“Il mio canto libero” di Lucio Battisti: l’album del 1972 che cambiò definitivamente la musica pop italiana

Dopo Umanamente uomo: il sogno, il nostro viaggio nell’universo battistiano prosegue con il secondo album pubblicato nel 1972, uno dei dischi più belli in assoluto della musica pop: Il mio canto libero di Lucio Battisti. Questo album mostra un nuovo modo di scrivere le canzoni, scevre dalle logiche commerciali del momento. Da allora, ogni nuovo disco di Battisti diventò un evento a cui pochi riuscivano a sottrarsi, tanto che davanti ai negozi di dischi c’era la fila di ragazzi nel giorno dell’uscita. Io ero uno di quelli.

Il mio canto libero è il settimo album in studio di Lucio Battisti, (arriva dopo Umanamente uomo: il sogno) uscito nel novembre 1972 per la Numero Uno. In questo lavoro, Battisti appare melodicamente molto ispirato. Ci sono almeno quattro temi musicali degni delle migliori soundtracks cinematografiche. Qui cito ad esempio solo i ritornelli di Vento nel vento e di Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi, esempi di grande melodia della tradizione italiana. Ancora una volta, il mix tra tradizione e modernità mostra la sua capacità di sintesi musicale.

La storia del disco Il mio canto libero

Anche questo album, come gran parte della produzione di Battisti, contiene molti brani diventati classici della canzone italiana, basti citare: Il mio canto libero, Vento nel vento, Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi e La luce dell’Est. Rispetto al precedente lavoro, qui gli arrangiamenti diventano maggiormente sinfonici, come a voler sottolineare i testi carichi di significati di Giulio Mogol Rapetti. Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una scelta originale, molto poco frequente nella musica pop italiana degli anni ’60 e dei primi ‘70. I cantautori usavano arrangiamenti molto essenziali, mentre il progressive rock con Genesis e Pink Floyd apriva a soluzioni sinfoniche. Lucio assorbiva tutte le esperienze, vecchie e nuove, che il panorama internazionale gli offriva, facendole sue. Devo ripetere quanto già detto nel precedente articolo: Battisti assomiglia solo a Battisti.

Le otto tracce dell’album

Tutte le canzoni dell’album sono state scritte da Mogol per i testi e da Battisti per le musiche, ma descriviamole una per una. 

La luce dell’Est

Il retro del disco "Il mio canto libero" di Lucio Battisti
Il retro del disco “Il mio canto libero” di Lucio Battisti

Questo è uno dei brani più belli dell’intera produzione Battisti/Mogol, con un testo struggente che si muove tra presente e passato, tra l’amore di oggi e il ricordo di un amore andato. La melodia è dolce nella strofa e imperiosa nel ritornello. Al protagonista, mentre cammina in un bosco, torna alla mente una donna slava, che aveva incontrato durante un viaggio nell’Europa orientale. Tra loro era nato un sentimento dolce e intenso, poi brutalmente spezzato dalla improvvisa partenza di lui, di cui non si capiscono chiaramente i motivi. Poi il protagonista abbandona i ricordi e torna al presente, sempre a causa di un rumore che interrompe le sue elucubrazioni romantiche. Dapprima è un ramo calpestato a ridestarlo dai ricordi, poi un colpo di fucile. In entrambi i casi, la sua mente torna al presente e alla compagna attuale e le dedica parole d’amore assoluto, in uno dei ritornelli più belli e romantici della canzone d’autore: A te che sei il mio presente, a te la mia mente e come uccelli leggeri fuggon tutti i miei pensieri, per lasciar solo posto al tuo viso che come un sole rosso acceso, arde per me.

Qualcuno, in maniera assolutamente errata, ha interpretato il colpo di fucile come la presunta uccisione della donna slava che corre dietro alla macchina che lo sta portando via. A parte che sarebbe una macabra soluzione scelta dal paroliere, non giustificata dalla dolcezza dell’intero testo, ma si comprende chiaramente che è un colpo esploso da un cacciatore nel bosco e che questo distoglie nuovamente l’uomo dai ricordi. Inoltre, questo testo ha una matrice autobiografica, e non credo che Mogol abbia mai ammazzato nessuno.

Luci-ah

Questo brano si inserisce nel filone ironico delle canzoni del duo, alla maniera de Il leone e la gallina del precedente album. Ciò che rende particolarmente buffo il brano è il testo di Mogol, che narra le gesta disinibite e anticonformiste di una ragazza di paese di nome Lucia. Lei, aperta all’amore, fa esperienze con tutti i ragazzi del paese prima di trovare il fidanzato giusto. Ma le follie di Lucia (o dovremmo chiamarla Luci-ah) non si limitano al sesso, perché lei brucia la chiesa del paese, fa il bagno in una botte di vino, si spoglia e appende i vestiti sulla punta del campanile, e altre follie del genere. Musicalmente, il brano è ritmato e viaggia sui 143 BPM. Il pianoforte ricorda una sonorità stile honky-tonk, un po’ alla Elton John. Nel finale, un coro maestoso sembra quasi voler redarguire la ragazzina terribile.

L’aquila

Questa canzone presenta l’arrangiamento più essenziale dell’intero album. Solo una chitarra acustica, a cui si aggiungono dei violini nel finale. Forse questa scelta fu dettata dalla volontà di differenziarla dalla versione lanciata precedentemente da Bruno Lauzi.

Il testo, in linea con i temi dell’album, parla dei dubbi dell’amore e di quelli legati alla propria esistenza. Il ritornello cede al desiderio di libertà, così come può essere libera un’aquila.

La musica accompagna le parole cupe in tonalità minore, com’è logico che sia per restituire l’atmosfera drammatica del testo.

(Immagine IMCL 03 “Il retro della copertina dell’album”)

Vento nel vento

Questa è una ballad sontuosa, sia nel tema melodico che nell’arrangiamento orchestrale, in cui spicca un assolo di archi arrangiati da Giampiero Reverberi, poi creatore di Rondò Veneziano. Il tema degli archi viene poi ripreso da Francesco De Gregori in La leva calcistica della classe ’68.

Il testo parla dell’effetto curativo che un nuovo amore produce in chi esce da una storia precedente. Il protagonista ha quasi paura di affrontare un nuovo sentimento, poi decide di mettere da parte paure e sofferenze e si apre al nuovo amore quando canta: «e la stagione nuova dietro il vetro che appannava fiorì».

La prima strofa è accompagnata solo dal pianoforte, a cui nella seconda si aggiunge un organo. Nel ritornello c’è un crescendo con l’intervento di tutti gli strumenti e con il già citato assolo di archi di Giampiero Reverberi. Tra le altre cover del brano, voglio ricordare quella di Mina, che resta probabilmente, dopo Battisti stesso, la migliore interprete di Battisti.

Confusione

Questo brano uscì come Lato B de Il mio canto libero, primo singolo estratto dall’album. La copertina del 45 giri raffigura l’occhio di Lucio, solo accennato, su uno sfondo bianco. Immagine realizzata dal fotografo Cesare Montalbetti, che al riguardo ha dichiarato:

Quando qualcuno mi chiede quale immagine di Lucio preferisco, indico sempre questa copertina. La ragione sta nella semplicità di questa foto: quell’occhio immerso nel bianco descrive appieno la timidezza e la profondità dell’animo di Battisti. Ho sempre cercato di rappresentare l’aspetto interiore delle persone, superandone quello esteriore, più stereotipato e meno credibile. In questa immagine sta la risposta a coloro che si chiedevano perché Battisti non amasse apparire. Credo che, per un vero creativo, siano le proprie creature che debbono parlare per lui.

Ovviamente, il pezzo importante del disco è quello del lato A, mentre Confusione è un tipico brano rock-blues, sullo stile de Il tempo di morire, che si sviluppa su tre soli accordi maggiori di tonica, sottodominante e dominante. Il testo è ermetico e un po’ confuso. L’accostamento tra petrolio e amore è poco chiaro, ma lo scopo è chiaramente quello di accompagnare foneticamente la melodia blues. Ancora una volta, Mogol centra l’obiettivo.

Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi

Questo è uno dei motivi più malinconici del disco. Il tema del testo è incentrato sulla difficoltà di impostare una nuova relazione dopo la fine di una precedente. Nel titolo già si percepiscono i dubbi e la diffidenza del protagonista, che ha paura di una nuova delusione.

Così, i suoi pensieri si muovono tra la tristezza della strofa, in cui lui ricorda l’abbandono della precedente donna, e la speranza del ritornello, in cui si rende conto che non è possibile frenare i sentimenti, lasciando che l’amore segua il suo corso. Un tema evidentemente caro a Mogol in quegli anni, visto che lo ritroviamo anche in Vento nel vento.

Musicalmente, questo è un altro capolavoro di Lucio, che esplode in uno splendido ritornello arioso. Si ripete lo schema secondo cui la strofa sottolinea i tormenti del protagonista con un arrangiamento essenziale in tonalità minore, fatto solo con chitarra acustica e voce, a cui aggiunge il basso, mentre nel ritornello entra l’orchestra in tonalità maggiore, che apre l’orizzonte sonoro per dare forza alla speranza nel nuovo amore.

Gente per bene e gente per male

Questo brano potrebbe sembrare leggero, divertente, ad un ascolto distratto, invece è carico di significati che non tutti colgono. Il testo ha uno sfondo sociale e morale davvero notevole, una specie di bandiera proletaria, a dispetto di chi millanta tendenze destroidi del nostro Lucio. Il protagonista è un ragazzo di bassa estrazione che vorrebbe entrare ad una festa della buona società, ma viene bloccato a causa della sua condizione sociale (odori di gente che non conta niente). Il giovane riceve solo offese dalle ragazze “per bene”, così decide di andare via. Nel tragitto del ritorno incontra una prostituta, ma non avendo soldi non può nemmeno consolarsi con lei. Lei si offre lo stesso, ma gratuitamente. Il ragazzo, povero ma educato, risponde di non potere accettare la generosa offerta, ma si dice disposto ad accompagnarla a casa e la chiama «gentile signora».

Questa canzone contiene un ritratto sociale ancora attuale: l’egoismo dei ricchi e la sensibilità dei poveri. Si potrebbe fare un film da questa storia o iniziare una discussione che sfocerebbe nello scontro di classi. Il grande Mogol qui ci dice chiaramente quali sono davvero le persone per bene e quelle per male. La prostituta ha un cuore e una sensibilità che scarseggia molto nell’animo delle ragazze “per bene”. Ovviamente, di questo non ne facciamo una regola, perché faremmo l’errore contrario, ma prendiamo la canzone per quello che è, una sorta di denuncia sociale da contestualizzare negli anni ‘70.

La parte musicale si differenzia tra i due diversi momenti della storia. Nella prima, quella in cui il ragazzo cerca di entrare alla festa, Battisti utilizza la formula del dialogo tra il protagonista e la gente per bene. La musica è fredda, come il cuore delle ragazze. Nella seconda parte, ecco la morbida avvolgente melodia italiana, che accompagna l’incontro con la prostituta. Il finale sfocia nel progressive rock.

Il mio canto libero

Un evergreen della musica italiana, dotato di un grande carisma dai toni epici e romantici. L’introduzione è ancora per voce e chitarra acustica, per poi lasciare spazio all’orchestra. Il testo è carico di significati e ancora una volta con riferimenti autobiografici, che però non attengono a dietrologie politiche. Mogol si era separato dalla moglie e aveva una nuova compagna, con cui acquistò un mulino e un vecchio cascinale, dove andarono ad abitare. Il mulino divenne il famoso studio di registrazione chiamato appunto Il mulino, mentre il cascinale era ricoperto dalle rose selvatiche. Quindi, nessuna apologia del fascismo.

La copertina del singolo è lo schizzo dell’occhio di Lucio su sfondo completamente bianco, di cui abbiamo già parlato.

Curiosità sul disco Il mio canto libero di Lucio Battisti

Images, il disco di Lucio Battisti
Images, il disco di Lucio Battisti

Il disco Il mio canto libero fu registrato negli studi di registrazione della Fonorama di Milano di Carlo Alberto Rossi, importante discografico e autore di canzoni, tra cui ricordiamo E se domani.

Oltre alla versione originale, ovviamente in lingua italiana, esistono versioni del brano cantate da Lucio in spagnolo (Mi libre canción), francese (Ma chanson de liberté), in tedesco (Unser freies Lied) e in inglese (A song to feel alive). Quest’ultima versione fu inserita nell’album Images, destinato al mercato statunitense, che però non ebbe il risultato sperato, pare a causa della cattiva dizione anglosassone di Lucio.

Conclusione

Il disco segna il momento di massimo successo del duo Battisti/Mogol, da quel momento entrato nel mito delle sette note. L’album è ricco di suggestioni emotive, anche perché i testi di Mogol toccano argomenti come l’amore, la morte, l’abbandono, il ricordo. Nel brano “Gente per bene e gente per male” ricorre uno stilema molto utilizzato dalla coppia, cioè il dialogo. Ma mentre solitamente l’interlocutore è lo stesso Battisti, in questo caso la risposta è data da un coro femminile.

In conclusione, Battisti resta un punto di riferimento per ogni cantautore, anche per quelli attuali. E questo certifica la sua grandezza.

Fonti

  • Il Dizionario del Pop-Rock 2014 di Enzo Gentile e Alberto Tonti, Zanichelli
  • Il Salvatori 2014 di Dario Salvatori, Edizioni Clichy
  • Wikipedia
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