INTERVISTA | GUARANY fuori col primo singolo Indie-Pop per Street Label Records

GUARANY, giovane artista di Roma, racconta in questa intervista il suo percorso artistico. Come ha iniziato con la musica, l’importanza della Nonna come promotrice di tutto, l’incontro col pianoforte, con la chitarra, con il concetto di band e il suo debutto con l’etichetta Street Label Records con la quale propone il suo primo singolo La tua parte sottile. Il brano, tipicamente indie-pop, è disponibile negli store digitali più famosi e si prepara ad essere, molto probabilmente, il primo di una lunga serie di progetti firmati dall’artista.

Ciao GUARANY e benvenuto! Come hai iniziato con la musica?
Il primissimo approccio con la musica che riesco a ricordare è stato quando ero molto piccolo, non ricordo l’età, avrò avuto più o meno quattro o cinque anni, e mia Nonna mi regalò una mini chitarra perché aveva visto che osservavo affascinato mia zia che molto spesso mi suonava “Bocca di rosa” e “La guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè; non proprio due canzoni adatte per un bambino, ma quel suono mi rapiva davvero. A parte gli scherzi, il primo vero incontro con la musica non è stato del tutto idilliaco, perché, sempre mia Nonna, all’età di otto anni, regalò un pianoforte a me e mia sorella ed i nostri genitori ci costrinsero a prendere lezioni da una professoressa che, diciamola così, non ci fece propriamente amare lo strumento e dopo quattro anni di lezioni, lasciammo perdere, avendo ad ogni modo acquisito molto dal punto di vista teorico. Nel mentre avevo ricevuto in regalo il disco “By the way” dei Red Hot Chili Peppers, il piano non era proprio il primo strumento a cui pensavo.

La vera folgorazione l’ho avuta a quattordici anni, come molti, quando il primo giorno di liceo, il mio compagno di banco si presentò in classe con la gigantografia di Jimy Page appiccicata sul diario; all’epoca avevo una chitarra che mia Nonna, si c’è sempre il suo zampino, mi aveva regalato anni prima, ma che aveva preso molta polvere memore dell’esperienza precedente. Vedendo il mio compagno di banco che aveva una piccola band, è cresciuta in me quella voglia di prendere parte anche io a qualcosa di così bello; diciamo che quella sana voglia di essere incluso, che ha ogni adolescente, ed il colpo di fulmine con il mondo del rock in generale, hanno generato il mio fortissimo attaccamento alla musica. Nella mia vita ero stato sempre il secondo, se non l’ultimo in tutto, in quel momento ho capito che nella musica non c’è una classifica, ma te e le tue sensazioni e emozioni, punto. Quello era il mio posto.

Quali strumenti suoni adesso?
Il mio strumento è la chitarra, anche perché è l’unico che posso dire di aver studiato veramente; mi piace definirmi davvero un fanatico dell’oggetto; passo ore su siti di strumenti a osservare e studiare i vari modelli. Premetto non sono un fenomeno della chitarra, ma la sento mia, fa parte di me. Ovviamente come ogni chitarrista, so mettere le mani su un basso, qualche giro lo so fare, ma non mi definirei mai un bassista. Stessa cosa per il pianoforte, avendolo studiato, anche se ero molto piccolo, ricordo molto ma ho completamente perso la cosiddetta “pratica” sullo strumento. Per il resto, come ogni autore, mi arrangio, soprattutto quando scrivo e devo ad esempio provare una batteria su un pezzo, ascolto qualche reference e da lì butto giù qualcosa, ma penso sia una pratica comune di tutti quelli come me che scrivono canzoni ma hanno studiato uno strumento specifico. Chi sa suonare uno strumento e ascolta tanta musica, alla fine sviluppa per forza di cose un orecchio tale da poter mettere le mani anche su altri strumenti senza averli necessariamente studiati.

Il tuo percorso musicale invece come si è evoluto nel tempo? Hai iniziato da solo o eri in una band?
Come ho anticipato il concetto di band mi ha sempre affascinato, proprio per quel senso di aggregazione e di sensibilità che si crea tra vari membri di una band; ho sempre avuto bisogno di non sentirmi solo e la musica e le band di cui ho fatto parte sono state, per tutta la mia vita, il mio porto sicuro. Purtroppo però, come in ogni famiglia, quell’intimità che si viene a creare in una band può portare anche a dissapori e rotture, cosa che purtroppo mi è successa. La prima band che ho avuto era lo specchio di ogni bella storia rock che si rispetti, quattro ragazzi compagni di liceo che si divertono da morire ad urlare su un palco; è durata anche parecchio, ma c’era il piccolo dettaglio che non eravamo bravi, anzi pessimi, però ci divertivamo da matti e questo piaceva molto a chi ci guardava. Questa cosa mi è rimasta, la musica deve essere divertimento, prima di ogni altra cosa. Successivamente ho formato un’altra band che non era per niente male, insieme a mio cugino e un membro della vecchia band, siamo durati tre anni di prove estenuanti per essere perfetti. Dopo il primo concerto mio cugino partì per l’Erasmus e tutto finì, proprio come le storie d’amore quando uno dei due parte per l’esperienza all’estero. Ora mi sono trovato in un periodo della mia vita in cui ho preso molta consapevolezza delle mie capacità e possibilità e forse è ora di superare quella necessità di avere qualcuno al proprio fianco, sono pieno di persone che mi vogliono bene nella mia vita non deve essere più la musica a darmi questo, ora è arrivato il momento di restituire qualcosa di mio alla musica.

Il nome artistico GUARANY invece da dove deriva?
Può sembrare strano ma GUARANY è il mio cognome, pronunciato precisamente come Guaranì. Questo cognome mi ha perseguitato per tutta la mia vita. Ricordo ancora mio Nonno, grande appassionato di storia che ricostruì l’intera storia della famiglia fino al 1400, che non perdeva mai occasione di ricordarmi le nobili origini del mio cognome e della nostra famiglia. D’altra parte invece avevo una schiera di ragazzini che mi prendevano in giro per questo cognome che sicuramente risulta parecchio strano, complici anche tutti gli insegnanti che non sapevano leggerlo, giuro che in diciotto anni di scuola e cinque di università non c’è stato mezzo appello che sia andato a buon fine. Ora però, siccome ho deciso di mettermi in gioco e mettere a nudo me stesso, mi sono detto che non c’era nome migliore che il mio per presentare il progetto.

In questi giorni è uscito il tuo primo singolo per Street Label Records. Come è nata la vostra collaborazione?
Intanto ci tengo tantissimo a ringraziare i ragazzi della Street Label Records che mi hanno accolto nella loro squadra. Ho sempre scritto tanto in vita mia e questa estate ho deciso di portare i miei pezzi in uno studio professionale scegliendo Impronte Records, studio a cui sono particolarmente affezionato e legato per il forte legame con i titolari Claudio e Flavio Zampa con cui ho anche arrangiato i miei pezzi. Dopodiché ho scelto delle etichette per far ascoltare i miei pezzi tra cui proprio la Street Label Records, che, oltre ad avermi fatto un’ottima impressione sulla proposta (mai scontato in quest’epoca della musica!) mi hanno affascinato per il loro approccio genuino e sincero sia nei miei confronti che nei confronti della musica; è raro trovare oggi persone così in questo ambiente ed ora sono più felice che mai di far parte di questa realtà. Spero davvero di non deluderli.

Mi parli un po’ del pezzo?
“La Tua Parte Sottile” parla, senza giri di parole, di una storia d’amore, una storia d’amore vera e reale; il pezzo è dedicato alla mia prima fan da sempre e non solo nella musica; avete presente quello che dicevo prima sul mio bisogno di essere parte di qualcosa di bello? Ecco non mi serve la musica per esserlo. Ogni parola del testo si riferisce ad attimi di vita vissuta ma che, nello scriverli, ho cercato il modo di farli arrivare e vivere a chiunque ascolti il pezzo. Vorrei che, anche se è un pezzo molto personale, ognuno si possa ritrovare e riflettere nelle parole e nella musica che ti trasporta in un vortice di sensazioni che sfoga nel ritornello. Il titolo si riferisce a tutte quelle spigolature e particolarità di una persona che ognuno può ritrovare e riconoscere in ogni individuo ed apprezzandole si riesce a scoprire sempre le due più grandi emozioni che conosciamo, l’amore e l’amicizia. Ricordo bene quando ho trovato l’ispirazione, è stato un momento in cui avevo avuto una giornata un po’ storta e pensando alla sera prima mi è scappato un sorriso completamente fuori contesto e da lì nel giro di un’ora ho buttato giù il testo. Premesso poi che secondo me è una canzone che potrebbe continuare all’infinito con nuovi aneddoti, ma è tutto materiale per il futuro. C’è anche molto di me nel pezzo, al di fuori della storia d’amore, soprattutto nella musica e nei suoni; essendo il mio primo singolo, ho voluto inserire tutto quello che mi riguarda dal punto di vista degli ascolti; chitarre elettriche distorte al punto giusto legate al forte amore che ho sia per lo strumento sia per la musica rock e le sue sfaccettature, bassi decisi perché mi piace sempre dare quel tocco di spolverata ai miei pezzi e infine i synth che ti danno quel bel senso di spensieratezza che piace un po’ a tutti ascoltando la musica tipo il venerdì pomeriggio quando esci dal lavoro.

Come mai hai deciso di uscire con questo singolo in particolare? Si tratta di un progetto a sé stante o farà parte di un disco?
Il percorso è stato inverso dal solito. Vale a dire che quando ho scritto “La tua parte sottile” avevo già parecchi pezzi scritti, ma già sapevo che mi piaceva da morire e avrebbe avuto un significato particolare; uscivo da un momento difficile della mia vita, lo definirei di sbandamento, ed il ritornello del pezzo in particolare mi dava un certo senso di libertà che da subito ho capito che sarebbe stato il mio biglietto da visita e i ragazzi della Street Label Records sono stati d’accordo, anche per questo li ringrazio davvero. GUARANY e “La Tua Parte Sottile” è solo l’inizio, ho davvero tanti pezzi in cantiere di cui alcuni già pronti per l’uscita. Il mio sogno sarebbe fare un album ma diciamo che oggi non sembra essere più l’era per queste cose. Per ora non faccio questo tipo di progetti, non è ancora il momento, per ora voglio solo godermi la mia musica e divertirmi.

Come vive oggi Roma, e in generale l’area circostante di Roma, l’Indie?
Domanda da un fantastiglione di dollari. Sull’argomento potrei essere pedissequo ma cercherò di riassumere il mio pensiero contorto. Fino a qualche anno fa, parliamo dal 2012 fino al 2018, Roma è stato il centro nevralgico della nascita dell’Indie, odio profondamente questa parola, preferisco parlare di musica underground, ovvero quella che si fa nei club e non nei palazzetti, e Roma ne era piena. C’è stato un momento in cui si faceva gara a chi conosceva l’artista più sconosciuto. Come ogni cosa c’è un lato positivo ed uno negativo; per prima cosa musicisti che prima venivano messi in secondo piano rispetto al mainstream (cit) hanno avuto la visibilità per arrivare a suonare in contesti davvero impensabili fino a nemmeno cinque anni prima, elevando molto di più la qualità sia della musica mainstream, ma anche educando molto di più l’orecchio dell’ascoltatore. D’altra parte però, per farla breve, al treno si sono attaccati anche prodotti di dubbio gusto e qualità ed è aumentato a dismisura il numero di persone e contesti che parlano di musica senza piena cognizione di causa. Ora c’è una forte saturazione del mercato musicale in Italia. Devo dire però che ciò è accaduto anche negli anni novanta, settanta e via dicendo; l’unica differenza che le generazioni di allora non avevano Instagram, Tik Tok o Twicth per constatarlo. Tutto è ciclico anche l’industria musicale. Almeno questo è il mio punto di vista.

E con il Covid cosa è cambiato per la musica?
Con il Covid ancora non è cambiato nulla secondo me. Mi spiego. Un anno fa ci è arrivata questa mazzata tra capo e collo e per mesi e mesi non abbiamo saputo cosa fare se non scrivere tanto e tanto. Poi è arrivata l’estate con l’infinita incertezza su che tipo di eventi si potessero organizzare; sono venute fuori realtà anche carine ed interessanti, altre che esistevano prima hanno saputo adattarsi e resistere. Poi di nuovo il nulla. Non parlerò delle disposizioni, non mi compete, mi limito ad esternare la mia tristezza nel non poter andare ad un concerto o farne uno. Ora vi è l’incertezza più totale, con molti artisti che sfruttano il momento per incidere ed altri che provano ad affidarsi a Twitch per farsi ascoltare. Penso che non cambierà molto quando questo virus ci darà tregua, ma ci sarà solo più consapevolezza della precarietà di questo tipo di mestiere, ma che in fondo è anche la cosa che lo rende così affascinante, chi lo fa lo fa per sola e pura passione e forse ci saranno molti più sorrisi di prima nell’industria musicale, se così si può dire.

Dove ti vedi fra dieci anni?
Bella domanda. Le persone che ho intorno dicono che sono il 28enne con le idee più chiare al mondo. Ho una persona che mi vuole bene affianco e nella vita cerco sempre di vedere che il bicchiere e anche mezzo pieno oltre che mezzo vuoto. Questa è la forza che mi permette di pensare che magari tra dieci anni avrò pubblicato tre dischi o che magari farò un lavoro che mi permetterà di dormire tranquillo la sera. Sono sicuramente certo che sarà al fianco di persone che mi vogliono bene, di questo ne sono certo e mi basta. Ah e ovviamente non smetterò di suonare, questo è fondamentale.

Ascolta il singolo

Social e Contatti

  • Facebook: https://www.facebook.com/gabriele.guarany
  • Website: https://www.streetlabelrecords.com/

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