Gaetano Liguori: La mia storia del jazz | Recensione Libro

copertina del libro di Gaetano Liguori, La mia storia del jazz

Esce per Jaca Book La mia storia del jazz, quasi un romanzo storico per il pianista milanese Gaetano Liguori.

copertina del libro di Gaetano Liguori, La mia storia del jazz
Gaetano Liguori, La mia storia del jazz

«La mia storia del jazz prende forma durante i tanti concerti tenuti negli anni Settanta, durante i quali mi ritrovavo spesso a esibirmi per un pubblico che il jazz non l’aveva mai ascoltato. Nasce proprio da lì l’idea di proporre una sorta di storia a puntate di questa musica, ognuna delle quali chiusa da un concerto». Così Gaetano Liguori esordisce in una recente presentazione milanese del suo volume, pubblicato da Jaca Book.

La mia storia del jazz. Salta subito all’occhio quell’aggettivo possessivo, tre lettere che puntano immediatamente a differenziare questa da tante altre retrospettive sul jazz. Un racconto quanto mai personale, che si snoda lungo cinquant’anni di carriera, «più i trenta di mio padre, batterista, e di mio zio che suonava con Carosone».

Jazzista con animo rock (Di Cioccio dixit), musicista e insegnante appassionato, Liguori sviluppa una trama in cui il personale si armonizza con il pubblico e con il politico, seguendo la stessa altalena di tensione e risoluzione tipica di questa forma espressiva. Dall’idea, tradizionalmente diffusa presso la platea italiana, di jazz come «musica di nicchia, essenzialmente borghese» alla riscoperta delle sue radici africane, cui si lega l’urgenza rivoluzionaria degli anni Sessanta-Settanta.

Un’urgenza che investe in prima persona Gaetano, le cui posizioni radicali guadagnano il proscenio in uno dei decenni più densi della storia culturale italiana ed europea: in questa commistione di pubblico e privato, La mia storia del jazz parte dalle note di Thelonious Monk che accompagnano il ragù della domenica — rito inderogabile per chiunque, come Liguori, abbia origini napoletane — fino ad arrivare all’impegno politico che fa di quella musica uno strumento rivoluzionario. «Il mio mitra è un contrabbasso», cantava Stratos in quegli stessi anni: l’arma di Gaetano, altrettanto pacifica eppure dirompente, ha tasti bianchi e neri.

«Ero un musicista militante», ricorda, «l’unica differenza rispetto ai miei coetanei era che alla fine della manifestazione salivo sul palco e suonavo il pianoforte». La musica, per Liguori, è esigenza non soltanto artistica ed espressiva, ma anche sociale: «Volevo avere un ruolo in quello che succedeva a Milano in quell’epoca, e questo vale ancora adesso», ha dichiarato in una recente intervista a Rolling Stone. «Questo atteggiamento mi ha dato anche dei vantaggi: ho suonato a Verona prima di Miles Davis nel 1973 perché ero giovane e avevo una certa strafottenza e temerarietà. Se fossi stato più conformista non mi avrebbero chiamato».

Come un film interamente girato in soggettiva, La mia storia del jazz riesce, in molte delle sue pagine migliori, a catturare l’atmosfera di un lungo pezzo di storia, delle sue dinamiche sociali e culturali, e dell’evoluzione dei linguaggi che le hanno espresse.

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