di ascoltarci al massimo, di sostenerci e di non perdere mai di vista l’obiettivo e cioè la Musica. E poi… ci divertiamo, un sacco.

E’ forse vero anche che suonare in duo offre maggiori libertà ai musicisti, a maggior ragione quando parliamo di jazz?
La musica improvvisata, in tutte le sue forme, è meravigliosa. Libertà, creatività, emozioni, è un’esperienza totalizzante. E certamente, come dici tu, il duo offre uno spazio speciale, anche di difficile gestione a volte, ma se trovi la chiave giusta hai un oceano da esplorare a vele spiegate.

La musica classica che sposa il jazz: potrebbe essere anche questa una chiave di lettura di Come Again?
O il jazz che sposa la classica? A parte gli scherzi, si tratta secondo noi solo di etichette. La musica occidentale ha una struttura ossea abbastanza omogena e le differenze linguistiche ci sono, ma se osservi bene armonia e strutture hanno lo stesso DNA. Credo che si tratti soprattutto dell’improvvisazione. Lì possiamo marcare un confine. E noi cerchiamo di stare sempre dal lato della creatività estemporanea.

In un anno particolare come questo, segnato dalla Pandemia, è bello sentire che nascono nuovi progetti e che in molti non si sono fermati: raccontateci come è nata la vostra collaborazione e poi come siete arrivate al disco.
Ci siamo incontrate all’interno di un altro progetto musicale, un quartetto dedicato a Wheeler, nell’anno precedente la pandemia. Abbiamo cominciato a conoscerci musicalmente e personalmente lì. E’ stata proprio la pandemia a darci la spinta per fare altro. Un modo per approfondire legame e ricerca in un momento molto, molto faticoso e penoso. Cantava il nostro De Andrè “dal letame nascono i fior”.

E quindi le B.I.T. cosa si aspettano dal futuro, sperando che la situazione tenda a migliorare nei prossimi mesi?
Ci aspettiamo di poter condividere il più possibile le nostre ricerche con il pubblico e di poter proseguire con il lavoro. Un augurio che facciamo a tutti!

Ascolta il disco Come Again delle B.I.T. su Spotify

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