Nei locali suonano solo cover e tribute band. Ed i cantautori? Esistono, resistono, ma suonano poco. Il punto della situazione nell’articolo di Alessio Ivan
Ha ancora senso scrivere e produrre dischi? Oppure, per stare su un palco a qualsiasi costo, bisogna arrendersi ed accontentare tutti coi soliti successi? Vediamo insieme com’è la situazione musicale in Italia in questo articolo:
- Sono pazzo?
- Un alieno in mezzo ai musicisti.
- Cover e tribute band. Su le mani!
- Ecco, sono un idealista.
- Forza e coraggio!
- Che palle le cover!
Sono pazzo?
Sono un artista: scrivo ed interpreto canzoni cercando di esternare le mie emozioni e la mia visione del mondo e penso che ciò significhi fare arte.
Un piccolo artista nell’universo della musica italiana dove non viene quasi più colta la differenza tra un cantautore ed un cantante da karaoke.
Dopo anni ed anni di onesto lavoro da libero professionista, che nulla ha a che fare con la musica o l’arte in genere, ho deciso di riprendere il cammino interrotto in un’altra epoca, quella in cui registrare un album era il punto di arrivo e non di partenza.
Tre anni fa mi sono fatto coraggio, ho superato i dubbi e le insicurezze e sono entrato in uno studio per registrare qualche brano.
Canzone dopo canzone, mi è venuto naturale credere in un progetto più ambizioso e, dopo un paio d’anni, ho completato il mio primo album. Ho persino realizzato qualche videoclip perché, si sa, la musica associata alle immagini viene ascoltata più facilmente.
Un alieno in mezzo ai musicisti
Il passo successivo è stato quello di pensare ad un progetto live perché, ovviamente, oggi più di ieri, far concerti è l’unica ragion d’essere di un artista.
Le prime difficoltà sono cominciate nel reclutamento dei musicisti: troppo stanchi per aver voglia di ambire a qualcosa di più di una sala prove, troppo giovani per credere in qualcosa, troppo presi nel loro fantastico giro di birrerie che, per qualche soldo, ti concedono l’esclusiva opportunità di suonare brani di chi ce l’ha fatta e che, per un ora e mezza, ti danno la sensazione di avercela fatta anche tu.
Volendo sondare un po’ il terreno, ho comunque deciso di contattare qualche gestore di locale parlandogli dell’eventualità di fissare qualche data, anche semplicemente chitarra e voce.
“Che genera fai?” prima ovvia domanda.
“Sono un cantautore”.
“Eh?”
“Sono un can-tau-to-re, canto cose scritte da me”
A quel punto il gestore mi guarda come se gli avessi detto che recito poesie armene.
Cover e tribute band. Su le mani!
La situazione è chiara, giusto?
Da una parte ci sono i grandi colossi della musica che masticano e sputano i fenomeni dei talent: belle voci che cantano canzoni dei soliti autori copia e incolla.
Dall’altra ci sono le cover e le tribute band: intrattenitori che eseguono i soliti 50 successi per far cantare e battere le mani al pubblico.
Non fraintendetemi, non penso che il mestiere dell’interprete sia meno nobile di quello dell’autore. Il problema sta sempre in come interpreti e come scrivi.
Dico che oggi, anche ai livelli bassi, c’è un’evidente sproporzione tra lo spazio concesso a chi interpreta rispetto a chi crea. Se poi l’interprete in questione non aggiunge nulla a ciò che interpreta ma anzi toglie qualcosa, la domanda sorge spontanea: ma perché?
Basta proporre per la milionesima volta “urlando contro il cielo” per poter aver spazio nei locali? Benissimo, suoniamola tutti: su le mani! Oh oh oh oh oh oh
Ecco, sono un idealista
Sono un idealista? Me lo sono sentito dire più di una volta in questi mesi, evidentemente traspare da qualche mio testo.
Credo fortemente che ci sia bisogno della musica che nasce dal basso e di un pubblico che sia interessato a scoprire cose nuove.
Vorrei che migliaia di cantautori facessero sentire ogni sera le proprie creazioni in ogni locale che fa musica dal vivo.
Vorrei che si innescasse una sana competizione che facesse scrivere composizioni sempre più belle, complesse, che innalzassero il livello musicale anche ai piani alti perché, quando in ogni piccolo locale suona gente immensamente più brava di chi passa in radio, qualcosa deve succedere per forza.
Forza e coraggio!
Chiedo ai musicisti un po’ di audacia, di supportare gli autori contribuendo con parti di basso e chitarra indimenticabili, trasformando una canzone di tre minuti in una suite di un quarto d’ora.
Il compito di un artista è quello di avere coraggio, di rappresentare la parte migliore della società, di contribuire alla consapevolezza ed alla crescita culturale.
Che palle le cover!
Ma davvero si può essere soddisfatti suonando ed ascoltando il solito pezzo che è stato eseguito migliaia di volte, sicuramente meglio, da qualcun altro?
Nella solita vita incasellata e programmata di tutti noi, dobbiamo ingabbiare anche ciò che per definizione è libertà?
Salire su un palco esprimendo sé stessi al cento per cento è libertà. E la gente che esce la sera per vedere un artista che esprime se stesso può essere ispirata a sua volta.
È ora di riportare l’arte al centro della scena. Le cover e le tribute band sarebbero un ottimo contorno.
A cura di Alessio Ivan
Cantautore
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Se ti va di supportarmi puoi scaricare gratuitamente il mio disco a questo link: http://alessioivan.com/viola/
Ottima osservazione! E’ vero che le cover in Italia hanno molto successo!