Jorge Andrés Bosso, violoncellista e compositore di fama mondiale, ha realizzato per Limen Music, Classic & Contemporary, il disco Tangos at an Exhibition con il BossoConcept troviamo insieme al cello di Jorge: Ivana Zecca al clarinetto, Paolo Badiini al contrabbasso, Davide Vendramin al bandoneon, Gabriele Boggio Ferraris vibrafono e Paolo Pellegatti alle percussioni. Ecco l’intervista per Blog della Musica…
Musicista e compositore, una vita dedicata allo studio e alla ricerca. Hai già inciso diverse tue composizioni, ora perché il tango?
Nel giugno 2012 ho realizzato un ciclo di programmi radiofonici per la Radio e Televisione Svizzera Italiana, Rete Due, Alla ricerca del Tango Perduto. Venti puntate – trasmesse durante il Progetto Martha Argerich, al quale partecipai fin dalla sua seconda edizione – dove proposi una visione della musica di Buenos Aires… potrei dire più allargata, composta di pensieri, riflessioni e interviste ma, soprattutto, provai a suggerire un’idea del tango priva di cliché e luoghi comuni. Non intendevo fare un’apologia del tango, nemmeno rievocare il suo glorioso passato, bensì celebrare la sua materia viva ed esaltare la sua essenza. Ma, se dovessi rispondere perché ora il tango, probabilmente invocherei il tango come il suono della mia città, Buenos Aires.
La città dove sei nato…
Sì, certo, e poi accostare la mia poetica, il mio pensiero musicale al tango mi sembra alquanto naturale – oppure, dovrei dire che apprendere parte della sua poetica per nutrire la parte del mio spirito che mai lasciò l’Argentina, sia ancor più naturale. Insieme al BossoConcept abbiamo realizzato molti progetti, ognuno molto diverso, e data l’eccellenza e versatilità di ogni membro, capì che il momento di portare a termine Tangos at an Exhibition! fosse arrivato.
Il titolo Tangos at an Exhibition, il tango in mostra o un’esibizione del tango, cosa significa per te questo titolo?
Tangos at an Exhibition! è chiaramente una allusione alla composizione di Musorgskij. Non v’è alcuna analogia tra quello che riguarda la motivazione, fra Tangos at an Exhibition! e l’opera del compositore russo. Non si tratta nemmeno di evocare simboli o icone del tango. Il rapporto risiede nell’intenzione di combinare certe immagini a determinati gesti musicali, alternando istanti di lirica sospensione attraverso ciascuna delle Promenade. Ognuna singolare, nel modo in cui furono concepite. La Promenade V, ad esempio – dove la diafana e cristallina luminosità dell’artista Miguel Angel Vidal mi ha portato a liquefare e sciogliere le strutture ritmiche del tango, emerse in un mosaico di tenui sfumature, una metafora suscitata dall’astratta interazione tra linea, forma e colore. Nella Promenade II, ispirata alle immagini dell’artista plastica Silvana Merello, trovo che ci sia una corrispondenza tra lo spazio metafisico e una gestualità terrena, dove l’intento di condividere il silenzio non trova mai un suo spazio. E infine, l’atmosfera della Promenade I, che schiude l’intero lavoro, giunse dalle fotografie scattate da Juan Ignacio Cañete. Una Buenos Aires differente, dove la superba usurpazione degli spazi diurni della città mi spinse a immaginare un territorio urbano plasmato da un suono sottile e un tessuto dilatato.
Nel contenuto speciale ci hai condotto attraverso l’arte figurativa nel tuo viaggio d’ispirazione. Quanto conta il rapporto con l’esterno nel percorso creativo?
L’intenzione di accostare la mia musica a immagini di artisti del nostro tempo risiede nell’illusione di pensare il tango come espressione attuale della città e non soltanto un riflesso di tempi passati. Per tornare alla domanda, credo che ogni artista si trovi in uno spazio delimitato dalla sua eredità acquisita e un futuro da costruire attraverso il proprio percorso, unico e personale. Ognuno genera un rapporto con l’esterno in base alla sua indole, il suo carattere che, in seguito, si manifesta nell’opera d’arte. Per quanto riguarda questo lavoro specifico le influenze e sorgenti d’ispirazione sono innumerevoli e non circoscritte al tango, nemmeno alla musica sudamericana. Il tango è l’immagine di un punto di partenza, il resto è frutto di un percorso personale attraverso le parole, i suoni e spiriti che hanno alimentato il mio divenire.
Che cosa canta il tango d’oggi e cosa cantava il tango di ieri?
Una domanda non semplice da rispondere.
Perché?
Perché ogni manifestazione artistica oppure sociale è il riflesso del momento storico di una comunità. E mi riferisco proprio a Buenos Aires perché il tango è una musica nata, cresciuta e ascoltata soprattutto nella capitale, e non nel resto dell’Argentina. Il tango di un tempo sentiva la nostalgia di una realtà che lentamente incominciava a sparire, e l’esercizio della memoria attraverso i versi, a volte molto ispirati, rappresentava un simbolo di resistenza allo strappo di un vissuto collettivo nei confronti dell’ineluttabile sviluppo di una metropoli. Nonostante la musica di Piazzolla abbia un lato nostalgico, il suo suono rifletteva il vigore della città che lui camminava, viveva e respirava. Penso che la differenza tra un’estetica passata e quella odierna abiti proprio lì: nel luogo, dove noi – compositori e ascoltatori – proponiamo che il tango soggiorni nella città. Esercizio di memoria oppure prisma della realtà. Entrambe condizioni possono convivere, anche se reinventare il suo suono sia un’avventura meravigliosa fatta da incertezze e vertigini. Quasi come le perplessità e ansie che provoca attraversare acque note fatte di metafore su metafore, senza mai riconoscere la grande allegoria di fiume che percorre ogni grande città.
Quindi Tangos at an Exhibition! potrebbe essere pensata come una grande allegoria?
Possiamo pensarlo in questa maniera, certo! Mi nutro, ci nutriamo dall’energia della città nella quale mi rifletto e ci rispecchiamo.
Ognuno di noi lo fa in modo inconsapevole quotidianamente…
D’accordo, ma al tempo stesso, rispondiamo al suo appello attraverso le nostre azioni e, credo che dobbiamo sempre sperimentare che esse partano dalla necessità di condivisione. Perché infine ogni gesto posticipa il bene più prezioso che abbiamo, il silenzio.
E che Tangos at an Exhibition! metafora sia …
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