Giulio Larovere è un cantautore e improvvisatore teatrale milanese. Il suo più recente lavoro è il concept album Road Sweet Home che prendendo spunto dal libro autobiografico dello statunitense John Knewock ne racconta la vita tra amore, amicizie e tipiche ma mai scontate storie da hippie anni ’70. Road Sweet Home, con le sue sonorità new folk di stampo cantautorale, ci riporta indietro nel tempo, grazie anche ad una produzione curata nei minimi dettagli e all’utilizzo di strumentazione analogica. Larovere dimostra notevole padronanza delle sue doti vocali, che in Road Sweet Home cantano perfettamente la malinconia della vita di John. Abbiamo incontrato virtualmente Giulio Larovere per parlare di questo e di molto altro.
Benvenuto a Giulio Larovere su Blog della Musica. Il tuo ultimo album, Road Sweet Home, è la traduzione in musica del diario divenuto libro di John Knewock. Come mai questa idea?
Ho ascoltato la storia di John a casa di Paola, una mia compagna di teatro. Alla fine della giornata passata in sua compagnia, mi ha affidato questo libro che io custodisco gelosamente (il diario di John è stato stampato in pochissime copie). Leggerlo mi è stato di grandissima ispirazione.
John ha amato la vita, la libertà e l’Amore e sono certo che il suo diario sia arrivato nella mia vita per trasmettermi il suo pensiero riguardo a questi grandi concetti. Spero di poterne comprendere pienamente il significato e di spronare altre persone a farlo. Nulla accade per caso.
Road Sweet Home è una raccolta di avventure e momenti “on the road” vissuti proprio da John. Cosa accomuna la sua vita e la tua?
Siamo entrambi due sognatori, questo è quello che sento. L’amore per la vita, la libertà e per l’Amore stesso sono le cose che ci legano maggiormente anche se, a differenza sua, io non ho avuto il coraggio di lasciare casa dei miei a 20 anni per seguire la mia strada. Erano altri tempi, altre circostanze e un altro “mondo” rispetto a quello odierno. Nel mio piccolo però, anch’io a 38 anni ho lasciato il mio lavoro, il mio stipendio sicuro e tanti privilegi e ho preso coraggio di percorrere il mio cammino. Non è ancora tempo di fare bilanci (anche lui li ha fatti ad età più avanzata) e mi auguro di potermi guardare indietro con orgoglio e compassione, come ha fatto lui prima di lasciarci.
Del disco ci ha colpito l’incredibile lavoro di produzione. Con chi e in che modo sei arrivato ad un risultato tanto eccellente?
Intanto grazie per il complimento. Fa piacere quando qualcuno riconosce il lavoro che c’è dietro ad un disco di questo tipo. Per la pre-produzione ho pensato subito a Giuliano Dottori, amico cantautore e produttore. Avevo già collaborato con lui per il mio primo EP e, immaginando gli Stati Uniti di quel periodo, mi sono venuti in mente tanti artisti che entrambi amiamo. Di Giuliano mi piacciono le idee e il modo di suonare e di immergersi e di immedesimarsi nelle canzoni. Ha ascoltato i “provini” registrati sul mio cellulare e, canzone per canzone, abbiamo cucito insieme nel suo JACUZI STUDIO quello che ora è un disco di cui vado orgoglioso.
Senza poi l’aiuto di Larsen Premoli e del suo staff in RECLAB STUDIOS non sarebbe stato possibile, per un indipendente, permettersi una produzione del genere. Ho fatto ascoltare a Larsen le pre-produzioni e lui, entusiasta, ha messo a completa disposizione tutta la strumentazione presente nel suo studio… tutta roba originale anni ’60-’70 che è stata microfonata con cura e dedizione e che sarebbe stato molto difficile, oltre che esageratamente costoso, reperire e noleggiare. Le parole scritte nel diario (che sembravano scritte apposta per essere musicate) e gli anni e i luoghi nei quali sono state scritte, potevano dare il loro meglio solo ricreando questo tipo di atmosfera.
Quanto ci hai messo ad arrivare alla versione definitiva delle canzoni? Dal leggere le parole di John al disco finito immaginiamo sia stato un lavoro articolato.
I brani di questo disco sono usciti in due notti, esattamente il 4 e 5 Febbraio del 2020, nel silenzio della mia casa, catturati nella loro versione più scarna, chitarra e voce, cantando sottovoce per non svegliare i vicini e registrando tutto sul mio telefono. Affrontando le difficoltà di incontrarsi a causa delle restrizioni, io e Giuliano Dottori siamo riusciti a terminare le pre-produzioni a Giugno. A fine Agosto abbiamo iniziato a registrare i brani in RECLAB da Larsen Premoli e abbiamo terminato il 5 Ottobre del 2020, esattamente a 5 anni esatti dalla morte di John. Mi vengono i brividi ogni volta che ci penso! Sono venuti anche a voi vero?
C’è un brano che preferisci tra tutti quelli che compongono la tracklist del disco?
Non riesco ancora a decidere tra Like the winds e Wind cry, la canzone che chiude l’album. Nella prima, John parla di una ragazza di cui si era innamorato e si rende conto che, malgrado l’amore che provasse per lei, il suo desiderio e la sua indole di essere libero, non creare legami, viaggiare e spostarsi, fossero comunque più forti. Sente di non avere una direzione definita, proprio come il vento.
Nella seconda, scritta durante una lunghissima attesa prima di imbarcarsi su una nave mercantile, dice “io sono solo un viaggiatore, io sono solo un uomo”, realizzando che nella sua vita non si è mai potuto fermare, ha sempre dovuto salutare tutti i suoi amici, lasciare tutti i suoi cari, inevitabilmente pensando che prima o poi invecchierà e morirà, interrogandosi sul suo destino.
Sono entrambe canzoni che mi toccano profondamente per il messaggio che trasmettono e per le melodie che abbiamo creato. Quando le ascolto, ripercorro tutto il viaggio fatto fin qui e mi commuovo ogni volta.
Sei anche un attore e ti cimenti spesso nell’arte dell’improvvisazione. E se Road Sweet Home diventasse anche uno spettacolo teatrale?
La vostra domanda ha acceso una grandissima lampadina. Sarebbe bello trasformarlo in un musical. La storia c’è, la musica pure. Manca solo un produttore! Ho avuto la fortuna di lavorare come musicista per lo spettacolo Caveman con Maurizio Colombi e, in quel periodo ho incrociato Claudio Trotta (oggi fresco di Ambrogino D’Oro).
Senza pretese così grandi ma, se ci fosse qualcuno all’ascolto che volesse intraprendere quest’avventura per essere pronti a portarla nei Teatri quando riapriranno, io ne sarei entusiasta.
Sognare in grande non costa nulla e si muove sempre qualcosa!
Grazie a tutti voi per questo spazio e buona vita.
Ricambiamo l’augurio a te Giulio Larovere. A presto.
Ascolta il disco Road Sweet Home di Giulio Larovere su Spotify
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