Fulminacci è un cantautore sui generis, legato alla scuola romana per quanto riguarda la scrittura dei testi, ma musicalmente aperto al gioco. Si diverte, e diverte chi lo ascolta. Lo intervistiamo a ridosso delle sue date in Veneto, a Badia Polesine per la rassegna “Tra Ville e Giardini”, e al “Suoni Di Marca” a Treviso
Pronto, Fulminacci?
Pronto ciao, eccoci!
Eccomi qua, Gilberto del Blog della Musica
Molto piacere, Filippo.
Beh, come va intanto?
Eh tutto a posto. Per ora sto pensando solo al tour, quindi rispondo subito sui concerti. Sono stati tutti belli, tutti pieni di gente contenta, noi ci siamo divertiti tanto, sono andati molto bene, quindi non mi posso lamentare.
Dopo il periodo, ti mancava un po’ la dimensione live normale?
Beh è stato pazzesco, assolutamente, perché nonostante siano tutti seduti, si respira un’atmosfera di normalità, sul palco ce lo godiamo come se fosse un qualunque live. Ed è bellissimo vedere come la gente ha voglia di uscire, e dimostrare che è in grado di rispettare le regole.
Vero, sembra di essere in un clima di eterno esame, come dicessero: se siete bravi, continuiamo a permettervi di fare eventi.
Verissimo, però si respira anche un’atmosfera di comunità unita, cosa inedita nella mia esistenza. Molta gente ha sviluppato un senso civico nuovo, rinnovato.
Stiamo diventando un po’ più “tedeschi”?
Non sono esperto del senso civico tedesco ahahah; ci sono situazioni che funzionano tantissimo. Io per esempio, ero andato a farmi il vaccino, e ho visto come funzionava bene il luogo in cui l’ho fatto, ed è una cosa che in Italia ho visto raramente. Tornato a casa ho detto: “Non sapete come funziona bene il posto dove ho fatto il vaccino!”
Hai fatto anche te il gioco delle tre sedie? Ti fanno sedere in tre corsie, e solo alla fine ti vaccinano?
E’ vero, è successo anche a me, ho cambiato tre sedie, anche se senza corsie; evidentemente è una prassi.
Parliamo dei tuoi testi. Partendo dalla canzone che hai portato a Sanremo, Santa Marinella: “Voglio diventare deficiente” è una sensazione condivisa, secondo me. Da dove nasce questo desiderio di perdere neuroni?
Ahahahah! Mi piace molto il modo in cui l’hai esposta. Il desiderio non è di perdere neuroni, più che altro mi piacerebbe ritrovare quella semplicità di quando si è bambini, infatti subito dopo canto “citofonare e poi scappare”. Ho usato la parola “deficiente” in modo volutamente grossolano, volevo raccontare di una persona che, attraverso una storia d’amore, ritrova la spensieratezza infantile. C’è quel sentimento che fa pensare: “Ma sì dai, per una volta nella vita fammi fare una cosa stupida”, che una situazione romantica ti aiuta a realizzarlo.
Bello, la complicità di coppia permette di liberare entrambi gli individui.
Sì, mi piace molto come l’hai detto.
In un’altra canzone [“Un fatto tuo personale”], canti: “I tempi cambiano il senso di quello che scrivevo, scrivo, scriverò e penso”. C’è una canzone in particolare, che quando l’hai scritta aveva un senso, e poi gli avvenimenti del tempo le hanno dato una luce diversa?
TUTTE! Tutte quante le canzoni acquisiscono significati differenti, appena passa un po’ di tempo. Siccome le canzoni escono dopo tanto tempo rispetto a quando sono state scritte, sarà per sempre così, e io devo accettarlo. Scrivendo “Un fatto tuo personale”, ho pensato proprio a questo. Quello che dico oggi è figlio di questo tempo, figlio di oggi, delle credenze di oggi, delle opinioni di oggi, della giustizia di oggi. Potrà cambiare cosa è giusto e sbagliato, opportuno o non opportuno. Cambierà sempre, e non è colpa nostra, quello che non capiamo. Basti pensare a quello che si faceva un tempo nei film; ci sono delle scene che oggi diresti: “Ma siete matti?”. O a quando si fumava in aereo o in ospedale, ed era normale. Se io mi metto a fumare in ospedale, sarei un pazzo furioso, da mandare in galera. Le canzoni sono una cosa fissa, che va sempre relazionata al tempo in cui è stata scritta. Questo per dire, mi evolvo, cambio, ascolto, imparo, e ogni volta che ascolto qualcuno, imparo qualcosa, scrivo una nuova canzone, ma quando esce è vecchia!
Il tempo di produrla e promuoverla, ed è già cambiato il mondo!
Solo una volta sono riuscito ad essere del tutto contemporaneo: ho pubblicato una canzone direttamente su YouTube senza passare per nessuno, in quarantena. Ho scritto una canzone, l’ho registrata a casa su Logic in maniera molto raffazzonata, non c’era neanche il mix, e l’ho fatta uscire il giorno dopo. Per la prima volta nella mia vita ho sperimentato cosa volesse dire ricevere feedback sul vero me di quel momento. La canzone è La fine della guerra.
L’unica cosa è sperare che tra cinque o dieci anni non ci sia una canzone che ti si ritorca contro. Hai mai questa paura?
Sì, è possibilissimo, per quello ho scritto quel pezzo. Se qualcuno ha detto una cosa che tra dieci anni diventa grave, e dieci anni prima nessuno l’aveva accusato, è perché non si avevano nella testa accortezze nuove, che oggi fanno di noi una società migliore. Quindi noi dobbiamo sempre ascoltarci, rinnovarci, e andare avanti; è giusto riflettere sulle cose passate, su quando possono essere state tossiche.
Quando aumenta la consapevolezza, aumenta la qualità di quello che uno scrive. Passando all’aspetto prettamente musicale, ascoltando Canguro ho notato influenze molto diverse da quelle dei cantautori romani. A chi ti sei ispirato? Sembra quasi EDM…
Se non fossero esistiti progetti tipo Billie Eilish, non avrei scritto un pezzo come Canguro. Forse è il pezzo più contemporaneo del disco, in una direzione diversa dagli altri, ho voluto sperimentare questo empty drop, il momento di apice svuotato, con i soli bassi e il kick. Il pezzo si monta tantissimo fino ad asciugarsi, e si fa molto nell’elettronica; mi esaltava molto, volevo provarlo.
Il 4 agosto ti sei esibito a Badia Polesine, per la rassegna Tra Ville e Giardini, e il 5 a Treviso per Suoni Di Marca. Sei già stato in Veneto?
Sì, ad un festival estivo a Vicenza, appena fuori le mura, e al New Age a Roncade, nel Club Tour del 2019, e ho avuto l’onore dell’apertura di Tommaso Fauro.
Riguardando l’intervista da Lundini, di dicembre 2020: come hai fatto a rimanere serio tutto il tempo, mentre ti spostavi sulla sedia?
E’ stato difficile, però ce l’abbiamo fatta!
Anch’io ho due domande alla Lundini..
Saranno molto piacevoli!
San Giovanni nel primo disco, Santa Marinella nel secondo. C’è un santo per disco? C’è una motivazione?
Ecco, purtroppo non c’è una motivazione. Mi aspettavo questa domanda, ho avuto l’onore di averla da te la prima volta! Non c’è correlazione, però sono dei luoghi del litorale romano. San Giovanni è un quartiere, Santa Marinella è una località di mare. Ci sono tanti santi che hanno dato nomi ai luoghi.
Per concludere, ce la farai una canzone sulla fotosintesi?
Spero proprio di riuscire a farla, perché se no si pensa che non voglia affrontare queste tematiche. E poi il pubblico delle piante potrebbe offendersi, prima o poi devo parlare di loro.
Cosa vuoi dire per salutare le lettrici e i lettori del Blog della Musica?
Venite ad ascoltarci, siamo una band molto fomentata, non vediamo l’ora di suonare e divertirci insieme, non dimenticando questo periodo, ma approfittando del fatto che adesso si può fare.
Respiriamo assieme. Grazie Fulminacci…
Esatto respirare assieme. Grazie a te, è stato un piacere!
Guarda il video del brano Canguro di Fulminacci
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