Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i Bluedaze, band di Varese ha di recente pubblicato il suo primo singolo dal titolo Hodad, un piccolo spiraglio dell’estate che la sorte ci ha negato, la voglia di ricominciare, un’improbabile raduno di surfisti in lombardia. Ecco cosa ci hanno raccontato!
Bluedaze, che cosa significa questo nome? E in che modo ha a che fare con la vostra musica?
Bluedaze è il nome di un fiore. Lo abbiamo scelto perché riesce a tenere insieme due aspetti che sentiamo estremamente nostri: la malinconia (blue) e lo stordimento (daze) sospeso e sognante.
Anche Hodad è particolare, leggiamo che “qualcuno che vorrebbe o si spaccia per un surfer, ma che ancora non riesce a surfare”, come mai questo titolo? E come vi salta in mente, visto che siete di Varese?
Varese è la provincia dei sette laghi. Le nostre estati si consumano in spiagge erbose tra amici, tuffi e chitarre. Ci faceva ridere pensare che il nostro stile di vita potesse in qualche modo assomigliare a quello dei surfisti americani o australiani…ma in miniatura. Siamo surfisti di lago, tipo. Se poi ci metti che nessuno di noi sa fare surf, oltretutto, diventiamo Hodad a tutti gli effetti. E’ una questione di auto-narrazione: è capitato a tutti di raccontare una versione di se stessi più romantica e affascinante di quella reale. Non vuol dire mentire, si tratta più che altro di insicurezza. Anche il testo di Hodad parla di questo: di insicurezze e di cose lasciate in sospeso. Abbiamo voluto giocarci sopra, cercando di sdrammatizzare un po’.
La vostra musica ha qualche attinenza con il mondo del surfing?
Sì e no. Il nostro legame col mondo del surf è nato totalmente per caso, durante un viaggio che abbiamo fatto in Portogallo, la mecca dei surfisti europei. Ma la realtà è che noi non ci siamo andati per quello! Siamo andati in Portogallo per un festival e siamo tornati a casa folgorati dalle spiagge immense e bruciate dal sole. Dall’oceano e dalle sue onde gigantesche. Dalle città bellissime e decadenti. La malinconia di un posto pieno di sole era qualcosa a cui non eravamo abituati. Sicuramente quell’esperienza ha influenzato la lavorazione di Hodad e degli altri brani di Skysurfers.
A quali band internazionali vi siete ispirati?
Sono tantissime! Big Thief, Courtney Barnett, Lana Del Rey, Tame Impala, Curtis Harding, Khruangbin, Allah Las, Still Corners, Beach House e molto altro.
Ci raccontante un po’ la vostra esperienza in studio con Cuman?
Illuminante, per molti versi. Quando ci siamo incontrati la prima volta gli abbiamo parlato di viaggi, laghi, colori e lui ha capito perfettamente dove avremmo voluto arrivare. Ci ha presi per mano (e spesso anche a calci nel c**o) e ci ha aiutati a tirare fuori quello che sportivamente e senza un briciolo di umiltà chiamiamo “The Real Bluedaze Sound”. Sicuramente questo lavoro sarebbe stato molto diverso senza Martino Cuman. Meglio o peggio non è dato saperlo, ma abbiamo qualche idea a riguardo.
Progetti per il futuro?
Quando abbiamo finito di registrare il disco ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti “Bene, l’obiettivo ora è suonare il più possibile!”. Va bè, sappiamo tutti com’è andata. Sicuro non ci fermiamo. Nel giro di qualche settimana uscirà il video di Hodad e poi abbiamo anche qualche altro contenuto in preparazione, che faremo uscire nei prossimi mesi. Dopo l’estate, poi, uscirà Skysurfers.
Social e Contatti
Facebook: https://www.facebook.com/bluedaze.music/