Nafta è il nuovo disco di Giacomo Toni, un disco con tanto rock, fatto di personaggi e di provincia. Giacomo Toni lo racconta nell’intervista al Blog della Musica
C’è tanto rock dentro questo nuovo disco di Giacomo Toni. E al rock mi riferisco quando è l’anima che si denuda, che si mette in gioco senza regole e cliché, quando lo fa senza condizioni e patteggiamenti. Questo per me è il rock e in questo disco dal titolo Nafta viene fuori una rivoluzione personale, privata, a tratti segreta in una forma canzone randagia, dissonante, suonata dal vivo. Un disco di personaggi e di provincia che polverizza i dettami della canzone d’autore classica e rimescola il gioco secondo un stile che a dirla tutta ci sorprende nota dopo nota. E la chiusa del disco con questa morbidissima Inchiodato a un bar non dovrebbe stupire o mancare di incoerenza se d’improvviso si torna a guardare dritto negli occhi quel certo gusto francese di fare canzone d’autore nel più classico dei modi. Giacomo Toni dimostra così di saper parlare anche la lingua di tutti gli altri..
Citazioni… ma quante ce ne sono caro Giacomo Toni? Processo inevitabile o strategia artistica?
È più che altro un procedimento, usare la letteratura come strumento di lavoro per definire le frasi nel dettaglio. Più che citazioni vere e proprie sono delle ricerche terminologiche, più che allusioni di concetto sono frammenti di forma. Qualche parola qua e là presa da questo o quell’autore, mi da un certo gusto privato.
Letteratura e film… ma dal teatro? L’assurdo e Beckett un poco sembrano avere qualcosa in comune con te o sbaglio?
C’è uno spettacolo di Beckett che spesso mi viene in mente, “L’ultimo nastro di Krapp”, dove il protagonista utilizza come diario un registratore. Quando da vecchio ascolta una sua registrazione di trent’anni prima, dice a se stesso: -Come posso essere stato quel giovane idiota?-
È quello che mi dico quando ascolto i miei vecchi dischi.
Quanta verità c’è dietro i personaggi del tuo disco? Quanta illusione e quanta fantasia?
Delle volte parto da un dettaglio di una storia sentita o vissuta e poi sviluppo il testo fantasticando. Cè da dire che non mi considero molto dotato di fantasia quindi mi devo sporcare un po’ le mani, cercando di essere a contatto con gli ambienti che sto raccontando. Ma alla fine dei conti anche le cose vissute, quando son passate, diventano sempre più vaghe, la memoria fa già il suo sporco lavoro di romanza.
Secondo te c’è l’urgenza di tornare in provincia come a voler tornare alle origini delle cose vere, artigianali… reali?
Non saprei se in molti sentono questa spinta.
Senz’altro è quello che io mi sono sentito di fare. Ce n’è che son bravi magari a trovare argomenti poetici nell’omologazione estetica globale, io non ci sono mai riuscito. L’ammiccamento alla musica metropolitanista, poi, da provinciale con una marcata inflessione dialettale, che non sa dire la zeta, potrebbe sfiorare il ridicolo.
Per chiudere: dal vivo somigli al disco o è il disco che somiglia al tuo suono dal vivo?
La seconda che hai detto, credo…
Info: https://www.facebook.com/giacomotoni900band