Dialettica dei generi: brevi considerazioni attorno a proprietà e funzioni dei generi musicali

I generi musicali: quali sono? Quanti sono? Ecco alcune brevi considerazioni attorno alle proprietà e alle funzioni dei generi musicali nell’articolo di Simone Bianco per capire a cosa servono e come si riconoscono…

Che cos’è un genere musicale? A cosa serve? Che cosa implica il genere nel discorso musicale? E Infine cosa distingue un genere dall’altro?
Effettivamente i generi musicali esistono sin dall’antichità, ma credere che non vi siano differenze ontologiche tra i generi di ieri e quelli di oggi è insostenibile; di fatto è avvenuto un cambiamento di prospettiva di non ignorabile considerazione.

Cos’è il Genere Musicale

Ma avanzando un punto alla volta, bisogna anzitutto definire cosa sia un genere musicale. Il che pone già un problema poiché un genere musicale non ha affatto una definizione univoca. Generalmente si può usare per indicare o un determinato tipo di sonorità, o un determinato tipo scrittura musicale, o ancora un preciso e ben delimitato insieme di forme e metodi consolidati per fare musica, oppure semplicemente può indicare la strumentazione o il contenuto retorico-prosaico della musica; comunque può indicare anche insiemi di vario tipo nati da combinazioni delle possibilità sopra-elencate.

Vi è comunque un punto in comune a tutte queste cose; sono tutte categorie musicali, le quali a loro volta si possono suddividere in tre grandi macro aree onnicomprensive.

Il Triangolo di Philip Tagg: i tre generi musicali principali

Philip Tagg musicologo

L’inventore della suddivisione dei generi musicali Philip Tagg

Parliamo dei tre generi principali della storia musicale; la musica colta, la musica popolare e la musica folklorica. Questa suddivisione (nota come triangolo assiomatico di Philip Tagg) è un primo modo di orientarsi nella galassia dei generi musicali poiché ipotizza tre punti cardine a cui spesso si fa riferimento.

Per esempio: la sinfonia, Il concerto, l’opera, il corale, la sonata, le soundtrack, lo strutturalismo, il minimalismo etc… sono tutti generi che fanno parte, nonostante le differenze d’ogni sorta, dell’ambito della musica colta poiché generalmente rientrano nell’ambito della musica scritta la quale richiede sin dall’antichità un istruzione musicale.

Di contro, generi come i canti popolari e le varie musiche etniche tramandate oralmente rientrano nella categoria folklorica poiché legate a un ambito musicale sociale e\o comunque legato ad abitudini e consuetudini locali scisse dall’estrosità creativa del singolo musicista che è qui visto come interprete della tradizione.

Tutti i generi che invece passano dal punk, al pop, al noise, alla polka, alla musica politicizzata etc… sono generi popolari nel senso che essi si approcciano a un mercato comune e si relazionano principalmente in rapporto a esso; questo rende questa categoria molto ampia e variabile poiché può contenere sia autori colti borderline sia musiche etniche elaborate\arrangiate secondo il gusto del pubblico e le ricerche di mercato.

A cosa servono i Generi Musicali?

Ovviamente il triangolo di Tagg ha dei grossi limiti; il problema principale consiste nel fatto che considera la musica ancora nel modo tradizionale, ovvero dove sono la forma e la strumentazione a fare la differenza. Di fatto si parla in fatti di brani scritti, non scritti, variabili secondo movimenti-periodi o gusto-mercato etc… In realtà se si approfondisce un po’ l’argomento sarà facile accorgersi in breve tempo come:

1) anticamente i generi musicali servivano a indicare cosa si stava per ascoltare (quartetto, sinfonia, valzer, mazurca, aria, sonata etc…) mentre oggi i generi musicali indicano anche il tipo di sonorità che si pone all’orecchio (metal, elettronica, dub, trap, ambient etc…) ovvero, eccettuati casi molto particolari come la musica da ballo che ha necessità pratiche, il genere non spiega più come è strutturata la musica e il discorso musicale ma ti indica come esso suoni o appaia all’ascolto.

Per esempio: mentre anticamente la sinfonia indicava una struttura in tre o quattro, raramente cinque, movimenti strutturati in un certo modo, oggi la sinfonia può essere tale anche solo in virtù del fatto che vi sia un orchestra sinfonica in partitura, un esempio fra tanti è il breve movimento sinfonico d’apertura di J. Goldsmith alla soundtrack del film Alien.

2) I generi musicali, oggi, spesso sono troppo generici e quindi al loro interno contengono altri generi musicali (così via ad infinitum) i cui confini sono sempre più labili e richiedono un orecchio allenato per coglierne la sottile differenza. A volte addirittura basta una venatura nazionale per rendere una musica, anche connotatissima, un genere a parte per gli ascoltatori. Prova di ciò ne è il boom di generi musicali apparsi all’improvviso (e tutt’ora in aumento) dagli anni ’50 a oggi (più di 300, senza contare che molti generi appaiono e poi non hanno seguito e altri a loro volta si ibridano tra loro creando potenziali indefiniti di connotazione e generazione).

Questi due punti riportano dunque alle domande iniziali: a cosa servono così tanti generi musicali? E come influiscono sul discorso musicale?

Adesso che è stato connotato cosa sia un genere musicale si può avanzare una risposta.

Come influiscono i generi sul discorso musicale

I generi musicali non servono solamente a distinguere un determinato tipo di musica da un altro, quanto più esso è un medium, poiché veicola all’ascoltatore, ancor prima dell’ascolto, tutta una serie di informazioni musicali inerenti a ciò che gli si pone davanti. Come ogni medium esso è autopoietico e se utilizzato con conoscenza genera nuove forme che lo sostituiranno in quanto medium*.

Questo rende chiara una questione ancora aperta, se un un autore prende della musica seriale dodecafonica e ci mette sotto un pattern House sta utilizzato due medium distinti per generarne un terzo, momentaneo e ibrido, il quale però non ha una valenza indipendente (poiché sempre serialismo dodecafonico e House sono). Mentre, se un autore crea della musica insolita e poi la nomina con un nome ben connotato (esempio fusion Jazz) essa non verrà riconosciuta come tale e si renderà presto necessaria una divisione da tal denominazione poiché l’ascoltatore ne ricava un senso di estraniamento tra ciò che gli comunica il medium e ciò che effettivamente sente.

Conclusioni

Concludendo bisogna affrontare un ultimo punto. Il genere in quanto medium plasma la cultura musicale, di fatto molti autori non hanno la più pallida idea di cosa sia la teoria musicale ma comunque sanno come comporre un determinato genere di musica (di solito molto ascoltato) e questo perché ogni genere musicale possiede elementi che lo rendono tale e che l’ascoltatore riconosce e sente come necessari al buon funzionamento del brano o della traccia etc…

Questo è un procedimento di apprendimento quasi orale dove ascoltando e riproducendo l’ascoltato si creano zone culturali definite dove le regole sono implicite e divengono esplicite solamente quando il medium inizia a cambiare troppo radicalmente dalla matrice originale, ed è così che a esempio nascono le divisione tra un genere madre Jazz e i suoi derivati, a volte anche molto differenti, come lo swing, il free, il fusion etc etc…

Questo panorama ovviamente è ancora in pieno sviluppo e ampliamento, tuttavia già oggi sono riscontrabili fenomeni di “specializzazione” nei vari settori musicali (a volte persino dei sottogeneri e dell’underground) e fenomeni di “eclettismo” tra gli stessi, il cosa comporterà ciò è ancora difficile dirlo.

A cura di
Simone Bianco
di http://aestheticresonancechord.blogspot.it/

*Niklas Luhmann, Introduzione alla teoria della società, Pensa multimedia editore s.r.l., 2014

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