Un viaggio tra storia e fantascienza. Questo è il nuovo album del sassofonista senese Giovanni Benvenuti. Paolina and the Android, questo il titolo del disco, presentato in concerto al MetJazz di Prato. Dalle pagine di Blog della Musica il compositore e sassofonista ci racconta di questo viaggio musicale immaginifico e ricco di rimandi.
Ciao Giovanni Benvenuti, grazie di essere su Blog della Musica. Come è nato l’album Paolina and the Android?
Sono un musicista al quale piace, e viene naturale, mettersi a comporre per diversi organici ma da un po’ di tempo non avevo più un gruppo a mio nome. Ho sentito, quindi, l’esigenza di ricrearne uno per poter esprimere le mie idee musicali ed estetiche. Per cui, ho scritto questi sette brani, alcuni dei quali piuttosto complessi, e ho scelto tre musicisti che ero sicuro avrebbero realizzato al meglio ciò che avevo in mente. La cosa curiosa è che questi sette brani sono in realtà quattordici: ognuno, infatti, è nato scrivendo due brani totalmente diversi, sia come atmosfera che come struttura, facendoli scontrare insieme, fondendoli, come due personaggi di un film che si incontrano per caso e danno vita a una storia. Amo il rapporto tra narrazione e musica. Dopo molte prove, e un corposo tour estivo, siamo andati in studio come una band compatta e molto amalgamata, tanto che abbiamo registrato tutto il disco in un solo giorno.
Paolina and the Android è composto da sette tracce, tutte rigorosamente suonate oltre che da te anche da Giacomo Dal Pra, pianoforte, Francesco Pierotti, contrabbasso e Dario Rossi, batteria. Come sono strutturati i brani?
Ogni brano ha una propria struttura interna e ho cercato il più possibile di evitare rimandi a strutture musicali collaudate, quali la forma canzone o altro. Alcuni brani sono un unico flusso di coscienza compositivo privo di ritornelli e ripetizioni, altri invece hanno parti che si ripetono ma che cambiano impercettibilmente: può cambiare un accordo, il ritmo, la lunghezza di una battuta o altro. In generale, ho cercato di fare in modo che l’ascoltatore fosse costantemente stimolato, nascondendo variazioni e modifiche, così da stupirlo creando aspettative musicali che vengono volutamente disattese. Questo è un approccio che ho rubato dal Barocco, stile musicale che amo, nel quale i compositori giocavano con le aspettative musicali degli ascoltatori dell’epoca allo scopo di creare piccoli ma efficaci momenti di stupore.
Questo disco è una sorta di serie musicale, anziché televisiva, nella quale racconti in diversi episodi alcuni eventi. Qual è il filo rosso che li unisce?
In effetti, il disco in un certo senso è un concept album: i brani sono ispirati a diverse tematiche e idee ma hanno qualcosa che li unisce. Questo filo conduttore è il rapporto che unisce il passato e il futuro, due concetti apparentemente opposti ma fortemente legati. Il passato è il presupposto del futuro ma allo stesso tempo il vissuto futuro porta a una rielaborazione del passato che viene così visto con altri occhi. Quindi, il passato determina il futuro ma il futuro determina l’idea che abbiamo del passato. Questo tipo di riflessioni possono aiutarci a comprendere il presente.
Ad aprire questo tuo lavoro è “The dressed man” che riprende la teoria della scimmia nuda dell’etologo Desmond. Come mai hai preferito considerare l’essere umano come “un uomo vestito” invece di una “scimmia nuda” come lo studioso?
Il titolo è una velata e tutto sommato spiritosa polemica verso un atteggiamento riduzionistico nei confronti dell’uomo. A mio avviso la mente e l’intelligenza umana sono qualcosa di unico e che supera i limiti della realtà materiale, a prescindere dal fatto che si voglia credere o meno nell’anima e nella vita dopo la morte. Per cui non mi piace la riduzione alla mera essenza biologica fatta di sostanze chimiche, cellule, impulsi elettrici etc.. La vita per me non è semplicemente il funzionamento corretto di un corpo. Per cui anche se biologicamente non sono altro che una scimmia con pochi peli e qualche neurone in più io mi considero un uomo vestito, cioè un essere autocosciente e capace di autodeterminarsi.
Dei sette brani che danno vita a Paolina and the Android ce n’è uno nel quale emerge prepotentemente il tuo mondo musicale?
Ogni brano contiene elementi musicali che sono particolarmente importanti e significativi per me. Può essere un ritmo, un groove, una melodia o anche semplicemente un accordo. Dovendo però citare un brano soltanto però direi “The dressed man”. Il motivo risiede nel fatto che l’elemento che trovo essere più forte nella musica che amo, oltre puramente a un bel timbro strumentale, è la melodia, il lirismo nascosto in una successione di note. In questo brano la melodia, tutto sommato semplice e scorrevole, rende fruibile e quasi nascosta una struttura musicale estremamente complessa, fatta di successioni di accordi non convenzionali, una costruzione del brano che si modifica continuamente e di tempi dispari che cambiano di battuta in battuta. La melodia rende semplice anche ciò che è complesso.
Quali sono le tue influenze musicali? C’è qualche musicista che ti ha particolarmente ispirato?
I musicisti che mi hanno influenzato sono molti, anche perché prima che musicista sono un ascoltatore vorace e onnivoro. Ho iniziato da piccolo ad ascoltare funk, rock e progressive per passare quando facevo le medie al jazz, alla musica brasiliana e alla musica classica. Se dovessi dire però dei nomi in particolare direi per quanto riguarda l’aspetto compositivo Ravel, Beethoven, Bach, Duke Ellington, Steve Lehman, mentre per quanto riguarda l’aspetto del solismo sassofonistico sicuramente Mark Turner, Chris Potter, John Coltrane, Sonny Stitt e Lee Konitz. Cerco di non farmi influenzare dalle etichette stilistiche e di ascoltare tutto ciò che reputo interessante e di qualità. Questo si è tradotto nella mia tendenza a inserirmi in contesti musicali molto diversi e apparentemente inconciliabili come musicista.
Paolina and the Android ha le caratteristiche per essere suonato live, oltre alla tappa al MetJazz hai in mente un tour?
Si, in estate e anche oltre voglio portare questo progetto dal vivo il più possibile, anche perché dopo tanti mesi di stop forzato ne sento la necessità. Abbiamo molti concerti questa estate e invito a seguire la mia pagina Facebook Giovanni Benvenuti Music per rimanere aggiornati sui prossimi concerti.
Ascolta The Dressed Man di Giovanni Benvenuti
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