INTERVISTA | Francesco Cataldo e la musica che “cola nell’anima”

Francesco Cataldo è un chitarrista e compositore siciliano, un jazzista raffinato che con la sua musica fatta di trame leggere e delicate, ha saputo stupire anche i grandi del jazz. Giulia il nuovo album, profuma della sua terra e, come nel brano dedicato alla splendida Levante (di Ortigia, Siracusa), ne evoca la bellezza. Ecco l’intervista…

Francesco Cataldo è il fanciullino di sempre che sa guardare alla vita con stupore e attenzione per le cose semplici ma preziose. Un’eleganza e una poetica che contraddistinguono le sue composizioni, per le quali sa attendere, senza fretta assaporandone ogni fatica, ogni sofferenza come per mettere al mondo un figlio. Francesco oggi si apre le porte di casa sua, per mostrarci dove nasce la sua musica che non “stupisce”, ma cola lentamente nell’anima. Francesco ha da poco pubblicato Giulia, che lasciate le chitarre elettriche di Spaces, ritrova l’intimità della chitarra classica e della baritona, per temi dalle trame delicate e autobiografiche che sanno di salsedine.

Marc Copland, uno dei più grandi pianisti del momento che ha suonato con lui in Giulia, dice di lui:

“Francesco è un giovane che sa riscaldare con la sua meravigliosa sensibilità lirica, sia come compositore sia come musicista”.

Un siracusano doc che ha incantato gli americani fino a sbarcare negli States dove il suo disco è in rotazione nelle radio di New York, Boston, Chicago e Kansas City.

Francesco dalla Sicilia a New York: come ha cambiato la tua vita personale e artistica?
Quando sbarchi a New York per fare un disco con un signore del jazz che si chiama Scott Colley, che in Italia aveva suonato solo con Bollani e Pieranunzi e poi torni in Sicilia, non è facilissimo. La mia scelta è stata di non suonare più dovunque, ma di tornare nei jazz club con i miei brani e con i miei musicisti, una crescita importante da non confondersi con snobismo sterile. Chiunque persegua degli obiettivi si allena, si prepara, lavora per raggiungerli alzando l’asticella dopo esserci riuscito. Anche per me è stato così e oggi scelgo di fare meno date, ma di qualità.

Dopo il successo internazionale di Spaces del 2013, nel 2020 hai da poco pubblicato un nuovo disco. Parlaci di Giulia…
Giulia è il nome di mia figlia, fotografata in copertina alla quale è dedicato questo disco autobiografico. Realizzato dopo il dovuto distacco da Spaces. Rappresenta una maturazione importante che mi ha permesso di raccontare attraverso la tessitura di nuove trame, pagine di vita. Ho avuto l’onore e la fortuna di registrarlo con Marc Copland al piano, un gigante del panorama jazzistico europeo e una coppia ritmica d’eccezione formata dall’impeccabile Piero Leveratto e dal batterista americano, “in punta di bacchette”, Adam Nussbaum.

Quando parli della tua musica, affermi che “non stupisce”. Che cosa significa?
La musica non deve necessariamente stupire, ma s’insinua dentro di noi aprendo le porte dell’anima. Una musica che sembra appartenerci. Il flusso va dalla musica a me fino al pubblico. Quando scrivo, lo faccio di getto, stimolato proprio da immagini che mi colpiscono e mi arrivano dentro: sono evocazioni e non fuochi d’artificio. Il mio mare è il mare della lentezza. Non conosce fretta ma silenzio; ho bisogno di fare deserto per ritrovare nuova ispirazione dopo aver lasciato andare ogni tema, ogni nota in un processo di svuotamento obbligato e necessario

Sei un jazzista “anomalo” che non ama le improvvisazioni. Ce ne spieghi le ragioni?
L’improvvisazione è sempre più lontana dal mio modo di vedere. Quando scrivo i temi elaboro le emozioni, quando  suono non  improvviso più perché sono scolpiti già a monte. E’ una scultura, dove la metti, sta, così la mia musica che non ha bisogno di cambiare colore. Dal vivo ovviamente c’è la chicca del momento, ma il tema è lì e lì rimane. Probabilmente non sono neanche un jazzista, nel senso puro del termine, sono Francesco Cataldo e questa è la mia musica. Sono talmente convinto che ho portato gli americani, che hanno suonato con me, a seguirmi in punta di piedi, interpretando la mia musica senza “annacquarla” con improvvisazioni straripanti.

La tua è una musica che “cola nell’anima”: qual è l’origine, il comune denominatore dei tuoi brani?
Quando si fa riferimento a un cantautore di solito, ci si chiede quale sia il tema o quali siano i vari temi delle sue canzoni facendo ovvio riferimento ai testi scritti. La mia musica, i miei brani, pur essendo strumentali e quindi privi (almeno per ora) di testi, sono stati spesso definiti dalla stampa internazionale “Canzoni” perché trasmettono emozioni chiare, evocano immagini. Quando mi è stato chiesto quali erano i temi predominanti della mia scrittura, quali cose m’ispirano principalmente, ho sempre risposto: l’Amore! Lungi dal considerarmi “un romantico” credo che l’Amore da cui partono i miei brani sia un Amore universale che trascende le consuete definizioni che si danno nella musica (Amore di coppia, storie d’Amore…). Ritengo restrittivo l’aggettivo “romantico” e quasi lo detesto, perché definire tale un musicista, equivarrebbe a un’etichetta, un marchio. L’Amore invece non è un marchio ma un valore infinitamente vasto alla base delle nostre vite, ineluttabile ed ineludibile. Abbiamo bisogno di respirarlo come e con l’aria. Tutti i miei brani quindi partono da li, dal mio bisogno di amare il prossimo, vicino o lontano che sia.

Ascolta l’album Giulia di Francesco Cataldo Su Spotify

Social e Contatti

  • Website: www.francescocataldo.eu
  • Facebook: https://www.facebook.com/Francesco-Cataldo-254445271375383/
  • Instagram: francescocataldomusic
  • Youtube: https://www.youtube.com/user/flajazz1

Credits Fotografici

  • Foto di copertina: Walter Silvestrini

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