Il tempo di un altro disco di Fabio Ciminiera è un racconto autobiografico in musica, realizzato attraverso ascolti, riflessioni, passioni e condivisioni.
Un libro. Il tempo di un altro disco. Un libro strano, questo. Prima si legge e poi, stereo e pc alla mano, si ascolta. Dalla prima all’ultima pagina è ricco di citazioni musicali che ti fanno subito venir voglia di aprire il computer e cercare in rete i brani per ascoltarli e “guardarli”. Sì perché come ci racconta l’autore Fabio Ciminiera il modo di ascoltare musica è cambiato radicalmente negli ultimi anni.
Abbiamo la fortuna di poter fare qualche domanda direttamente a chi questo libro lo ha scritto, lo ha vissuto: Fabio Ciminiera.
Fabio si occupa di jazz e, in generale, di musica in ruoli diversi: conduttore radiofonico e televisivo, redattore e critico, ufficio stampa e organizzatore di concerti. È redattore di “Jazz Convention” (www.jazzconvention.net) e autore dei programmi di Jazz Convention on Tv e dal 2007 fa parte dello staff del “Pescara Jazz Festival”.
La prima domanda, scherzosa (ma non troppo), che mi viene da fargli subito dopo aver letto il libro è se vuole diventare il nuovo Paolo Limiti della storia della musica visto l’enorme quantità di informazioni musicali che sono in suo possesso…
Dovrei scrivere i testi per le canzoni di interpreti straordinarie come Mina o Jula De Palma prima di poter seguire le orme di Paolo Limiti… L’intento de Il tempo di un altro disco è quello di mettere a disposizione dei lettori i miei ricordi, gli aneddoti e le riflessioni fatte negli anni di un appassionato di musica, per mostrare una via possibile alla scoperta della musica. Come dice un mio amico, mi sono ritagliato il ruolo del “cugino grande” che consiglia dischi e musicisti. Soprattutto in un periodo, come questo, dove le possibilità di entrare in contatto con la musica sono infinite. Naturalmente il racconto autobiografico porta con sé il tono ironico, autoironico e divertito. Un tono che ho voluto mantenere anche per le riflessioni più serie e meditate presenti nel libro, spogliandomi di ogni intento cattedratico e cercando di accompagnare il lettore in maniera leggera di pagina in pagina.
Sei un grande divoratore di musica. Di tutti i generi direi. Però nel libro ci racconti che Sting ti ha cambiato la vita facendoti conoscere il jazz con “The Dream of the Blue Turtles” e, ancor di più, con “Bring on the Night”. Che cosa hanno fatto scattare in te questi dischi?
Nello specifico, sono stati la chiave per avvicinarmi al jazz. All’incirca al termine della mia adolescenza, nel momento in cui iniziavo a formare il mio gusto musicale. Nel libro racconto tutto il percorso di episodi e ascolti con cui mi sono avvicinato al jazz. Rappresentano un esempio efficace, a mio avviso, di come la curiosità possa condurci a partire da quello che incontriamo in un disco: ascoltare i brani dei Police interpretati da jazzisti importanti – come Kenny Kirkland, Omar Hakim, Darryl Jones e Branford Marsalis – mi ha spinto a cercare i loro dischi, a stabilire una mia via al jazz e, quindi, a conoscere i maestri e i capolavori storici. Molti dischi, se non addirittura tutti, hanno la potenzialità di farci andare oltre e scoprire nuove cose: la curiosità è una delle chiavi che ci deve guidare e deve farci venir voglia di non fermarci a quanto già conosciamo
Nel tuo libro tocchi un argomento a me molto caro i generi musicali. Scrivi: Una delle disfide più esacerbate, ai tempi del liceo come tra gli amici appassionati di jazz, è la collocazione dei confini di genere”. Ma è proprio così importante il dover per forza collocare all’interno di un genere un musicista?
Si potrebbe usare l’altra distinzione tra musica buona e musica che non lo è, in una citazione che si fa risalire a Duke Ellington: ma anche in questo caso si pone un confine, utile per disfide tra amici e compagni di ascolto. Descrivere la musica a parole è, a suo modo, un controsenso. Le suddivisioni tra generi possono servire per darci le coordinate quando scriviamo una recensione o consigliamo un disco a un amico, sono sicuramente utili per indirizzare all’interno di un negozio di dischi. Linguaggi e stili sono sicuramente individuabili. Ma, poi, ci sono le zone intermedie, le sintesi e le convergenze stilistiche operate da musicisti meno inclini a rimanere sui passi consolidati dalle tradizioni. Non credo sia così fondamentale soffermarsi sulle suddivisioni: penso che sia più importante conoscere le peculiarità dei vari linguaggi, la provenienza e le evoluzioni delle tradizioni, le connessioni che hanno portato gli artisti alle varie sintesi per arrivare a gustare in maniera consapevole la musica che si ascolta.
Dai dischi in vinile, alle musicassette, ai Cd, ai link a siti tipo Soundcloud o ai files audio Mp3… E’ molto cambiato il nostro modo di ascoltare musica, ma è cambiato in meglio?
Non credo si possa dire se il cambiamento è avvenuto in meglio o in peggio. Il cambiamento è stato drastico e totale, tanto da rendere preistoriche molte delle abitudini che avevamo fino a pochi anni fa, da rendere quasi impossibile il confronto. Ed è avvenuto anche in modo contraddittorio. La tecnologia, ad esempio, ha portato la pulizia del suono digitale e, al tempo stesso, la perdita di qualità dovuta alle compressioni dei file. La possibilità di raggiungere immediatamente ogni brano o autore ha il suo contraltare nella mole, spesso sovrabbondante, delle proposte con cui ciascuno di noi entra in contatto. La disponibilità di mezzi diversi per ascoltare ha tolto la ritualità del momento della “posa del disco sul piatto”. E potrei continuare con altri esempi: il cambiamento è stato profondo, epocale, essenziale nel modo di ascoltare musica e ci porta – e, per i più appassionati, ci costringe – a ripensare in ogni direzione e in ogni momento il nostro rapporto con la musica.
Si può dire che tu vivi di musica. La ascolti, la produci organizzando Festival importanti, la racconti alla radio e nei libri… Suoni uno strumento? Non ti è mai venuta la voglia di studiarne le 7 note?
Suono la chitarra. Per un periodo ho fatto parte di un gruppo di rock-blues. Poi, ho lasciato il palco a chi lo calca in maniera più efficace di me.
Ringraziamo Fabio Ciminiera per il tempo che ci ha dedicato e se vi è venuta voglia di leggere il suo libro,ulteriori informazioni su Il tempo di un altro disco potete trovarle qui: www.facebook.com/iltempodiunaltrodisco
Pagine: 188 (formato tascabile, copertina morbida)
Prezzo: 12 euro + spese di spedizione
Codice ISBN: 978-1-326-07457-9
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Foto gentilmente concesse da Fabrizio Giammarco