INTERVISTA | Felice Clemente da “Solo” tra riverberi e risonanze

Felice Clemente, sassofonista, clarinettista, compositore, direttore, band-leader e docente. E’ stato definito da Enzo Siciliano «il miglior giovane sassofonista italiano». Ha pubblicato recentemente il suo nuovo CD dal titolo SOLO uscito per Crocevia di Suoni Records e con la presentazione di Paolo Fresu. Ecco cosa ci ha raccontato

La prima domanda che vorrei fare a Felice Clemente mira ad indagare e capire quali sono le motivazioni che spingono un artista a concepire un album a solo?
Il mio ultimo disco, il cui titolo esplicito SOLO, pubblicato da Crocevia di Suoni Records è involontariamente e paradossalmente molto attuale al momento contingente che stiamo vivendo, frutto di due anni di intenso lavoro, e realizzato completamente in solitudine, inciso in presa diretta all’interno della chiesa settecentesca di Montecalvo Versiggia (PV). Il mio intento è stato quello di ripercorrere attraverso la musica tutta la mia carriera e influenze musicali vissute sino ad ora. Sicuramente un solo di saxes e clarinetto è un’opera complessa e difficile, e credo ci voglia molto coraggio, perché mettersi a nudo nel sottile equilibrio tra pensiero compositivo ed esecutivo. E’ stata una esigenza intima e una necessità di mettersi in gioco comunicando col mondo la mia anima, affrontando una registrazione di questo tipo, e dopo grandi esempi del passato, come alcuni grandissimi personaggi quali Sonny Rollins, Steve Lacy, Lee Konitz, Anthony Braxton, Branford Marsalis. Sono molto contento di averlo fatto.

Quali consigli daresti all’ascoltatore per riuscire a entrare nella giusta ottica della comprensione musicale di Solo?
Di ascoltarlo senza filtri e lasciandosi prendere per mano dalla musica liberamente. Diversi stili musicali si sono influenzati a vicenda, anche perché fanno parte della mia natura, e della mia anima. L’obiettivo e il desiderio in questo progetto era quello di poter abbracciare e ripercorrere tutta la mia carriera ed esperienza musicale vissuta fino ad ora.

La scelta dell’ambiente musicale è sicuramente determinante per il sound di un lavoro così originale, quali sono i motivi che hanno portato Felice Clemente a scegliere la chiesa settecentesca di Montecalvo Versiggia?
La scelta dell’acustica di una chiesa, e in particolare modo della chiesa settecentesca di Montecalvo Versiggia (PV), è stata ispirata dal disco di Branford Marsalis dal titolo “in my solitude”, anch’esso inciso in una chiesa. Il riverbero naturale e le risonanze delle arcate hanno rappresentato un secondo solista, con il quale interagire e dialogare. È stata un’esperienza molto intima, mistica e spirituale, dove mi sono messo totalmente in discussione, poiché suonando in una chiesa con i suoi riverberi e risonanze devi per forza dialogare con essi, come fossero un altro strumento musicale. La mia scelta è stata molto ponderata e riflettuta, se utilizzare o meno l’elettronica o effetti di modulazione del suono, arrivando così alla conclusione di volere assolutamente un suono e una musica totalmente acustica e registrata in presa diretta, restituendo un suono autentico e non filtrato, vero.

In che modo hai concepito Solo, dove l’improvvisazione la fa da padrona e dove le architetture musicali sono solo una struttura – pretesto per esprimere l’animo musicale più profondo?
Il repertorio del mio disco l’ho pensato molto accuratamente, scegliendo tra mie composizioni, brani scritti appositamente per me esclusivamente per questo progetto da alcuni artisti compositori che apprezzo molto, come Javier Pérez forte, Fabio Nuzzolese, Daniele di Gregorio, e brani per me molto significativi di Branford Marsalis, Michel Godard ed Ennio Morricone. Infine il primo standard jazz che ho imparato quando ero un bambino, e una sarabanda davvero unica di J.S.Bach. Il mio intento è stato quello di ripercorrere attraverso la musica tutta la mia carriera e influenze musicali vissute sino ad ora. Sicuramente un solo di saxes e clarinetto è un’opera complessa e difficile, e credo ci voglia molto coraggio, perché mette a nudo il musicista nel sottile equilibrio tra pensiero compositivo ed esecutivo.

Chiediamo ora a Felice Clemente come concepisce il concetto di improvvisazione totale, sia dal punto di vista generale, musicale quanto dal punto di vista tecnico-esecutivo?
Il concetto di improvvisazione totale è un aspetto molto interessante e stimolante per me nell’ottica di scavare sempre di più nella mia musica. L’idea e lo stimolo di avere “davanti” totale libertà di espressione, e un ampissimo spazio di azione è diventato ora necessario, dove far coesistere le diverse nature del mio percorso musicale vissuto sino ad ora, e trovare sempre il modo di farle coesistere. Ovviamente è necessario possedere una tecnica esecutiva solida e colta, che permetta tutto ciò, e un attento e serio studio giornaliero è necessario.

Come vive Felice Clemente l’improvvisazione in questo equilibrio tra dimensione orizzontale della melodia e verticale armonica?
Il più grande esempio della storia della musica è secondo me J.S.Bach, il quale trovò il perfetto equilibrio tra dimensione orizzontale e verticale tra melodia e armonia. L’idea di realizzare tale mio disco in solo è scaturita anche per mettermi alla prova in questa direzione e con questo obiettivo nel rendere “armonico” anche uno strumento monodico in modo naturale, ma ne aggiungerei una terza dimensione rappresentata degli armonici scaturiti dalle navate della chiesa ove ho inciso l’album, con i quali far conto e relazionarsi in un sottile equilibrio di ruoli.

A cura di Marco Pollice
Pianista e Compositore

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