Il bassista Filippo Macchiarelli debutta come leader con il disco Il vento è fuori, pubblicato dalla prestigiosa etichetta Jazz italiana Abeat Records. Un lavoro raffinato e tecnico che non può lasciare indifferenti. Ne abbiamo parlato proprio con Filippo.
Filippo Macchiarelli, finalmente leader con il nuovo disco Il vento è fuori. Cosa si prova a dare alla vita un progetto proprio?
E’ stata una vera e propria liberazione creativa. Diciamo che questa scelta è maturata dopo una lenta presa di consapevolezza interiore. Ho cominciato a scrivere musica anni fa, suonando in svariate formazioni nelle quali ho iniziato ad approcciarmi alla composizione, in alcuni casi in maniera prettamente istintiva. Nel tempo, affinando gli ascolti e lo studio, ho realizzato che dovevo concentrarmi su una mia visione, su ciò che veramente volevo esprimere, senza costrizioni o vincoli, senza la paura di osare.
Il vento è fuori è un flusso continuo di jazz intimo, una narrazione. Cosa racconti in questo lavoro?
Racconto un periodo molto particolare della mia vita che mi ha portato a crescere come uomo e come artista. E’ un lavoro prettamente autobiografico, un estratto di momenti molto personali e intimi. Questo ha permesso la creazione di un filo conduttore tra ognuno dei brani, soprattutto dal punto di vista emotivo e narrativo. Sono come delle foto istantanee, scattate in momenti differenti: si legano ad eventi importanti, a persone ed eventi che hanno lasciato un segno dentro di me.
C’è molto della tua vita. Pola Pola è stata ispirata da un momento vissuto con tuo figlio. Possiamo considerare Il vento è fuori un diario liberamente condiviso con l’ascoltatore?
Assolutamente si. Come sottolineavo prima, la parte autobiografica è preponderante dal punto di vista narrativo/musicale in tutti i brani dal momento che raccontano molte cose avvenute in uno specifico arco di tempo della mia vita, alcune profondamente burrascose e tormentate, altre luminose, come la nascita di mio figlio Sirio. Proprio “Pola pola” racchiude un simpatico aneddoto che vorrei raccontarvi. Spesso io e Sirio ci divertiamo da sempre a storpiare parole e a creare un linguaggio tutto nostro. Un paio di anni fa durante i nostri viaggi in macchina accompagnati dagli assidui ascolti delle sinfonie di Beethoven, Sirio (che all’epoca aveva 4 anni e mezzo) se ne uscì con una filastrocca tutta sua asserendo che fosse la X sinfonia di Beethoven! Io c’ho sentito dentro uno swing incredibile, così ho scritto il tema di “Pola pola” basandomi ritmicamente sulla sua filastrocca, registrando la sua voce e campionandola nell’introduzione del brano. Mi piace pensare che un giorno, quando sarà grande e riascolterà il pezzo, potrà rivivere quel meraviglioso ricordo tutto nostro, ogni volta che vorrà.
Il vento è fuori è uscito per Abeat Records. Come sei approdato a questa importante realtà del Jazz italiano?
Ero in attesa di questa pubblicazione da diverso tempo e mi stavo quasi rassegnando che il disco sarebbe rimasto chiuso in un cassetto. Ho cominciato a rimboccarmi le maniche, contattando personalmente le etichette che ritenevo fossero sensibili ad un lavoro del genere. Grazie ad un mio amico e collega musicista sono arrivato direttamente a Mario Caccia di Abeat Records che ha mostrato un forte interesse al mio lavoro. Ricordo che durante la prima nostra chiacchierata telefonica abbiamo parlato per oltre un’ora di musica! Mi ha saputo consigliare con preziosi suggerimenti indispensabili al miglioramento del sound del disco. Non è così scontato trovare figure altrettanto disponibili e professionalmente preparate.
Dove e quando presenterai dal vivo il disco?
Sto pianificando le prossime date. Un’anteprima sarà il 22 agosto a Civitanova Marche all’interno di una bella rassegna jazz. Sarà tra l’altro il modo migliore di festeggiare il mio compleanno!
Un consiglio da Filippo Macchiarelli per i più giovani: perché avvicinarsi al Jazz e suonarlo?
Provengo da un background musicale molto vasto, per cui non limiterei un avvicinamento esclusivo al jazz. Ho iniziato a suonare rock anni ’70 a 14 anni e, ipnotizzato da quel sound, non vedevo l’ora di esibirmi su un palco e così ho fatto. Ma prima di quello c’è stato l’ascolto, la scoperta, l’innamoramento e di questo devo ringraziare mio padre. Penso che la cosa più importante sia abituare i giovani all’ascolto della musica nella sua totalità, ed è quello che in realtà sto facendo con mio figlio: in macchina passiamo da Stravinsky agli Audioslave, da Joe Henderson a Bartok fino agli Area, i Police, Anderson Paak e chi più ne ha più ne metta. Questa può essere una possibilità volta ad instillare la passione per suonare uno strumento. Chiaramente il jazz ti da una chiave di lettura molto estesa, può aprirti delle porte verso una comprensione più lucida dell’improvvisazione e verso una profonda liberazione creativa. E’ questa la chiave: la possibilità di libera espressione improvvisativa, di collegamento energetico con gli altri musicisti e con il pubblico. Penso che il jazz offra questa grande opportunità per chi voglia coglierla ed è questo ciò che cerco di insegnare ai miei allievi.
Guarda la presentazione del disco Il Vento è fuori di Filippo Macchiarelli
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