Il cantautore Daniele Marini ha pubblicato Questa non è Nashville un disco in cui la musica country americana incontra il dialetto romanesco. Blog della Musica ha intervistato l’Autore che racconta la storia di gente comune e vita ordinaria in modo diretto e sincero
Innanzitutto raccontiamo ai lettori del Blog della Musica: Chi è Daniele Marini e come è nata questa idea di fondere country e romanesco?
Da anni ormai amo e seguo la musica country e anche col mio precedente progetto A MODERN SAFARI abbiamo suonato una nostra versione del country rock. L’idea di cantare nella lingua con cui mi esprimo tutti i giorni è maturata lentamente e con difficoltà ma sento che per me è stato il passo giusto.
Qual è il filo conduttore che lega gli otto brani che compongono il tuo ultimo album Questa non è Nashville?
L’unico legame che ci sento è il sound distintamente country e “live”, per quanto riguarda i testi e le storie ogni canzone ha una vita propria.
C’è uno o più brani di questo lavoro che ritieni particolarmente significativo?
Ovviamente per me sono tutti importanti allo stesso modo ed ognuno è lì per un motivo. Più che altro sono sempre curioso di sapere qual è il brano che gli altri trovano significativo e le risposte sono sempre diverse; senza dubbio questo è un buon segno.
Un romano di Roma che fa musica country, un genere che è prettamente statunitense. Com’è fare country in romano?
Sono cresciuto ascoltando, e poi suonando, musica straniera. Che fosse heavy metal o hardcore comunque non era nata nel nostro paese. Oggi la maggior parte dei musicisti italiani a qualsiasi livello suona cose legate a sound stranieri: ad esempio Tiziano Ferro è più simile a Ne-Yo che a Gino Latilla. Secondo me cantare country in romano è un po’ come “rappare” in italiano, adesso nessuno ci trova più niente di strano.
Come nasce una canzone di Daniele Marini? Racconta ai nostri lettori qual è il processo che porta alla creazione di un tuo brano.
Non sono, purtroppo, uno di quei musicisti metodici che ogni giorno si sveglia e scrive qualcosa, di solito mi viene un’idea che comincia a frullarmi in testa e cerco di trovare il modo più adatto per farla uscire. Non è sempre un processo lineare, a volte è intuitivo e altre volte tortuoso. In ogni caso finire una canzone per me è una delle più appaganti sensazioni che si possano provare senza usare un cavatappi e con i calzoni addosso! (ride)
Cosa ne pensi del panorama musicale attuale?
Ci sono tantissimi artisti attuali che mi piacciono, è un momento critico per l’industria musicale eppure la qualità della musica è veramente alta. Rispetto a prima c’è la difficoltà di andarla a cercare e stanare ma per i veri appassionati di musica non è una novità. La pappa pronta è quasi sempre stata insipida.
Come si è formato Daniele Marini come musicista? Quali sono stati i tuoi ascolti o i tuoi fari ispiratori?
Ho scoperto la musica da giovanissimo ed ho capito subito che avrei fatto quello nella vita. Ovviamente negli anni ho ascoltato di tutto, essendo anche un maniaco dei dischi, e crescendo sono stato ispirato da un sacco di generi diversi. A 12 anni impazzivo per gli Iron Maiden, a 20 per i Gorilla Biscuits, a 30 per The Band e ora eccomi qui che ascolto George Jones.
Quanto conta la dimensione live? Dove possono incontrarti e seguirti i lettori?
Il live è senza dubbio il momento più importante e più divertente di tutti. Registro dischi per poter suonare il più possibile dal vivo, è il mio modo di esprimermi. Per promuovere “Questa non è Nashville” mi sono imbarcato, insieme alla mia band i Bad New Boys, nel G.R.A. tour, una sorta di never ending tour Dylaniano in giro per tutta Roma, in ogni club, pub o buco nel muro che voglia ospitarci. SU Facebook ho la mia pagina ufficiale sempre aggiornata con i nuovi appuntamenti.
A cura di Anna Nani
Cantautrice e Giornalista
Ascolta il disco di Daniele Marini su Spotify
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