Calcutta: Evergreen

Calcutta è tornato con Evergreen, il terzo e ultimo album del cantante, uscito il 25 maggio 2018. Dopo il successo raggiunto con Mainstream nel 2015, con il quale l’artista di Latina ha conquistato una cospicua fetta di fan del genere indie, ci siamo chiesti: Evergreen rappresenta un nuovo disco rivelazione o il sequel dello scorso album?

Calcutta Evergreen - disco

Calcutta, Evergreen

Ad un primo ascolto del disco di Calcutta Evergreen, le canzoni sembrano rispecchiare pienamente il tipico repertorio calcuttiano, senza particolari sorprese per quanto riguarda le scelte musicali e la scrittura dei testi. Del resto, con la pubblicazione dei tre singoli che ne avevano anticipato l’uscita, ovvero Orgasmo, Pesto e Paracetamolo, già pregustavamo la scelta dell’autore di non allontanarsi troppo dallo stile di Mainstream: l’arrangiamento prediletto del cantautore rimane quello piano e voce e anche la penna dei testi proposti si concilia perfettamente con il Calcutta che già conoscevamo.

Eppure, non si può non notare come alcuni brani delle 10 tracce dell’album siano in realtà più innovative dei tre singoli da combattimento usciti precedentemente. Briciole, brano d’apertura dell’album, sebbene non abbia una melodia particolarmente accattivante, presenta una notevole qualità del cantato, non più a perdifiato come molte delle sue canzoni realizzate in passato dall’artista, una caratteristica riscontrabile anche in Pesto e Kiwi.

Titoli casuali e testi geniali

In un’intervista rilasciata a Radio Deejay per presentare il nuovo disco, Calcutta ridendo sotto i baffi ha ammesso: “I titoli delle mie canzoni… è stata una grande svista. Per esempio, Saliva si doveva chiamare “Nei” ma ormai il file si chiamava “Saliva” ed è rimasto così…”. Benché con questa dichiarazione bonaria il cantante abbia lasciato intendere che non si curi troppo dell’“estetica” delle sue canzoni, non vale lo stesso per i testi. Infatti, sebbene ad un ascoltatore poco attento alcuni brani possano risultare banali, semplici, con un lessico non molto ricercato e parole di poco impatto, in realtà quelli che apparentemente sembrano essere difetti o mancanze dell’artista rappresentano invece la chiave del suo successo. Quando Calcutta in Paracetamolo canta “Io sento il cuore a mille”, una frase assai romantica bensì quasi scontata e non di certo tipica del linguaggio poetico, ne conferisce tuttavia una sfumatura nuova e particolare, vivace e intensa allo stesso tempo, a cui nessun ascoltatore può restare indifferente. Ma come mai la scelta di utilizzare espressioni apparentemente poco appropriate per un testo musicale quali “Fatti gli affari tuoi” (Kiwi), “È un sacco che non te la prendi” (Orgasmo) o “Uè deficiente” (Pesto) si rivela essere clamorosamente vincente?

Come Umberto Saba

Vi sorprenderà sapere che la strategia mediatica adottata da Calcutta per rendere i suoi testi irresistibili e accattivanti non è affatto così rivoluzionaria come può sembrare. Umberto Saba, poeta triestino del primo Novecento, è ricordato ancora oggi per essere stato uno dei primi autori ad aver rinnovato la poesia moderna utilizzando nei suoi versi non più un linguaggio aulico ed elevato, bensì parole dell’uso quotidiano e popolare quali “prostituta”, “ragazzaccio”, “vecchio” … Una scelta che, oltre che volta a ritrarre con più attenzione il mondo degli umili, fino ad allora trascurati dai compositori di sonetti, si rivelò anche decisamente azzeccata per cavalcare l’onda di un tempo destinato a ribaltare le gerarchie sociali del tempo. Saba scrisse di calcio, di vita quotidiana, di sua moglie e non più di una donna immaginaria e irraggiungibile: la poesia estetica dannunziana dedita al culto della bellezza era ormai al suo epilogo, e il poeta triestino seppe cogliere la palla al balzo.

Allo stesso modo, le espressioni già sentite e straripetute del linguaggio parlato utilizzate da Calcutta nei suoi versi rappresentano dei veri e propri slogan musicali attraverso i quali il cantante riesce scaltramente ad esprimere emozioni e stati d’animo, tramutando i suoi pensieri così alternativi in qualcosa di eccezionalmente mainstream

Non più Indie?

Eppure per definizione l’indie è un genere alternativo, dichiaratamente nemico dell’ultrapopolare musica commerciale, che propone quasi sempre testi tutt’altro che accessibili alle masse. Basti pensare ai primi brani delle Luci della centrale elettrica, dai testi molto contorti e spesso non facilmente comprensibili, ricchi di metafore estreme e frasi antitetiche. Oppure ai primi brani di Calcutta, quali Oroscopo o Gaetano, ricchi di immagini particolari e inedite.

Dunque, qual è il vero piano di Calcutta? L’ipotesi che il cantante di Latina voglia gradualmente avvicinarsi ai gusti dei più è da scartare, poiché sebbene molti dei brani di Evergreen non presentino un dedalo di significati nascosti (Briciole è forse la canzone più suggestiva), è piuttosto azzardato definirli commerciali.

In realtà, forse, non è Calcutta, tantomeno il fenomeno indie che stanno diventando sempre più popolari perché seguono le logiche del commercio musicale, bensì sono le persone a ricercare lo spirito rivoluzionario e non convenzionale (ma che a presto, se piace così tanto, non lo sarà più) di questo straordinario genere.

Tracklist Evergreen – Calcutta

  1. Briciole
  2. Paracetamolo
  3. Pesto
  4. Kiwi
  5. Saliva
  6. Dateo
  7. Hubner
  8. Nuda Nudissima
  9. Rai
  10. Orgasmo

Info: https://www.facebook.com/calcuttapaginadi/

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