INTERVISTA | Feeda: La musica è la mia “reazione” alla vita

Personalità sensibile quella di Feeda, giovane artista della provincia di Salerno che, dopo un’estate all’insegna di concerti e dopo l’uscita di alcuni singoli fra cui Solstizio d’Inverno, pubblica il suo primo progetto ufficiale dal nome La Misura delle cose per 33db Good Noise. In questa intervista cerchiamo di andare più a fondo, esploriamo con lei le tematiche, sempre vissute e mai inventate, le sonorità e la creazione dell’ep.

Il mood sonoro del disco La Misura delle cose, curato da Feeda insieme al produttore UanmNess, si alterna agli stati d’animo brano dopo brano, dall’acustico alla dance, lasciando trasparire tutta la complessità che caratterizza ogni momento. La misura delle cose è un prodotto che passa dall’indie/pop e si mescola alle sonorità urban con sfumature dance/trap.  Brano più caratteristico in tal senso, se si pensa alle sonorità dance/trap, è sicuramente Virga che, per la regia di Luigi Cartolano, viene accompagnato sotto forma di video insieme all’Ep.

La misura delle cose è il tuo nuovo progetto discografico. Un Ep di sei tracce in cui le parole chiave sono “emozioni”, “sentimenti”, ma anche “reazioni”. Reazioni che sono le tue rispetto alla vita e alle cose che succedono. Come è nata l’idea di questo Ep? Intendo dire del suo concept.

La musica è la mia “reazione” alla vita e a tutti i momenti che la formano e contraddistinguono,scrivere e comporre canzoni per me sono da sempre un rifugio, una guida, e uno sfogo a tutti momenti che attraverso, alti e bassi, lunghi e brevi, leggeri e intensi.Questo è il concept generale per ogni mio brano, per questo in “La misura delle cose” non ho sentito l’esigenza di “inventarmi” o cercare un filo conduttore diverso da ciò che già accomunava tutti i miei brani.Mi piaceva l’idea di immaginare questo mio Ep come il risultato di un percorso, quello del mio inizio, il frutto di tutto ciò che ho seminato dal mio primo testo alla mia ultima esibizione, quasi come se fosse la fine di un sentiero e l’inizio di una strada nuova da intraprendere.

Quando hai iniziato a scrivere e a scegliere le basi? Mi racconti qualcosa sul processo creativo?

Ricordo bene il giorno in cui ho scritto la prima canzone. Era il 21 dicembre 2020. La mia vita due anni fa era completamente diversa. Studiavo economia e commercio ma fantasticavo con la mente pensando alla musica. Qualche giorno prima del 21 dicembre ho pensato “vabbè fammi finire questo capitolo di macroeconomia che tanto se non so scrivere canzoni non posso fare nessuna musica. Un’idea a tratti piccola e insensata. Dopo qualche giorno “NO” ho aperto le note del cellulare ed ho iniziato a scrivere senza fermarmi. Qualche minuto dopo è nata “Solstizio d’Inverno”, una delle canzoni uscite quest’anno.  Come si scrive? Non lo so. (N.d.r. ride). So però di non essere in grado di inventare una storia. Tutto quello che scrivo devo averlo vissuto. Inizialmente, sapendo suonare la chitarra, ho arrangiato qualche melodia di sottofondo, poi ho conosciuto UanmNess, il mio produttore. Con lui è iniziato il mio percorso creativo. Per far nascere una canzone ci ho messo a volte ore, a volte giorni. Bello scegliere i suoni da inserire all’interno, capire se una melodia mi trasmette una sensazione, un mood o se mi fa pensare a qualcosa che vorrei raccontare. Quindi è tutto molto spontaneo e naturale. Non c’è uno schema da seguire per quanto mi riguarda. se sono felice scrivo, se sono triste scrivo, ma la maggior parte delle volte piango prima tre ore nel letto (n.d.r. Ride).

Feeda, il disco "La Misura delle Cose"
Feeda, il disco “La Misura delle Cose”

Come mai Virga lo hai scelto come primo singolo?

Virga è stato letteralmente scelto dal “mio pubblico”. Durante i molti di live che ho avuto la fortuna di svolgere, soprattutto questa estate, ho eseguito più volte i pezzi che sono presenti in questo Ep e l’entusiasmo mostrato dai presenti per Virga, bis compresi, non mi ha lasciato indifferente. Scegliere un singolo è sempre un’impresa ardua, cercare un brano che possa a suo modo rappresentare anche gli altri, un brano che possa essere la sintesi di quelli che sono i contenuti di un intero progetto, almeno questo è quello che intendo io per la scelta di un singolo. Mi sento fortunata perché il pubblico ha scelto e io sono fortemente d’accordo con lui.

Chi ti ha aiutata o seguita nella scelta della delivery grafica, della strategia e nella scelta comunicativa?

Il team di 33db e Old Harlem mi ha aiutata nel realizzare quelle che erano le mie idee per grafica e video, oltre al supporto nel gestire tutto il resto delle attività connesse a questa uscita. Siamo partiti da alcune mie idee e le abbiamo sviluppate insieme ai loro mezzi e alle loro competenze e devo dire che in sostanza avere una squadra che ti supporta in tutto è davvero una marcia in più.

Quanto è importante per te come artista tutto quello che è il marketing che viene dopo la creazione di un disco? Parlo di social, promozione, immagine. Ti sta stretto il concetto di marketing o è qualcosa che ti piace?

Il concetto di marketing in sostanza non credo sia qualcosa che mi appartiene, ne comprendo la rilevanza e l’utilità ma non sono una sua grande fan. Sono molto stimolata a creare tutto ciò che gira intorno alla mia musica, quindi anche per quanto riguarda la mia immagine e miei social mi piace “giocare” con il mio immaginario e comporre ciò che visivamente si avvicina alla mia espressione musicale. Feeda e Federica si muovono in maniera quasi del tutto uguale sia nella vita privata che nella vita musicale, quindi ho un approccio molto naturale a ciò che comunico e mostro. Finchè sono me stessa e riesco ad esprimerlo al meglio con naturalezza va tutto bene, certo però bisogna dire che sarebbe bello potersi dedicare solo ed esclusivamente alla parte creativa del proprio essere e della propria musica, lasciare a professionisti del settore svolgere attività più tecniche e che richiedono altri tipi di competenze specifiche, ma spesso purtroppo non è cosi e ci si vede un po’ costretti a fare i salti mortali nel fare delle cose per cui non si hanno le giuste attitudini o a cadere nel gioco di alcune dinamiche di promozione che sembrano volerci tutti uguali e sincronizzati nella creazione di determinati contenuti, quasi come se ci fossero necessariamente delle regole da rispettare per far ascoltare la propria musica alle persone.

Parteciperesti a un reality o a un festival come quello di Sanremo?

Volentieri. Come tutti sappiamo, il reality è un modo per farti conoscere. Quando dico questo però non mi riferisco solo al rapporto con il pubblico. Quando si affronta un reality le cose accadono sempre alla velocità della luce. Si può imparare tanto in così poco tempo; è questa secondo me la cosa affascinante. In più, credo che per fare un bel percorso in un reality sia molto importante imparare a conoscere se stessi. Il festival di Sanremo sarebbe ovviamente un sogno, un traguardo.  Il momento in cui si può guardare a ritroso per ricordarsi da dove si è partiti. Chissà, magari un giorno accadrà davvero.

Il tuo Ep è fuori da poco. Qual è il feedback delle persone?

Da troppo poco per tirare le somme, però fortunatamente fino ad ora il feedback sembra essere molto positivo sia da parte delle persone sia da parte degli addetti ai lavori. Non per essere ripetitiva ma già avendo portato live tutti i brani de “La misura delle cose” prima dell’uscita ufficiale dell’Ep, ho potuto raccogliere quasi in anteprima quelli che potevano essere i feedback e i commenti di chi avrebbe ascoltato poi il mio progetto, e di certo non posso assolutamente lamentarmi dei consensi che ho riscosso durante i miei concerti. Oltre ai feedback spero che la mia musica possa rappresentare, per chi la sceglierà come compagna, un ritrovo, una fuga, uno svago, una riflessione, un’amica, ovvero tutto ciò che altra musica è stata per me.

Ci sono cose dell’Ep che faresti diversamente col senno di poi?

Questo ep rappresenta concretamente tutti i processi che ho dovuto affrontare per trovare quel famoso spiraglio di luce da seguire in una stanza buia. La sofferenza, il dolore, l’accettazione del dolore stesso. La sensazione di ritrovarmi incastrata all’interno di meccanismi che la mia mente ha reso più grandi di quello che erano realmente.  Ogni singolo rappresenta una fase da superare.  Un mio limite è quello di non riuscire a comprendere quando arriva il momento di non farsi surclassare dalle cose che accadono. Saper riconoscere quando bisogna dire “basta” non è scontato. Parlare di un dolore ti fa bene dopo averlo fatto, prima però è necessario riuscire ad armarsi di coraggio per raccontarlo. L’ho imparato a mie spese; e questo ep ne è la dimostrazione.  Ogni produzione segue una retta che è parallela alla produzione successiva ma che si avvicina sempre di più alla destinazione. Ogni produzione racconta un momento, che ho voluto spiegare con le parole che si trovano all’interno delle stesse. Per questo motivo non posso dirti che avrei cambiato qualcosa. Questo ep, così com’è, mi ha dato la possibilità di raggiungere tante consapevolezze, che spesso si apprendono inconsciamente o a posteriori. La misura delle cose è la misura di quanto peso è importante dare alle situazioni ma è soprattutto la misura di quanto peso bisogna evitare di attribuire ad un determinato momento che non avrebbe fatto altro che trascinare con sé una parte di me, che, forse, sarebbe meglio conservare per qualcosa di più grande.

Ci sono cose della tua vita che invece faresti diversamente?

La mia vita personale segue la stessa linea di quella professionale. Ho capito con il tempo il bisogno di entrare con forza nelle dinamiche che si creano.  Ho sbagliato tante cose e prometto che continuerò a sbagliare, non potrei fare altrimenti (n.d.r. ride). Sono però una persona molto riflessiva, e questo mi permette spesso di accettare e comprendere i miei sbagli.  Non è stato sempre così però.  Il concetto di “giusto” è qualcosa che mi ha intrappolato per molto tempo: “fede questa cosa va fatta così, fede devi essere un punto di riferimento, fede non puoi sbagliare”. La paura di deludere le persone ha deluso me stessa. L’incoscienza di non accettare che si può cadere mi ha fatto cadere molte volte.  Se mi avessi fatto questa stessa domanda in un altro momento della mia vita molto probabilmente avrei risposto con un si. Oggi ti dico che cambiare il passato è un po’ come cambiare il senso della vita. La vita non ha senso, anzi, è la vita che ci dà un senso; sempre che noi la lasciamo parlare.

Ascolta il disco di Feeda: La misura delle cose

Social, Streaming e Contatti

  • Spotify: https://open.spotify.com/artist/3Ca66h4nGmQ5On2bSgpIsU
  • Guarda il video https://youtu.be/7Q96UIvDn24
  • Instagram: https://www.instagram.com/_fee.da

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