C+C=Maxigross: Deserto | Recensione

I C+C=Maxigross hanno pubblicato Deserto il primo disco in lingua italiana del collettivo veronese. Un disco che chiede a chi lo ascolta di immergersi totalmente nei suoi suoni

C+C=Maxigross, Deserto

Uscito il 29 Novembre, a quattro anni di distanza dall’album Fluttarn (progetto che ha portato il collettivo nella line up ufficiale del Primavera Sound 2016), Deserto è il titolo dell’ultimo disco dei C+C=Maxigross, nonché primo LP in lingua italiana.

Attivi dal 2011, i C+C=Maxigross sono un collettivo musicale veronese che vanta svariati concerti in lungo e in largo per Italia, Europa e Stati Uniti. La loro formazione cambia in base al tour e al progetto del momento, coinvolgendo artisti provenienti da tutto il mondo. Ne consegue che ogni singolo disco dei C+C=Maxigross rappresenta un’esperienza unica nel suo genere.

Se dovessi descrivere Deserto con un aggettivo direi che è bello. Certo, si tratta di un aggettivo purtroppo molto inflazionato, al punto da aver ormai perso di significato, lasciatemi quindi spiegare la ragione di questa scelta.

Deserto non è un disco perfetto. Però è un disco bello perché in ogni suono è chiara l’intenzione di una profonda ricerca estetica, un disco puramente hipster e instagrammabile (in questo sta l’imperfezione). Nulla è lasciato al caso. Si tratta di una sperimentazione studiata e precisa. La ricerca dei C+C=Maxigross è quella propria degli artisti più audaci e raffinati, quelli che provano mille tentativi senza lasciarsi condizionare dalla paura di sbagliare. Deserto è un disco che si ascolta con lo stesso piacere con cui si potrebbe osservare un dipinto di Modigliani, con la stessa curiosità, lo stesso interesse e, perché no, talvolta anche con la stessa perplessità.

Deserto non è un disco per passare il tempo, è un disco che chiede a chi lo ascolta di immergersi totalmente nei suoi suoni e di lasciarsi stupire di volta in volta.

Deserto è un disco che vale la pena di ascoltare.