Krishna Biswas ha pubblicato il disco Panir un disco intenso ispirato da visioni che ci guidano all’ascolto di queste composizioni per sola chitarra acustica. Ecco l’intervista al Blog della Musica
Un disco intenso, esteso, troppo grande per lasciarlo nel sottofondo di qualsiasi momento, per quanto siano quasi solo le visioni ispirate a guidarci all’ascolto di queste composizioni per sola chitarra acustica. Parliamo di qualcosa che raramente passa dalle nostre righe ma, anche in vista di un bel video come Respira che vi abbiamo presentato questa mattina, ci siamo voluti avventurare a questa esperienza. Una lunga presskit per guidarci all’ascolto di questo “Panir”, un disco strumentale a firma del chitarrista di origine indio-americane ma toscano di adozione Krishna Biswas. Niente di usuale, un lavoro privo di confini ideologici e strutturali, quando la cultura classica dello strumento si camuffa e si rivoluziona, con un pizzico di psichedelia e qualche goccia di visioni letteralmente progressive. Consapevole di aver pochi strumenti per poterlo capire a pieno… però fatelo, ascoltatelo, compratelo soprattutto perchè le pubblicazioni della RadiciRecords sono meravigliose anche nell’estetica. Non siamo mai stati così sfacciatamente schierati: ma questa volta ne vale la pena. E non è solo il pop a comandare… e questa intervista lo dimostra a pieno.
Giusto per conoscersi un po’. Dalla tua bio incuriosisce e non poco questo: India e America. Come mai alla fine l’Italia? Ragioni musicali o personali?
Capisco la curiosità poichè molte volte mi è stata fatta questa domanda. Sono nato in Italia da genitori provenienti da due mondi molto lontani e diversi come quello indiano e quello statunitense. I miei genitori hanno condiviso una fede radicale nel percorso della pratica dello yoga sin dai primi anni ottanta; sono infatti i gestori di un luogo deputato alla meditazione chiamato ashram in cui ho vissuto sin da bambino. Mi sono trovato così di fatto a condividere durante la crescita più prospettive di osservazione piuttosto singolari ereditate da una parte dall’assetto di priorità legate all’osservazione della prassi yogica, dall’altra quello di un occidentale non completamente inserito nel tessuto sociale, inconsapevole però di questa distorsione fino ad un’età adulta. L’Italia come scelta è legata al fatto che i miei genitori si sono conosciuti ed inseriti qui con la responsabilità di diffondere una certa interpretazione dello yoga investita dal loro Maestro. Va da sè che se per loro ci fosse stata la possibilità di scegliere tra India e States avrebbero scelto la prima opzione; personalmente, passato il periodo di imitazione degli americani, non propendo nè per l’una nè per l’altra cultura.
E poi la chitarra. Chi e che cosa ti ha spinto verso la chitarra?
Lo strumento della chitarra è presente nella mia vita da molti anni; questo rapporto affonda le radici nella mia infanzia poichè per favorire la carriera musicale di quello che poi sarebbe stato il mio Maestro più importante, accolsero nell’ashram un giovane e promettente chitarrista proveniente dall’Abruzzo, Ganesh Del Vescovo. Sono cresciuto nel quotidiano quindi con l’esempio del talento applicato allo studio regolare ed intenso richiesto dalla severità della musica classica e di conseguenza beneficiato delle lezioni musicali con quello che si è poi rivelato un grande musicista nonchè ottimo docente universalmente apprezzato e riconosciuto. Dopo i primi anni di chitarra classica ho avuto durante l’adolescenza l’esigenza di emancipazione che ha fatto rima con la scelta della musica moderna.
Ma soprattutto perché questo “tipo di chitarra”?
Questa domanda mi permette di entrare nel merito di una questione musicale cui tengo molto. Dopo molti anni dedicati esclusivamente alla frequentazione del repertorio musicale di origine americana, senza esclusione di genere o particolari rifiuti, è emersa l’esigenza di creare un linguaggio che fosse aderente a quel territorio umano che secondo me effettivamente rende chiunque unico e distinguibile dagli altri se lasciato libero ed alimentato con cura ed impegno. Le scelte sono andate verso uno strumento che mi permettesse di entrare in contatto con la timbrica dei suoni che si trovano in natura, acustici dunque. Per favorire l’esplorazione musicale sfrutto delle accordature che depistino le conoscenze ed i rituali gestuali che pratico nel chitarrismo legato a stili codificati. Credo che questa cosa mi abbia aiutato molto ma non posso dire che sia una regola od un suggerimento valido per ciascuno.
Quanto la Toscana ti ha influenzato? In cosa la ritroviamo?
Non saprei dire quanta Toscana o quanto altro luogo sia in effetti presente nelle mie scelte; confesso di non conoscere bene il patrimonio di musica tradizionale e popolare toscana. Posso comunque immaginare che vivere in luogo così fortunato come la Toscana, in cui la bellezza del paesaggio e delle opere dell’uomo sono così fortemente presenti, risulti un elemento di influenza ed artisticamente stimolante.
Panir è un disco pieno di mondo. Che cosa hai lasciato fuori?
Panir è un disco in cui ho concentrato e rielaborato molti percorsi musicali ed ascolti che ho praticato nella mia personale esperienza. Alcuni elementi sono legati al mondo della chitarra mentre altri stimolati da brani che ne sono meno vicini come l’improvvisazione totale di Keith Jarret o la poetica di Munir Bashir per citare due grandi artisti. Difficile dire cosa ho escluso poichè in effetti non credo di avere la magnitudo sufficiente per elaborare una percezione comunicabile, comprensibile e lucida. Ho ovviamente anch’io delle cose che percepisco meno vicine al mio modo di sentire ed alle mie priorità ma tendo ultimamente a cercare di non pensare alle limitazioni, soprattutto se di genere come facevo quando ero un ragazzo.
In questo video con l’artista Fresnopesciacalli. Che incontro è stato?
Di frenopersciacalli parlo sempre con piacere. L’incontro con questo meraviglioso artista figurativo è stato fortunato. Lui cercava un musicista che lo accompagnasse per una sua esposizione in una bella occasione in un posto suggestivo a Firenze. Fui suggerito da un amico in comune che apprezza il mio lavoro musicale e che tra l’altro ha curato anche il lavoro grafico dei miei ultimi due dischi editi per RadiciMusic Records, Alessandro Arbi. Ho accettato con entusiasmo la sua proposta di collaborazione poichè amo molto il suo stile e la schiettezza artistica nella sua misurata e sobria crudezza. Da questa prima positiva esperienza ne sono emerse delle altre assieme culminate poi nel suo coinvolgimento per i disegni delle confezioni di aRnonauta disco subito precedente all’ultimo Panir in cui ha fatto un lavoro di enorme pregio nonchè molto impegnativo.