Un viaggio nel territorio della creatività barocca per ritrovare l’emozione del fare musica dal vivo insieme a Ilaria Ribezzi, cantante lirica e all’Autarena Ensemble. Abbiamo conversato con Ilaria ed ecco cosa ci ha raccontato…
Oggi ospitiamo Ilaria Ribezzi sulle pagine di Blog della Musica: grazie di avere accettato questa intervista. Cantante lirica, studi di pianoforte, ci racconta il suo percorso musicale?
Grazie alla mia famiglia all’età di sei anni ho iniziato a studiare pianoforte, affiancando la danza con la quale ho iniziato a vivere il palcoscenico di un teatro. Mi sono avvicinata al canto grazie alla musica sacra, vincendo il premio “Giovane promessa” al Concorso Internazionale di Musica Sacra di Roma, e solo in seguito all’opera, quando mi sono ritrovata a vedere “Aida” di Giuseppe Verdi al Teatro Politeama di Lecce. Ne ho subìto la magia e l’incanto dato dall’unione di mondi diversi, il canto, la recitazione e il ballo. Così ho iniziato lo studio del canto lirico presso il Conservatorio di Taranto, ho seguito il perfezionamento all’ Accademia del Teatro alla Scala con il mezzosoprano Bianca Maria Casoni, all’Accademia Lirica di Osimo, incontrando grandi artisti tra cui Raina Kabeivanska, e all’ Accademia Chigiana di Siena con il M° Bruson. La svolta è stata segnata dall’ incontro con Fernando Cordeiro Opa, mio attuale Maestro, grande punto di riferimento e figura molto presente in questo mio percorso artistico.
All’interno del suo percorso artistico e musicale ha avuto modo di esplorare vari generi e repertori. In quale si riconosce maggiormente?
Ho sempre affrontato con grande entusiasmo sia l’opera (Suzuki in “Madama Butterfly”, Amenofi in “Mosè in Egitto”, Zulma in “L’italiana in Algeri”, Isaura in “Tancredi”) che l’oratorio (“Messiah”, “Stabat mater”), il repertorio sinfonico (Nona di Beethoven), con qualche approccio anche al “crossover”. Amo mettermi in gioco attraversando i vari stili. È una sfida con me stessa poter affrontare i diversi repertori perché presuppone una ricerca sempre attenta sulla prassi esecutiva che li contraddistingue. Sicuramente posso affermare di trovarmi molto a mio agio nel repertorio belcantistico, ma anche in quello pucciniano e verista, e di amare molto il barocco che all’origine mi ha avvicinato al mondo della musica classica.
Ha avuto il privilegio di esibirsi e collaborare con solisti e direttori importanti. Con quale sente di aver avuto maggiori affinità?
Ho avuto la fortuna di condividere il palco con cantanti di grande esperienza e questo ha contributo ad arricchire il mio bagaglio artistico, così come con i direttori d’orchestra, tra cui Filippo Maria Bressan, che ricordo con affetto per avermi accompagnata nel repertorio sacro barocco. Altrettanto fondamentali sono stati i registi che con la loro esperienza mi hanno dato delle chiavi di lettura importanti per lo studio dei personaggi; tra loro Stefano Vizioli, il primo regista con cui ho iniziato il viaggio nel magico mondo del teatro.
Ci racconti ora come ha incontrato l’Autarena Ensemble e come è nata l’idea di creare qualcosa insieme. Come si è trovata a lavorare con questo gruppo?
Ho avuto occasione di incontrare alcuni musicisti dell’Ensemble in altre produzioni e ho intuito la possibilità di poter condividere una comune visione musicale ed interpretativa di questo repertorio, al quale sono particolarmente legata e che ho sempre definito “il mio primo amore”. Fin da subito è emersa una grande intesa ed empatia con l’Ensemble, sapientemente coordinato dal suo direttore artistico, nonché violoncellista, Antonio Papetti.
Lo spirito alla base del nuovo video Baroque Arias è ritrovare l’emozione del fare musica insieme e condividerla con il grande pubblico, che sempre più si sta incuriosendo e avvicinando a questo repertorio forse per alcuni elementi che lo caratterizzano, come l’improvvisazione e la ritmicità, che lo rendono molto più vicino di quanto si possa pensare al pop e al jazz dei giorni nostri. Baroque Arias rappresenta l’inizio della nostra collaborazione.
Parliamo della scelta del repertorio che avete eseguito: Antonio Vivaldi e Johann Adolf Hasse, che significato hanno assunto i brani di questi autori rappresentati in questo periodo dove la musica è praticamente vietata?
In un momento come questo di difficoltà ma allo stesso tempo di grande riflessione, ho realizzato un piccolo sogno autentico, di puro amore per la musica e di gratitudine per un repertorio che mi ha permesso di iniziare il più bel viaggio con la musica ed il teatro. Il barocco è energia pura, un arcobaleno di affetti, di sentimenti, di virtuosismo e vigore, aspetti di cui siamo stati privati nello scorso 2020. Ho voluto prendere alcuni capolavori di questo repertorio, mostrando la varietà che lo contraddistingue. Il filo conduttore ed il motivo per cui ho scelto questi brani è l’uso dei virtuosismi e delle ornamentazioni vocali, che risaltano la spettacolarità che caratterizza la musica del periodo barocco.
A dicembre 2020 di questa vostra esecuzione è stato pubblicato un video, che riscontro avete avuto?
Direi un ottimo riscontro. Il video rappresenta un piccolo estratto di uno dei programmi che vorremmo condividere con il grande pubblico, all’interno del quale emergono anche compositori meno conosciuti e poco eseguiti, autori di una musica altrettanto travolgente. Su tutti i social, da più parti del mondo, abbiamo ricevuto entusiasmo e apprezzamento e questo ci motiva a lavorare affinché possa realizzarsi dal vivo. Grande merito va a questa musica così travolgente e ai loro compositori che hanno saputo conquistare i nostri cuori con la loro naturalezza, l’originalità e l’uso sapiente della “teoria degli affetti”.
Inquadrando per un attimo ancora il nostro attuale momento storico. Vogliamo chiedere anche a lei come ha vissuto la musica ai tempi del Covid-19: come ha affrontato e sta affrontando questo difficile periodo di vita e lavorativo?
Lo vivo con energia positiva, grinta e fiducia nel futuro e nell’arte. È inutile negare che il susseguirsi delle chiusure dei teatri di quasi tutto il mondo e le continue cancellazioni hanno creato un grande vuoto per chi come noi vive di musica e con la musica in toto, ma questo non mi ha mai costretto a fermarmi. Ho dedicato le mie giornate allo studio di nuovi ruoli che appartengono al repertorio belcantistico e rossiniano e al repertorio della musica da camera.
In chiusura di questa breve intervista c’è un consiglio che si sente di dare ai giovani che si stanno avvicinando alla musica classica?
Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla fretta di “arrivare”, essere ambiziosi sì, ma studiare molto e assecondare lo sviluppo tecnico e fisiologico. Chi vive di musica e d’arte, “ha sigillato un patto d’amore”, ha sentito di seguire la propria vocazione. Il mio invito è quello di non smettere mai di sognare, di non arrendersi alle difficoltà, seppure incombenti, di rialzarsi e reinventarsi, perché la musica è vita e missione.
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