Ars Musica è il nuovo disco di Daniele Morelli uscito per l’etichetta Off Record. Un progetto che arriva dopo un percorso fatto di lunghi viaggi che partono dal Nord Europa fino a raggiungere il Messico. E’ proprio qui che il chitarrista toscano ha trovato una nuova via di concepire la musica e soprattutto di comporla. Ecco il suo racconto sul Blog della Musica
Ciao Daniele Morelli e benvenuto sul Blog della Musica: sappiamo che da anni vivi in Messico e questo senza dubbio ha influenzato il tuo modo di intendere e produrre musica. Ti va, per cominciare di presentarti al nostro pubblico?
Ciao, un piacere. Sono chitarrista e compositore, originario della Val d’Era in Toscana. Mi dedico da molti anni a fare musica dal vivo, soprattutto nella scena della musica Jazz e improvvisata, in Messico. Ma sono molti anni che non vivo in Italia. A 21 anni mi sono trasferito ad Amsterdam, poi a Lione dove ho studiato al Conservatorio Jazz e dopo a Bruxelles.
Parliamo anche del tuo percorso musicale: come hai cominciato e soprattutto quanto ha influito il Messico nelle tue ultime produzioni?
Ho cominciato a studiare piano a 7 anni, chitarra a 11. Sono cresciuto ascoltando tanti generi musicali diversi. Quando mi sono avvicinato al Jazz avevo 18 anni, capivo l’armonia ma non ero in grado di suonarlo. Avevo un trio (chitarra, organo e batteria) di nome Milvus. Suonavamo rock progressivo. Proprio con loro siamo finiti ad Amsterdam. Siamo stati quasi un anno suonando in eventi, locali, “squats”. Eravamo a pieno nel mondo alternativo della città. Avevo 21 anni e stavo realizzando uno dei miei sogni cioè quello di vivere nel nord Europa con i miei amici e suonare. Una esperienza indimenticabile. Terminato questo capitolo viaggiai per un periodo in Francia e pensai che potesse essere il luogo giusto per entrare in un Conservatorio di Jazz. A Lione vinsi una borsa di studio per entrare e così iniziò un’altra avventura totalmente differente da Amsterdam. Immaginatevi sentirsi una giovane rockstar in Olanda, poi tutto cambia… Non era il caso di ritornare nel paesino in Val d’Era dove ero cresciuto. Così vengo preso in un Conservatorio in Francia, con il mio francese che all’epoca era molto scadente; inoltre non conoscevo nessuno. Qui ho conosciuto tanti musicisti e maestri bravissimi che mi hanno insegnato il linguaggio del Jazz.
Poi per questioni da giovane ribelle – e perché la Francia su alcuni punti di vista mi risultava un pochino pesante – decisi, grazie ai consigli di tanti buoni amici, di trasferirmi a Bruxelles. Ormai parlavo francese, così sarebbe stato più semplice… Bruxelles la città della cultura, dell’arte, della danza, del circo, dei fumetti e del Jazz. Gli aneddoti collegati alla musica a Bruxelles sono infiniti. All’epoca, ad esempio, il sindaco di un distretto della città era batterista di Jazz e trasformò una vecchia stazione del treno in Jazz Station. Oppure il più grande pianista di boogie woogie del Belgio, ormai in su con l’età, viveva da solo con due cani e una tigre, e veniva in un bar quasi tutte le sere a bere e suonare il piano fino a tarda notte. Questo per capire quale era l’energia che si respirava in città.
Poi nel 2011 arrivo in Messico… Cosa ti ha affascinato di questo paese e soprattutto cosa ti ha convinto a rimanere lì?
Il Messico è un paese affascinante, non si finisce mai di scoprirlo, anche dopo anni. Le numerose culture indigene, tradizioni, costumi e lingue mi lasciarono sorpreso sin dall’inizio. E’ il paese con più piramidi al mondo, esplorate e non, e l’archeologia ancora oggi non è capace di dare una chiave di lettura esatta sulle culture precolombiane come i toltechi, i maya o gli zapotechi. Questo rende le zone archeologiche ancora più misteriose e l’arte che è rimasta sconcertante. Dalla conquista spagnola il paese ha subito un forte cambiamento che ha generato un sincretismo unico al mondo. Da nord a sud del Messico si parlano ancora oggi più di 60 lingue autoctone. Vi lascio immaginare le varie tradizioni e costumi… c’è del surrealismo!!
Si respira continuamente il misterioso passato e l’incerto futuro, proprio perché dalle grandi città alle immense zone naturali come il deserto, la giungla, le montagne, le coste del Pacifico e dell’Atlantico, si estendono popolazioni che si mescolano in una visione della vita a volte ancestrale a volte futurista.
La cosa che mi ha convinto a rimanere, oltre a questa manciata di colori, è stata la quantità di musica dal vivo che c’è ovunque e tutti i giorni. E’ il paese che forse consuma di più musica dal vivo. A me personalmente ha aperto le strade del Jazz. Da 10 anni suono in Messico con diversi progetti.
Parliamo adesso di Ars Musica, un disco molto particolare registrato interamente con la chitarra. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa avventura?
Volevo ricercare tutti i suoni che potevo produrre con la chitarra includendo percussioni, rumori e arrangiamenti vari. E allo stesso tempo ricreare così un suono complessivo originale fatto esclusivamente di chitarre e di rumori provenienti dallo strumento.
Ascolta il disco Ars Musica di Daniele Morelli
A questo punto ci descrivi anche il disco e soprattutto le sue peculiarità?
Ho cercato di dare una caratteristica particolare ad ogni brano. Innanzitutto la maggior parte dei brani si basano su dei pattern ritmici dai quali si sviluppa poi una melodia. Ho volutamente omesso la parte armonica per focalizzarmi di più sul suono, in modo da dare un effetto tribale alla musica.
Una volta terminata la parte musicale ho aggiunto sempre con la chitarra dei rumori che fanno da paesaggio sonoro alla musica, così da rendere il tutto più visuale. La musica è fatta da tutto quello che possiamo ascoltare e che stimola la creatività e l’immaginazione, al di fuori di stili e generi.
Ars musica parla anche di mondi e culture antiche e soprattutto di divinità appartenenti a un mondo che per certi versi non c’è più. Cosa ha affascinato Daniele Morelli di tutto questo?
Da quando vivo in Messico ho sempre viaggiato per scoprire aree archeologiche anche non esplorate. E’ affascinante il mistero che avvolge le rovine. Sicuramente possiamo percepire la stessa sensazione in altre parti del pianeta. Possiamo dare delle letture su come le culture antiche interpretavano il mondo. Ma visto che adesso lo viviamo in una forma completamente differente, e soprattutto più materialista, credo che una musica trasversale, fuori dai tradizionali stili musicali, sia il modo che più si avvicina a descrivere e sentire certe sensazioni o emozioni.
Ars Musica parla di riti e culti antichi dedicati alle divinità della musica, dell’arte e della creatività. Tutte le popolazioni avevano una figura divina che ha insegnato loro l’arte della musica, ma anche a costruire strumenti musicali. Dai maya ai sumeri tutti hanno sempre avuto un rapporto divino con la musica per entrare in contatto con lo sconosciuto. Così l’effimero della musica collega l’essere umano alla parte più sconosciuta di sé stesso.
Chiudiamo con un parallelismo. Se dovessi paragonare il Daniele Morelli di adesso a quello che era prima di partire per questa nuova avventura in Messico cosa è cambiato e invece cosa è rimasto uguale?
Che dire… Sicuramente dopo aver passato diversi anni nel nord Europa tra accademie e conservatori avevo bisogno di ritornare alle origini del significato della musica, di uscire un po’ dalla visione che la musica sia solo intrattenimento. Appena arrivato in Messico è stato chiaro che la musica si usava anche per altro, non solo per divertimento. Forse prima avevo un’idea vaga di tutto questo. Però è vero anche il contrario, cioè che in Europa non è così scontato che la musica sia un lavoro mentre in Messico sì. Parallelismi e contrasti all’ordine del giorno per un italiano in America Latina.
Di uguale c’è che ho sempre cercato di fare musica originale e di ispirarmi a fatti e sensazioni reali. Non a scale o diteggiature imparate a memoria e usate sempre nello stesso modo indipendentemente dal contesto o dal linguaggio. Ho sempre cercato di essere onesto con me stesso e con il pubblico in questo senso. Cerco di far parlare la musica piuttosto che il mio ego.
E’ più facile a dire che a fare, ma questa è la scuola del Jazz e dell’improvvisazione. Seguire il fatto che l’unica costante è il cambio ed è, al di fuori di stili, generi e ritmi musicali diversi, un percorso in continua esplorazione nell’improvvisazione/composizione che si sviluppa in divenire nel momento.
Ogni nota acquista un significato dipendendo dalla nota o il silenzio che viene prima o dopo.
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