Carlo Alberto Pasin: Io | Recensione

Carlo Alberto Pasin

Una doppia uscita dallo stesso titolo: Io e Io, nel mondo di Carlo Alberto Pasin, tra Adele e Celine Dion. Gilberto Ongaro vi racconta di questo album e di questo singolo

L’ansia, quella vera. Non quella piccola agitazione da esame, o da traguardi. L’ansia esistenziale, che offusca la mente, che immobilizza, che gli altri non colgono nei tuoi occhi. Quella ha attanagliato un’anima delicata, come quella di Carlo Alberto Pasin; e per poterla sconfiggere, egli ha dovuto affrontarla, esorcizzarla e inscatolarla in un album, che suona tutto fuorché ansioso. A proposito di ansia, come spiegare l’uscita ravvicinata di Io (LP) e Io (singolo)?

Può esserci una doppia risposta. Una, tecnica e noiosa, è una ragione di due distributori diversi. Ma gli artisti non fanno le cose solo per tornaconto, o per complicarsi la vita. Ci sono intuizioni che arrivano anche involontariamente, e forse è questo il caso. L’album Io contiene sette tracce, ed è composto principalmente da pianoforte e voce. Disco molto intimo, che inizia e finisce strumentale, all’inizio con gli arpeggi dolci di “Alba (Prelude)”, e alla fine con gli accordi quieti ma non risolutivi di “Answer me (Reprise)”. Compaiono stralci dei temi ascoltati nel cuore del disco, suggellando la coesione di fondo. Entriamo in questo cuore, risalendo dalla fine.

Il penultimo brano, “Answer me”, oltre al piano ha un arrangiamento pop contemporaneo, ed emerge una delle tante cause dell’angoscia, la percezione del tempo: “I feel like I’m drowning in the empty water of time (…) Don’t you feel my broken heart, can’t you see I’m falling apart?”.

Risalendo, incontriamo “Io resto qui”, una canzone che sembra essere dedicata all’ansia come soggetto identificato, separato da sé (“Alle porte dietro me”), e al quale reagire: “Io resto qui, non mi fermerai, non ci riuscirai”. Arriva in soccorso il rapper Hot Ice: “Mi dicevo allo specchio che non ce l’avrei fatta, così spesso, me ne stavo autoconvincendo (…) quel letto come rifugio da ogni minaccia (…) io non comprendo ma accetto il dolore, è la sola maniera per raggiungere un nemico intangibile”.

Questa è la soluzione, lo dicono anche gli psicologi: se cerchi di contrastarla, l’ansia diventa più forte. Va invece accolta, ci si deve prendere confidenza, come con un fantasma; così si depotenzia. Ma continuiamo a risalire: “Hardest times” racconta d’aiuto nei tempi duri. “When I had nowhere to go, when my soul was nearly lost, I always saw a light in the hardest times, she was on my shoulder like an angel”. Queste luci a volte non si trovano in grandi rivelazioni, ma nelle piccole cose: siamo arrivati a “Little things”. “I was on my own looking for the sun but all I could see was my own blackened soul”, canta Pasin. Forse l’anima si vedeva scura, proprio perché si cercava il sole: troppo grande, ci fa sentire piccole ombre. Invece: “The only things I hold on to are all the little things in life”. Valorizzando ciò che viviamo nel quotidiano, ne riflettiamo la luce che… noi stessi abbiamo creato. Abbiamo un potenziale che nemmeno ce ne rendiamo conto, e forse Carlo Alberto sì; infatti dice: “I could run through a million bullets, it makes me feel better”.

Concludiamo col secondo brano: “Mi libererò”, che rappresenta quel malessere: “Mi rifugiavo in un mondo di fiale, coprendo gli occhi da un mondo infernale (…) mentre il fiato si accorcia io ti guardo e respiro”. Arriva il ritornello come risposta: “Con l’anima di chi sa volare, mi libererò, da queste fiamme che consumano invano la vita che alberga in me”. Ah, finora non ho scritto la cosa principale: Pasin ha una splendida voce, e condisce le melodie con alcuni melismi tipici del soul, senza però esagerare mai.

Ma quel singolo, allora? Beh, l’album da solo pare irrisolto: focalizza e cattura l’ansia, ma non ne trova la soluzione. La trova invece Io, dove l’onnipresente pianoforte, che rappresenta tutta la sensibilità messa in difficoltà dalle emozioni, si lascia guidare da un beat dance. Allo stesso modo, Carlo Alberto trova la soluzione in sé, riuscendo a prendere la propria vita in mano e guidandola: “Io, ormai libero, io non mi trattengo più. So che la vita è troppo breve, so che il tempo è prezioso e non lo sprecherò. Non mi do mai per vinto, devo lasciare che tutti quei giudizi e tutti quei ricordi scivolino via. Volo dentro ai sogni miei, oh, volo via per conto mio, lascio le sbarre dietro me”. Il tono è sereno, la musica è ballabile e chiama festa, seppur sobria (non è un pezzo tamarro).

Sebbene il punto di partenza sia estremamente personale (tecnicamente questo si chiama “egotrip”, cioè immersione in sé, per trovare tesori e/o fantasmi da condividere), quanti di noi possono dirsi del tutto immuni ai giudizi altrui? Ce lo diciamo tutti, “Non mi frega quello che dice la ggente”, con due g, ma fin quando è vero? Dunque, anche noi possiamo trovare rifugio in queste canzoni. Ed è utile farlo, ripercorrendo l’uscita cronologica: dall’affrontare il dolore con l’album, all’uscirne con la gioia del singolo, che chiude la terapia con lieto fine.

Ascolta Io di Carlo Alberto Pasin

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