Gianni Schicchi di Giacomo Puccini: storia e trama di una commedia di settime, dall’Inferno dantesco ai furbetti del quartierino…
Gianni Schicchi e la Grande Guerra. Autunno 1917, Caporetto. Al culmine della Grande Guerra, Giacomo Puccini era già all’apice del suo successo: Bohème, Tosca e Butterfly tra le altre. Ora si sta dedicando al progetto che diverrà il suo Trittico: Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi.
Gianni Schicchi falsario e dannato
Lo spunto di questo atto unico è tratto dal XXX canto dell’Inferno, in cui l’ombra smorta e nuda del falsario Gianni Schicchi corre a destra e a manca azzannando le altre anime al collo. Questa la condanna per i falsari di persona. L’episodio si trova quasi al termine del percorso agli inferi, il che significa che il crimine è dei peggiori, non molto lontano da Lucifero stesso!
La trama del Gianni Schicchi di Giacomo Puccini
Il ricco Buoso Donati è già spirato e i suoi parenti hanno in mente una sola cosa: l’eredità. Si vocifera che abbia lasciato tutto ai frati. Comincia così la corsa al testamento, che fatalmente si trova e conferma i sospetti. La rabbia comune viene interrotta dal giovane e ingenuo nipote Rinuccio: “C’è una persona sola che ci può aiutare, forse salvare: Gianni Schicchi”. È un cavaliere venuto dal contado, non un nobile possidente. Ed eccolo in scena con la figlia Lauretta. Pochi minuti e il furbo Schicchi scopre tutto. La “vecchia” Zita non acconsente al matrimonio dei due giovani innamorati, Lauretta e Rinuccio, così si scatena la “lotta tra classi”.
Lo Schicchi è offeso, ma Lauretta gli intona una di quelle ariette a cui probabilmente nessun padre potrebbe dire di no: O, mio babbino caro. Ecco che il Gianni, commosso, si adopera per trovare la soluzione che determinerà il suo destino, ma anche la sua fama. Si sostituisce al Buoso sotto le coperte, con qualche stratagemma riesce a far chiamare notaio e testimoni senza farli troppo avvicinare, così detta il nuovo testamento in favore di… non roviniamo la sorpresa a chi ancora non ha visto l’opera fino in fondo.
Puccini e il Gianni Schicchi
Come tratta Giacomo Puccini la vicenda? Vediamo alcuni temi. La scena funebre di apertura è un lento minore, sottolineato da appoggiature di seconda e ritmi sincopati, che diventano i sospiri dei “tristi” parenti. Il tema d’amore di Rinuccio e Lauretta è affidato ad armonie maggiori semplici, larghe, cantabili, elementi semplici come scale discendenti o ritmi “a cantilena”. Il momento di lotta tra Zita e Gianni è una energica esplosione in do minore, ricca di accenti in particolare sul quarto tempo. L’aspetto nuovo e interessante è il modo in cui Puccini tratta lo stratagemma, il finto testamento. Al contrario della fonte “infernale”, questo è armonizzato con accordi di settime di vario tipo che si muovono parallelamente, con ritmi di cantilena, quasi di filastrocca. Divertente.
Gianni Schicchi e l’Italia
Insomma, quello che Puccini evidenza del falso testamento è il suo aspetto “comico”, la furberia, l’astuzia. Non l’aspetto infernale (più del Tabarro), non l’aspetto divino (protagonista in Suor Angelica) quanto l’aspetto “purgatoriale” secondo il quale alla fine si dice “se vi siete divertiti, concedetemi voi… l’attenuante”.
Da tremendo falsario, scagliato quasi nel fondo dell’inferno, a simpatico furbetto, la figura di Gianni Schicchi rappresenta un po’ il passaggio dall’Italia delle origini (linguistiche e letterarie) e dei comuni medievali, all’Italia di oggi, con i suoi problemi di corruzione e condono?
A cura di Emanuele Mazzola
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