INTERVISTA | Davide Buzzi: L’estate di Achille

Abbiamo intervistato Davide Buzzi in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo L’estate di Achille (Morellini Editore), finalista nel 2021 della terza edizione del Premio Lorenzo da Ponte. Ecco cosa ci ha raccontato.

Davide Buzzi, classe 1968, vive ad Acquarossa (Svizzera). Cantautore e autore, ha pubblicato cinque album, l’ultimo nel 2021, Radiazioni sonore artificiali non coerenti. Nel 2013 pubblica il suo primo libro di racconti, Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte e nel 2017 il racconto breve La Multa. Nel 2020, per ‘96, Rue de-La-Fontaine Edizioni’, ha pubblicato il romanzo thriller/spoof Antonio Scalonesi: memoriale di un anonimo omicida seriale. Fotografo di formazione, è attivo anche nel campo del giornalismo quale membro di redazione del mensile ‘Voce di Blenio’ e, per diversi anni, come inviato speciale di ‘Radio Ticino’ al Festival di Sanremo.

Davide Buzzi, L'Estate di Achille
Davide Buzzi, L’Estate di Achille

Grazie Davide Buzzi per aver accettato di rispondere ad alcune domande per i nostri lettori. Parlaci del tuo amore per la scrittura e per la musica.

Non so se queste mie passioni possano definirsi degli amori. È però vero che ho sempre condiviso la mia vita soprattutto con la scrittura. A scuola scrivevo componimenti lunghissimi, spesso fuori tema, e a casa mi atteggiavo a poeta, impegnandomi in brevi testi in rima. Con i primi soldi che ho guadagnato durante l’apprendistato in fotografia mi sono poi comprato una chitarra e ho iniziato a cercare di mettere in musica quelle famose poesie. Ma in effetti non se ne cavava nulla, così ho abbandonato le rime e ho imparato a scrivere canzoni, strofa, inciso, strofa, inciso, ponte, variazione, inciso, finale… e via. E soprattutto le esigenze della metrica.
Quanto ai racconti, non mi sono mai fermato. Ne ho sempre scritti, sia in italiano che nel mio dialetto. Qualcuno è stato pubblicato su qualche rivista o in raccolte, altri non sono mai usciti dal cassetto. Ai racconti lunghi e ai romanzi sono arrivato tardi, solo una decina di anni fa, quando la mia vita è radicalmente cambiata in seguito a una grave malattia che improvvisamente mi ha colpito. In ogni caso durante la mia vita ho sempre letto tantissimo, una cosa tipo 30/40 romanzi l’anno, senza contare altre pubblicazioni di un certo spessore, quotidiani, riviste, fumetti, ecc.
In effetti il mio amore è forse piuttosto indirizzato nei confronti della lettura.

Quali sono le tappe più importanti del tuo percorso da cantautore e da scrittore?

Devo dire che in oltre trent’anni di carriera artistica qualche soddisfazione l’ho raccolta. Ho pubblicato cinque album discografici che hanno riscosso un buon successo, in modo particolare il quarto “Non ascoltare in caso d’incendio”, mi sono esibito in molte parti d’Europa, ho ricevuti diversi premi internazionali e sono stato addirittura nominato per gli ISMA e NAMMY Award negli USA. Anche la mia attività letteraria mi ha procurato belle soddisfazioni; il mio primo romanzo, “Antonio Scalonesi: MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA SERIALE”, ha ricevuto diversi consensi positivi ed è stato più volte segnalato, mentre questo mio secondo lavoro, “L’ESTATE DI ACHILLE”, è stato finalista al “Premio Lorenzo Da Ponte”. Ma in questo senso sono appena agli inizi e tutto è un progetto in divenire.

Parliamo di questo tuo nuovo romanzo dal titolo L’estate di Achille (Morellini Editore), che come ci hai anticipato, nel 2021 è stato finalista della terza edizione del Premio Lorenzo da Ponte di Treviso. Come è nata l’idea di scriverlo? Qual è stato il punto di partenza nel processo di scrittura?

Da diverso tempo desideravo scrivere una storia che parlasse del mondo della musica e della canzone d’autore, come anche del male di vivere che affligge molti artisti più o meno famosi. Ma non riuscivo a trovare la giusta ispirazione e così il progetto continuava a rimanere una semplice idea. Poi un giorno mio cugino Michel Buzzi, cantautore romando che negli anni Settanta arrivò a incidere per la RCA di Parigi e a toccare il successo internazionale nel panorama della canzone d’autore francofona, mi raccontò le vicen­de di un suo conterraneo che, più o meno nel medesimo periodo storico, aveva vissuto una avventura simile.  L’artista in questione, all’epoca ritenuto un grande ta­lento della canzone francese, aveva firmato un contratto con un’importante etichetta discografica parigina, ricevendo un grosso anticipo per la realizza­zione di un album di dieci canzoni. Era quindi partito per Parigi per andare a realizzare il lavoro per il quale era stato ingaggiato e pagato. Ma il nostro artista amava le belle donne, il buon vino e il gioco d’azzardo e così pensò bene di utilizzare quei soldi per affittare un attico spettacolare dalle parti di Montmartre, dove quasi ogni sera organizzava memorabili festini a base di donne, champagne, caviale e sostanze psicotiche. Andò a finire che la sua avventura parigina si concluse un anno più tardi, con una rocambolesca fuga notturna dalla capitale francese e conseguente precipi­toso ritorno in Svizzera, senza che l’album venisse mai realizzato.

Questa storia colpì la mia immaginazione e iniziai a svilupparla ipotizzando lo svolgersi degli eventi a Mila­no, la città italiana che più amo e che conosco bene per averla frequentata innumerevoli volte. In otto mesi il ro­manzo era scritto, proprio in tempo per partecipare all’u­nico concorso per “romanzi musicali” esistente in Italia, il “Premio letterario per romanzi musicali inediti Lorenzo Da Ponte”, dove si è classificato fra i cinque finalisti.

Quale messaggio speri che i tuoi lettori colgano tra le pagine de L’estate di Achille?

In questo senso io lascio assoluta libertà ai lettori.  Un racconto nasconde spesso molti messaggi subliminali, a volte addirittura sconosciuti all’autore. Tocca a coloro che si dedicano alla lettura del testo trovare questi messaggi. Quello che io desidero è che il lettore arrivi innanzitutto ad appassionarsi alla mia storia e a divertirsi. Ogni cosa in più che potrà raccogliere è un valore aggiunto, ma non per forza questo deve accadere.

In veste di cantautore, hai pubblicato cinque album, l’ultimo nel 2021, “Radiazioni sonore artificiali non coerenti”. Qual è la particolarità del disco?

“Radiazioni sonore artificiali non coerenti” in realtà è il secondo volume di una trilogia prevalentemente rock, che raccoglie buona parte dei brani inediti che ho scritto negli ultimi trent’anni, come anche alcune canzoni inedite di altri cantautori con i quali sono legato da grande amicizia. Non disdegno neppure le rivisitazioni di qualche brano della storia cantautorale italiana brani che magari ho eseguito in concerto ma che mai ho messo su disco. Si tratta di un “concept project“, perché ogni canzone è una storia che va a intrecciarsi con tutte le altre del medesimo album e in seguito nella riunione dei tre volumi, dove la musica e le parole diventano una sorta di “romanzo” unico. Un bel progetto dalle grandi ambizioni, ma in fondo si tratta solo di rock’n’roll (risata).

Progetti futuri?

Ho appena concluso la scrittura di un romanzo vagamente distopico, ambientato durante il primo lockdown dovuto all’epidemia di Covid, che spero di arrivare a pubblicare quanto prima. Inoltre sto lavorando a un romanzo per ragazzi, opera questa assai difficile. Il linguaggio da utilizzare per arrivare ai più giovani è molto diverso rispetto a quello indirizzato agli adulti.
E poi, naturalmente, devo anche portare a termine il terzo album de “La Trilogia”, dove musica e scrittura si fondono in un unico “romanzo” lungo più di trent’anni.

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