INTERVISTA | Dario Troisi e la sua passione per il “nastro”

Si intitola Tape Songs il disco d’esordio del pianista Dario Troisi pubblicato dall’etichetta Filibusta Records. Ecco il racconto al Blog della Musica di Dario Troisi

Come si evince dal titolo, questo progetto di Dario Troisi nasce dalla passione per il nastro e per la musica jazz degli anni ’50 e ’60 che lo ha da sempre appassionato. Hanno partecipato alla registrazione del disco Giuseppe Talone al contrabbasso e Massimiliano De Lucia alla batteria, formazione che si è consolidata nel corso del tempo

Ciao Dario Troisi e benvenuto sul Blog della Musica, per cominciare l’intervista. Tape Songs, titolo del disco, racchiude secondo noi l’essenza di questo progetto c’è lo vuoi descrivere?

Tape songs letteralmente tradotto significa “canzoni a nastro”. Partendo dal nastro inteso come tecnica di registrazione ampiamente utilizzata nella prima metà del secolo scorso, ho voluto dare un’identità a questo disco mettendo in primo piano la musica di quegli anni che da sempre mi affascina e ancora oggi è una delle mie principali fonti di ispirazione.

Sappiamo che hai attinto molto dal suono e dalla poetica degli anni ’50 e ’60. Cosa ti affascina di più di quel periodo?

Sicuramente i miei principali punti di riferimento hanno sviluppato parte del proprio lavoro proprio in quegli anni. In più, credo che se, ascoltata una canzone, si ripete, subito dopo, la riproduzione della stessa per più volte, ci siano quell’insieme di elementi che possano far diventare l’ascolto una vera e propria passione. Negli anni devo dire che questa automazione si è verificata quasi sempre per le esecuzioni di quel periodo in particolare.

Raccontaci anche come è nato questo progetto e soprattutto come si è evoluto nel corso del tempo…

Il progetto è nato in modo molto semplice, come spesso capita nei progetti di musica jazz. Poiché a me piace suonare molto in duo con il contrabbasso, dopo aver suonato con Giuseppe Talone (contrabbassista) gli proposi di suonare insieme per alcuni concerti e da lì si è consolidata l’ossatura del gruppo, almeno per quanto riguarda una prima idea stilistica. Poco tempo dopo abbiamo deciso di aggiungere Massimiliano De Lucia (batteria) per avere una maggiore completezza sonora. Da subito ho capito che quello era il sound che cercavo per cui ho deciso di incidere il materiale che avevo accumulato negli anni con questo trio.

Ascolta il disco Tape Songs di Dario Troisi Trio

Giuseppe Talone al contrabbasso e Massimiliano De Lucia alla batteria sono i musicisti che hanno partecipato al questa avventura con te. In base a cosa li hai scelti? E soprattutto condividono questa tua passione per la musica di quel periodo?

Sicuramente uno dei primi motivi riguarda proprio la condivisione di questa passione e la conoscenza del jazz di quegli anni. Ho sempre preferito una ritmica solida e sapendo che loro due incarnano perfettamente quel ruolo, sono andato sul sicuro senza pensarci troppo.

Raccontaci anche come hai composto i brani e come avete registrato in studio…

I brani sono stati scritti in un periodo di circa 4 anni e da me organizzati nel 2022 prima della registrazione. Quartale è un esercizio di composizione. In questo brano utilizzo in continuazione intervalli di quarta facendoli alternare tra melodici e armonici, poi mi piaceva l’idea di inserirli in una struttura di blues primordiale, per ottenere come risultato una melodia tecnica e schematica all’interno di una struttura semplice e basilare.

Vieux carrè è un omaggio a New Orleans. Sono stato colpito dal tema del brano “latin genetics” di Paul Bley e partendo da quell’idea ho sviluppato una melodia che si incastrasse nel ritmo caratteristico di New Orleans.

Lentone è una ballad in cui era mia intenzione far emergere la parte melodica all’interno di un accompagnamento minimale, mettendo in primo piano il suono d’insieme che ne è derivato. Nell’introduzione ho voluto omaggiare uno dei miei grandi idoli (Bill Evans) suonando, alla fine della parte introduttiva, un pedale di dominante poi ripetuto una terza maggiore sopra, come spesso era solito fare Bill Evans quando suonava l’introduzione di “My Romance”

“Homeless” invece è un brano da me composto in un pomeriggio che non ha particolari caratteristiche se non quella di alternare il ritmo even eights al ritmo swing. Su questo sono stato influenzato da un altro grande pianista compositore “Ahmad Jamal”, musicista eccezionale che era solito sperimentare materiale ritmico riuscendo a dare pochi riferimenti all’ascoltatore, come ad avere una musica in continuo cambiamento all’interno della stessa.

Il trio è senza dubbio una delle formazioni più gettonate nel jazz. Quali sono le sue potenzialità e cosa ti affascina di più?

Credo che le potenzialità, avendo a disposizione tutta l’estensione di un’orchestra, siano veramente infinite. La cosa che più mi affascina, però, è la ricerca costante di interplay tra gli strumenti e la valorizzazione dei vuoti (istanti di silenzio di alcuni strumenti). Quei momenti in cui non succede nulla, se non una semplice scansione di un ritmo, fanno da apripista ad uno sviluppo musicale graduale che vuole essere, a sua volta, ricercato e non scontato. Questa continua alternanza, a mio parere, è uno degli aspetti vitali di questa musica che, senza questi elementi, correrebbe il rischio di essere ridotta ad esercizio tecnico fine a sè stesso. Potrei sintetizzare il tutto con una parola: ricerca della musica.

Parlaci anche del tuo percorso artistico e anche degli artisti che ti affascinano di più

Ho cominciato ad appassionarmi di jazz dopo aver visto, per caso, un concerto di Rava e Bollani a Roma quando in estate ancora era possibile, anche senza programmarlo, imbattersi in concerti di questo livello tutte le sere e spesso gratuiti. Bei tempi.

Rimasi colpito da quello che facevano, mi sembrava impossibile solo pensare che stessero pensando di fare quella musica per me così complessa da decifrare. Pur essendo così complessa, però, richiamò subito la mia attenzione. Il giorno seguente andai a comprare il loro CD e iniziai a prendere lezioni di pianoforte jazz.

Da lì ho cominciato ad ascoltare Oscar Peterson (altro genio del pianoforte) fino ad arrivare al Miles Davis degli anni ’50. Subito capii che quella era la strada che mi interessava. Sarebbe impossibile nominare tutti gli artisti che più mi affascinano. Sicuramente mi piace sottolineare la genialità di musicisti come Winton Kelly, Red Garland, Tommy Flanagan, Hampton Hawes, Bill Evans, Thelonious Monk, Horace Silver, Bud Powell e molti altri ancora.

Concludiamo con una domanda rivolta al futuro. Ci sta qualche progetto nuovo in cantiere di cui Dario Troisi ci vuole parlare?

Sto scrivendo nuova musica ma è tutto ancora in fase di allestimento. Mi piacerebbe lavorare ad un progetto discografico in cui viene messo in risalto il pianismo di Winton Kelly.