Medico e cantautore Giuseppe Novelli torna con un nuovo disco pubblicato dalla INTERBEAT di Roma dal titolo Alti e colorati. Blog della Musica ha incontrato l’Autore per una intervista
Un suono pop rock per Giuseppe Novelli come nella più alta delle tradizioni italiane dove semplicità e ricerca delle melodie diventa un tutt’uno con lo spirito cantautorale che per anni ha contaminato generazioni di chi viveva la transizione dall’impegno sociale voce e chitarra alla leggerezza delle distorsioni che facevano il verso ai grandi suoni americani.
Una lunga via di mezzo che in questo disco viene celebrata anche da un mix gustoso in cui i suoni sono educati e funzionali a rendere a pieno tutti i colori di questo lavoro. E Novelli parla della vita nelle sfumature dei sogni, nelle maschere che indossiamo, in qualche fatto di cronaca come la bellissima Come posso o nei cambiamenti di vita assieme come in Where We Go?, unica traccia in cui si lancia in un canto inglese che gli dona molto equilibrio. In rete il video ufficiale del singolo title track del disco.
Torna l’amore ad ispirare la scrittura di un cantautore. Cos’è per te l’amore?
Domandona difficilissima, non lo so!! Potrei provare a definire l’amore come quell’energia che passa attraverso i nostri sensi ma che viene da lontano, che piega la ragione ed il sentimentalismo. È un po’ come se noi fossimo vecchie lampadine e l’amore quell’elettricità che ci fa accendere, solo così ci rendiamo conto della ragione della nostra esistenza.
Un giorno qualcuno mi disse che anche nel fare mestieri più tradizionali e meno spirituali ci vuole arte. Secondo te? Ti senti artista quando fai il medico?
Se essere artisti è spingersi in modo estroso oltre canoni predefiniti allora auguro ad ogni paziente di non incontrare mai un medico artista. Se però l’arte medica è intesa come il saper miscelare conoscenza, esperienza ed empatia allora si, è in effetti la figura medica che provo a diventare ogni giorno.
In questo lavoro c’è anche forte quel mood di storyteller però con un appiglio più fanciullesco e romanzato. Un modo per restare ancora nell’ambito dei sogni da coccolare?
I sogni non appartengono solo ai bambini, anzi col passare dell’età aumentano perché aumenta la consapevolezza delle nostre capacità quindi siamo più in grado di prefiggerci traguardi raggiungibili – sogni – per l’appunto. Quello che definisci appiglio fanciullesco in effetti è qualcosa che non mi ha mai lasciato, affrontare le vicende con leggerezza è un modo per metabolizzarle
Sposi anche l’inglese come lingua narrante… perché?
Ti riferisci a Where do we go?, l’unico brano in inglese dell’album. E’ nata così, si tratta di una “ballata” quasi folk che mi è uscita dalle mani così, il testo in inglese è stato una prova, ho deciso di trattenere la spontaneità con cui è arrivata. Spero piaccia.
Bel rock nell’ultima canzone Divise. Forse il momento più sociale del disco… come gestisci e come celebri la tua necessità, se ne hai, di raccontare la società che ti circonda?
Scrivere una canzone sulle divise è come scrivere di noi, che ci sentiamo tanto diversi solo perché abbiamo abiti diversi. Alla fine, dopo il turno, quando si torna a casa, spesso ripetiamo gli stessi gesti e di sicuro cerchiamo tutti la stessa cosa, riposo, calore umano, amore. In fondo non siamo poi così diversi come crediamo di essere. Ho più che necessità di raccontare la società, mi servo della musica per elaborare ciò che mi circonda, a volte per esorcizzare realtà troppo crude. Per questo la musica per me è un’esigenza, è il filtro che metto tra me e il mondo per cercare di interpretarlo.
Giuseppe Novelli medico: immagino con facilità dove arriva ogni soddisfazione di quel mestiere. Ma oggi, parlando d’arte e cultura, vista la grande crisi e la grande superficialità che gli viene restituita, dove prendi il senso di pubblicare dischi e di essere pubblicamente un cantautore?
Fare il cantautore è una missione, un po’ come fare il medico. Se hai qualcosa di dire, che può spingere qualcuno a riflettere, che può fare compagnia a qualcun altro, allora devi dirlo, scriverlo, cantarlo, dipingerlo scolpirlo…. Se chi fa musica per passione smette di farlo per via della superficialità e delle esigenze del mercato allora abbiamo tutti una speranza in meno. La superficialità mi spaventa e purtroppo domina in tutti i campi. Chi se ne rende conto però ha un dovere nei confronti della comunità. Il dovere di contrastarla con i propri mezzi. Ci sono tanti cantautori eccellenti, moltissimi scrittori, la cultura non è morta e chi si interroga sulle ragioni della vita ha sempre più spunti. Ho fiducia nel futuro, presto si accorgeranno che leggerezza e superficialità non sono la stessa cosa..
Info: https://www.facebook.com/GiuseppeNovellicantautore/