Inevitabile non lasciarsi portare dentro le trame un po’ incantate e un po’ favolistiche di questo pop che ci regala il disco d’esordio di BLU, al secolo Mario Francesco Giarola, cantautore giovanissimo che si è anche distinto nel percorso che lo ha portato alle finalissime di Area Sanremo Tim 2020. Eccovi la nostra intervista…
Si intitola Io che sognavo noi, disco che vede anche la collaborazione alle musiche di Veronica Marchi, altra penna di fortissima sensibilità che restituisce al disco quell’impronta di melodia che meglio accoglie questa voce particolarissima di BLU, elemento caratterizzante e di sicuro impatto. Vita quotidiana tra battaglie emotive, rinunce e conquiste. Emancipazione prima di tutto…
Partiamo dal nome. Come nasce BLU?
Il nome Blu mi appartiene da prima dell’avvento dei social network, quando ancora esistevano i forum. Era il mio nickname e tutti mi chiamavano così. Siccome la mia voce ha un timbro androgino, e il nome “Blu” non ha riferimenti legati al genere, mi sembrava perfetto e non ho fatto altro che tenerlo.
Che poi è un colore che mi fa pensare alla speranza, alla spensieratezza… ma il tuo disco è tutt’altro che spensierato e adolescenziale. Che tipo di equilibrio si trova tra questi estremi?
Io credo che dentro noi tutti esista il nostro essere “fanciulli”, una caratteristica che molto spesso esce quando siamo davvero autentici. Ecco, credo di essere stato davvero autentico nel disco e di aver trovato un equilibrio pezzo dopo pezzo.
Parlaci di questa voce che ti caratterizza tantissimo. Che poi penso tu ne faccia una direzione artistica vera e propria o sbaglio?
Non sbagli assolutamente, anzi! Non conosco nessuno con una voce come la mia, è una caratteristica unica e ne sono consapevole. E si, la voce è l’anima del progetto e ha proprio dato la direzione artistica a 360 gradi.
Dietro Blu esiste una vita vissuta come scrivi nelle canzoni o queste sono delle finestre di fantasie e verosimiglianze?
Le canzoni raccontano una storia vera che ho vissuto in prima persona. Nessuna fantasia o verosimiglianza, tutte emozioni (tanto forti, quanto dolorose) provate sulla mia pelle che mi hanno spinto a scrivere i pezzi con gran naturalezza.
Che conflitto vive quel ragazzino chiuso dentro una mansarda?
Forse l’unico “conflitto” che sto vivendo adesso è con la vita, che non mi vuole dare il privilegio di trovare qualcuno che possa farmi tornare a battere il cuore. Credo sia fondamentale trasformare il dolore in una spinta creativa, e questo disco ne è la dimostrazione
Guarda il video Vivere a metà di BLU
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