INTERVISTA | Gabriele Ciampi: la Musica è il mio linguaggio

Gabriele Ciampi, compositore e direttore d’orchestra di fama internazionale, ci porta nel suo mondo dove la musica è linguaggio universale capace di esprimere sentimenti ed emozioni con una sensibilità unica. Un artista libero da convenzioni che fa della sperimentazione il suo metodo, regalandoci con il suo ultimo progetto Hybrid un vero e proprio crossover tra classico e Hiphop in veste sinfonica, unico nel suo genere

La musica è il tuo “modus vivendi” e il tuo mondo. Quando hai capito che saresti stato suo?
La Musica è il mio linguaggio. Ho sempre avuto difficoltà ad esprimere le mie emozioni e soltanto mentre suonavo il pianoforte riuscivo a capire cosa mi facesse stare male: quel senso di disagio che mi ha accompagnato sempre. Avevo circa 10 anni quando ho iniziato per gioco, lo studio del pianoforte; da allora la musica non mi ha mai lasciato.

Nelle mie composizioni questo sentimento di disagio è sempre presente e riesco ad esprimerlo solo così. Durante un concerto, attraverso la direzione d’orchestra, provo a trasmettere al pubblico quella determinata sensazione interiore da cui il brano stesso ha preso vita. La musica è “pericolosa” perché se ti avvicini troppo ti avvolge e non ti lascia più andare via: diventa una parte di te con cui coesistere.

Da Roma a Los Angeles, dal classico all’hiphop sinfonico: uno spirito libero che nella sperimentazione trova la sua casa: possiamo definirti così?
La ricerca è alla base della composizione; per ricercare, bisogna studiare approfonditamente il passato, quindi senza una buona preparazione tecnica non è possibile sperimentare. È il caso dell’Hiphop, un genere che ignoravo e che invece mi ha stimolato dal punto di vista creativo. Ho capito che l’hiphop è cultura ed è un genere in continua trasformazione. Mi piace in particolar modo quello della fine degli anni ’90, nato da una protesta sociale che ha lasciato un segno in America. Un modo di protestare per dei diritti violati che in pochi anni ha coinvolto milioni di persone.  L’Hiphop è lo specchio della cultura americana, in cui la contaminazione è alla base ed è proprio per questo motivo che è un genere molto adatto alla sperimentazione. La musica classica è l’opposto, fatta di schemi rigidi e armonie complesse (pensiamo alla musica sinfonica) ma paradossalmente questi due generi hanno molto in comune e si compensano a vicenda. Hybrid è un esperimento, una vera e propria provocazione per dimostrare che ci può essere un dialogo tra questi due generi molto complessi, ma soltanto quando si conoscono bene le regole si possono infrangere. Senza lo studio del passato non si può costruire il futuro.

Hai acceso i riflettori sulle donne musiciste: un’eccellenza da tutto il mondo con un’inusuale orchestra al femminile. Raccontaci il perché.
La creatività femminile è qualcosa di straordinario. La direzione d’orchestra e in particolare la composizione sono da sempre discipline maschili e questo è un peccato perché la donna musicista ha un modo di interpretare la musica molto particolare. Ho avuto modo di sperimentare tutto questo durante la registrazione del mio nuovo album Hybrid; in studio mi sono confrontato con la mia prima viola (Carolina Leon Paez) alla quale ho affidato la registrazione di un brano: abbiamo avuto un confronto artistico importante che ha dato dei risultati ottimi, idee diverse da quelle che avevo in mente, ma interessanti. Questo dialogo è stato vincente: ha permesso al brano di rafforzarsi dal punto di vista “emotivo”. Da qui l’idea di continuare con questa esperienza anche nei Live e per queste due date italiane: Milano, 4 dicembre 2018 e Roma, 1 gennaio 2019. Il concerto si aprirà con donne musiciste sul palco con Carolina che dirigerà il primo brano.  In futuro mi piacerebbe assistere a concerti classici/contemporanei in cui due direttori (uomo/donna) si alternano: sono sicuro che questo darebbe quel quid in più al concerto. Due diverse interpretazioni, magari dello stesso compositore e due diversi modi di far vivere un brano scritto sullo spartito.

È da poco uscito “Hybrid” un nuovo progetto e anche un nuovo spettacolo che ti vedrà il 4  dicembre al Teatro dal Verme a Milano e poi il 1 Gennaio 2019 a Roma all’Auditorium Parco della Musica. Sei sempre in fermento: dove trovi tanta energia creativa?
La ricerca è fatta di stimoli. Lo studio dell’Hiphop americano, grazie anche all’aiuto di musicisti di grande valore che lavorano in quel settore, mi ha trasmesso nuove idee: ho sviluppato ulteriormente questo concetto di contaminazione che era vivo in me ma non ancora definito. Da queste basi sono nati due brani che sono nel disco: Hybrid e Reflections, in cui il beat e la parte elettronica dialogano con l’orchestra. Un lavoro non semplice perché la musica classica (e in particolare quella sinfonica) è molto ricca armonicamente e non ha bisogno di altre sonorità. Se andiamo però nella ricerca del particolare, un’orchestra sinfonica non è altro che un insieme di strumenti diversi che aspettano di suonare, considerando il beat e l’elettronica, elementi aggiuntivi all’orchestra, si possono avere dei margini di dialogo all’interno della composizione. Soltanto attraverso una scrittura contrappuntistica è possibile far coesistere tutti questi elementi insieme. Ecco perché la contaminazione presuppone una conoscenza specifica dei generi che si vogliono avvicinare.

Hai avuto una carriera piena di soddisfazioni, in cui hai avuto l’onore e l’onere di rappresentare l’Italia. Quali sono stati a emozionarti di più?
Ci sono stati degli episodi chiave in questi miei primi anni di carriera: il concerto alla Casa Bianca per gli Obama ed essere stato chiamato in giuria ai Grammy Awards a rappresentare l’Italia; devo però dire che l’incontro con Papa Francesco è stato qualcosa di unico, indescrivibile. L’emozione è stata forte nel sentire il suo abbraccio e le sue parole e la motivazione che mi ha dato è stata enorme. Ho provato ad esprimere questa sensazione con il Preludio per due violoncelli a lui dedicato.

Diciamo però che la forza di noi italiani in campo artistico è notevole; più vivo in America più mi rendo conto di quanto siamo forti, geniali e creativi! Spero di vedere presto altri artisti italiani esibirsi alla Casa Bianca e spero di ascoltare nuovamente la vera musica italiana, quella che abbiamo esportato in tutto il mondo e che oggi purtroppo non esiste più. I giovani musicisti emergenti sono troppo influenzati da tutto ciò che arriva da oltreoceano: troppe le canzoncine da radio, senz’anima e personalità.

Info: https://www.facebook.com/gciampimusic

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