INTERVISTA | Kape, ovvero Alessandro Sicardi: Clichè

Blog della Musica ha scambiato quattro chiacchiere con l’eclettico Kape, che mescola con sapienza, nei suoi brani, funk, R&B, soul, dance, rock e pop, in un gioco dialettico di contaminazioni

E’ uscito sabato 11 gennaio su tutti i maggiori digital-stores Cliché, primo lavoro solista del compositore e polistrumentista KAPE, alias Alessandro Sicardi. L’album, anticipato dal singolo Monday Party, è distribuito dall’etichetta La Stanza Nascosta Records del musicista Salvatore Papotto. Tra le collaborazioni discografiche più rilevanti di Sicardi, classe 1979, genovese di nascita e milanese d’adozione, quelle come chitarrista, bassista e arrangiatore-orchestratore con: Stefano Tessadri, Folco Orselli, Stefano Piro (ex leader dei Lythium), Gnut, Yalda.

Monday Party racconta la vita mondana, quasi obbligata, di un Dracula moderno. Com’è nato questo brano, dalle sonorità a cavallo tra anni ’70 e ’80?
È nato in auto, mentre ritornavo dalla scuola di musica in cui insegno. Ricordo che iniziai a canticchiare Paul McCartney usando esattamente le prime quattro note di quella che poi è diventata Monday Party, e mi rimase in testa per giorni, finché non riuscii a trovare altre parole.

Il testo poi è diventato proprio la storia di un tizio che deve uscire ogni sera (tranne, forse, la domenica). Ovviamente, il fatto che sia un vampiro spiega molto delle sue abitudini.

Le sonorità di questa canzone sono dovute molto al sintetizzatore che utilizza il tastierista Danilo Mazzone; Stefano suona la batteria tra la dance e il funk, e il risultato è proprio una sonorità di fine anni ’70 che caratterizza molto questa canzone, un po’ dark ma parecchio danzereccia.

Lei sembra avere una fascinazione particolare per le colonne sonore. O ci sbagliamo?
Non sbagliate affatto! Il titolo della mia tesi di Laurea era “Analisi di una colonna sonora”; mi piace molto il cinema e l’ho studiato con interesse, ed essendo musicista sono felice quando mi capita di “sonorizzare” sequenze di immagini, perché unisco queste due passioni.

Tra i molteplici progetti originali di cui ha fatto parte: la band multi-genere Ottavo Richter (reclutata nel 2008/2009 da Radio 2 come band ufficiale dell’evento Caterraduno). Cosa conserva di questa esperienza?
Lo ricordo con molto piacere. In quell’occasione avevamo “ingrossato” gli Ottavo Richter facendola diventare una big band di undici elementi, ed avevo orchestrato le parti dei fiati.

Suonammo con gli amici della Banda Osiris, con Max Gazzé, Musica Nuda, il mitico Direttore Antonio Di Bella. Fu molto divertente, e la partecipazione della gente spettacolare; una vera festa.

Dal 2012 al 2016 ha collaborato, per la composizione di musica per il web, con 4friends film per Miu Miu e Prada…nel 2018 e 2019 ha composto musica e sound design per spot di Alberta Ferretti e Nutella. Quanto conta la colonna sonora nella buona riuscita di uno spot pubblicitario e, più in generale, di un prodotto multimediale?
La musica è strettamente collegata alla storia del cinema: fin dalle prime proiezioni si capì che alle sequenze di immagini dovevano essere associati dei suoni. E sono innumerevoli le scene dei film che davvero perderebbero tutta la potenza che hanno, senza la musica.

Cliché, il suo primo lavoro solista uscito per La Stanza Nascosta Records, sembra mettere in scena, per poi smontarli, determinati stilemi. E’ così?
È esattamente così, e Cliché dance è un po’ la canzone-manifesto dell’album. Nel testo si parte proprio da frasi fatte, parecchio trite e per questo prive di significato; ciò che segue sono frasi guidate più che altro da rime, assonanze e giochi di parole che sfociano in immagini nonsense. Aggirare i luoghi comuni, giocare, usare l’ironia sono cose per me imprescindibili, perché ti permettono di plasmare, contaminare e rendere leggere le idee che hai.

E questo vale sia per i testi che per la musica: Danilo Mazzone (tastiere) e Stefano Grasso (batteria) sono i miei compagni di viaggio, e sono musicisti straordinari proprio perché hanno un notevole bagaglio di influenze e conoscenze, ma amano giocarci mescolandole.

Oltre all’album è disponibile anche un libro che racconta “la storia dell’album”, canzone per canzone. Com’è nata l’idea di affiancarlo al lavoro discografico?
Una sera ero un po’ sconsolato perché sapevo che non avrei stampato l’album su supporti fisici, che fossero CD o vinili, o chiavette. Mia moglie mi propose l’idea del libro ed io la colsi con entusiasmo, perché mi piace scrivere e adoro i libri, intendo proprio come oggetti, oltre che contenitori di un sacco di meraviglie e di mondi.

Il problema era cosa scrivere in quel libro. Pensai che sarebbe stato interessante parlare delle canzoni, perché il processo di composizione è qualcosa di molto particolare: può essere a volte lungo e pieno di rielaborazioni, altre estremamente istintivo e rapido.

Ho ripercorso la nascita e lo sviluppo di ognuna delle dieci canzoni di “Cliché”, ed è stato molto divertente. Ho riscoperto storie che in un certo senso davo per scontate, ma che hanno fatto parte di me; ho messo a nudo le mie riflessioni, le mie intuizioni, i miei ripensamenti.

Tre nomi che non possono mancare nella sua playlist musicale personale?
Vado parecchio a periodi e mi affeziono molto a canzoni e brani, più che agli artisti, quindi è difficile scegliere tra una marea di cose che mi piacciono.

Posso azzardare tre nomi che più hanno determinato la mia formazione e miei gusti musicali: Antonio Carlos Jobim, I Beatles, il Pat Metheny Group.

Tre autori i cui libri tiene sul comodino?
Manuel Vázquez Montalbán, Daniel Pennac, Stefano Benni (soprattutto i primi romanzi e racconti).

Ascolta Kape su Spotify

Social e Contatti

  • Link video: https://www.youtube.com/watch?v=Hu5hGWZn4Qs
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  • Sito internet: https://kapemusic.it/

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