Maps for Moon Lovers Nuovo disco per FAB ovvero Fabrizio Squillace. Cantaurore calabrese, cantautore rock, cantautore romantico di questa nuova generazione di poeti in musica. Di nuova generazione poi neanche tanto visto quanto il nostro attinge da stilemi classici di quel pop-rock anglo-americano. Ecco l’intervista di Blog della Musica
Si intitola Maps for Moon Lovers questo nuovo disco di inediti con cui Fab segna il ritorno dal romanticismo di Bless. E di romanticismo si ciba anche questa visione sociale dell’individuo nell’eterna lotta di che esiste tra i sentimenti, se stesso e il quotidiano che diviene tutto intorno. Suoni industriali per questo rock verace ma parco in molti sensi, visioni sospese come nel bellissimo video di lancio del singolo How High the Moon. Uno sguardo dalla Luna come a celebrare il bisogno di avere uno sguardo che sia più completo per se stessi prima di tutto.
FAB: un nuovo disco, una nuova maturità o una prosecuzione del passato?
Una prosecuzione del passato che mira alla maturità, per quanto sia possibile raggiungerla. Non mi sento affatto maturo dal punto di vista artistico e ritengo che nessun musicista si possa sentire davvero tale. Nemmeno dopo aver scritto la canzone della vita. La musica in fondo è una necessità, soddisfa un bisogno intimo di comunicare, difficile dunque poter parlare di appagamento totale o di maturità artistica. Sicuramente in un nuovo disco si possono ritrovare nuove idee rispetto al passato ma probabilmente anche quelle precedenti possedevano la loro indubbia valenza. Forse sarebbe meglio dire che ci sono dischi belli e poi altri che lo sono un po’ meno.
Quanto dista artisticamente e spiritualmente questo nuovo lavoro da “Bless”?
Nonostante le evidenti diversità tra “Maps for moon lovers” e “Bless” credo si possano ritrovare molte similitudini tra i due album, soprattutto per quanto riguarda la sperimentazione, la ricerca, oserei dire ostinata, di nuove soluzioni sonore. Ai tempi di “Bless” e’ stata un’operazione più istintiva e immediata, cosa che non è’ avvenuta con il nuovo disco, per il quale questa ricerca e’ durata molto a lungo e i risultati sono stati più ragionati. In questo senso, certamente, si può parlare di un lavoro più maturo. Quanto ai testi e alla costruzione “concettuale” dell’intero disco c’è poi sicuramente un’evoluzione marcata, il tentativo di mettere in piedi una sorta di concept album, con questi otto personaggi accomunati dallo stesso bisogno di raggiungere il successo ad ogni costo. Un disco dunque più “adulto”, per quanto i suoi protagonisti spesso non dimostrino di esserlo.
Un disco che ha una componente cantautoriale assai importante. Che importanza hanno i testi rispetto alle melodie e all’estetica per Fab?
I testi rivestono un ruolo cruciale nei brani che compongo. In “Bless” si trattava di una seduta di psicoanalisi, un’ipnosi regressiva o qualcosa del genere. I testi erano autobiografici e terribilmente introspettivi. “Maps for moon lovers” sposta il tiro verso un’inquadratura più ampia e universale. C’è un netto distacco dal piano personale e il tentativo di raccontare semplici storie appartenenti ad altri. Ad ogni modo la necessità indispensabile di sussurrare alcuni temi in un modo differente. In “The lazy one”, la canzone che apre il disco, un verso recita “corri via da me ragazza mia, più hai bisogno e meno possiedi”. Credo sintetizzi al meglio il senso letterario di questo lavoro e dei personaggi che lo animano.
Molti parlano di rabbia pensando a quanto sei disposto a confessarti… io parlerei più di fragilità. Tu cosa mi dici?
Dico che hai ragione. C’è una rabbia apparente che si traduce in estrema fragilità. Tutti i protagonisti dei brani di “Maps for moon lovers” sono esseri estremamente fragili, emotivi e complicati. Attraversano questi anni ambigui con la compostezza strampalata di un ladro capitato nell’appartamento sbagliato. Rubano quello che devono sapendo perfettamente che per farlo devono pagare un prezzo salato. Li salva la luna, che giustifica e salvifica. E la rabbia di cui parli è un lascito “grunge” dell’adolescenza che ho vissuto, della musica che ho ascoltato e che, ironia della sorte, pare ritornare in questi tempi. Prendi la rivolta dei gilet gialli in Francia. Cosa succede? Qualcuno si sveglia nel cuore dell’Europa dopo anni di torpore? Non so se la rabbia sia la risposta, anzi non credo, ma nell’asfittica immobilita’ degli ultimi anni qualunque vagito, anche quello più impercettibile e transitorio, sembra profumare di nuovo e ispirare rinascita.
E infine dicci: dal vivo che vita stai vivendo oggi?
Ho imparato a far pace con le mie contraddizioni, che un tempo mi procuravano non pochi grattacapi. Al contrario ho imparato a dar loro un valore, ad esaltarle. Fanno parte di me come una cicatrice o una voglia, ne’ più ne’ meno. Dedico tanto tempo alla musica e a ciò che mi fa stare bene, viaggio molto e sono costantemente alla ricerca di me stesso. Probabilmente non lo troverò mai ma devo ammettere che è’ comunque un bellissimo viaggio.
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