Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Franco e La Repubblica dei Mostri, band di stanza a Milano che ha di recente pubblicato il suo nuovo album dal titolo Sciarra Chitarra Musica Battaglia, tra cantautorato e post-rock. Ne abbiamo parlato con loro
Ciao ragazzi, purtroppo il vostro disco è uscito in pieno del turbine del Coronavirus. Come è andata? Come avete passato le vostre giornate, senza poter suonare insieme?
Non è stato facile, il disco è uscito il 28 febbraio e quella sera avevamo in programma il primo live a Milano, ma quella settimana un’ordinanza ha imposto la chiusura a tutti i locali e ai luoghi di aggregazione della città. Essendo stata una lunga gestazione, non vedevamo l’ora di suonare finalmente dal vivo e condividere con il pubblico quest’ultima nostra creatura.. ora viviamo, come tutti gli italiani, settimane surreali, in un tempo sospeso. Ne stiamo approfittando per fare delle prove di live collegati tutti e quattro dalle nostre case, vediamo come evolvono le cose nelle prossime settimane… di certo non vediamo l’ora di salire sul palco e di festeggiare insieme anche la fine di questa strana clausura.
Ci spiegate da dove arriva il vostro nome, e in che modo rappresenta ciò che fate?
“Franco e La Repubblica dei Mostri” è un nome molto legato alla genesi del nostro percorso musicale, circa 6 anni fa avevamo lavorato al primo disco quasi come un concept album che vedeva l’Italia protagonista oltre che cornice delle storie che cantavamo: l’idea era quella di raccontare il nostro paese in tutte le sue contraddizioni. La Repubblica rappresenta evidentemente questo scenario narrativo, ma può essere anche intesa come un luogo più intimo, dove abitano mostri nascosti nel profondo di ognuno di noi. L’idea era anche quella di personalizzare il progetto dando un nome proprio di persona: Franco è uno dei nomi italiani più classici e diffusi, ma ha anche un bel significato, è onesto, indica sincerità. Nel tempo ci siamo affezionati a questa persona immaginaria, che è diventata quasi un quinto elemento della band, che dà corporeità al progetto. Spesso ora ci riferiamo alla bando solo come Franco… o i Franchi 🙂
Siete cambiati parecchio dal disco precedente, cos’è successo?
E’ passato del tempo, e quindi siamo maturati, abbiamo lavorato molto per affinare il nostro sound. E’ diventato forse più cupo, sicuramente più asciutto: siamo passati da cinque a quattro membri della band, il che ci ha portati a fare un lavoro anche di “sottrazione” dal punto di vista musicale, che all’inizio non è stato semplicissimo. Alla fine siamo arrivati a un nucleo sonoro più profondo che ci rappresenta molto e che valorizza al meglio ciascuno di noi.
E invece in che modo il disco precedente non vi rappresenta più?
Nella misura in cui è più “prodotto” rispetto a quest’ultimo, e la traduzione dal disco al live spesso era complessa perché c’erano molti livelli di arrangiamento. Non l’abbiamo rinnegato, infatti tanti dei brani del disco precedente fanno comunque parte dei nostri live, ma li abbiamo un po’ rivisti proprio con l’idea di semplificare alcuni arrangiamenti e di renderli più vicini al modo in cui suoniamo ora. Essendo anche il nostro primo disco, probabilmente era quello che risentiva di background e influenze molto eterogenee, oggi che è passato del tempo e siamo uniti nel nostro sound, conserviamo ancora un gusto eclettico ma c’è un timbro più uniforme che lega tutti i brani in questo disco.
Nel vostro lavoro, ci sono anche influenze che non sono musicali e che possiamo notare all’interno del disco? (per esempio, come è stato realizzato il video di Livido Blu)
Sicuramente sì. Il video per esempio è frutto della creatività di Adriano, che è anche la persona che scrive i testi, quindi si è creata una connessione tra quello che viene raccontato musicalmente dal brano e gli immaginari un po’ grotteschi evocati dal video animato.
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