Decadente, frenetico, evolutivo: questo è il tempo che viviamo secondo la cantautrice riminese Laura Benvenuti. Una voce (in senso lato) che di tempo, con tutte le sue implicazioni filosofiche ed emotive, se ne intende a tal punto da averci costruito un disco complesso, quasi un concept. Diplomata in Teoria e solfeggio al Conservatorio “Giachino Rossini” di Pesaro (PU) e laureata in Medicina e Chirurgia, la cantautrice riminese Laura Benvenuti ha infatti recentemente pubblicato, su etichetta La Stanza Nascosta Records, il suo nuovo lavoro discografico, “Oracoli”, un universo electro-soft denso di suggestioni, tenuto insieme dalla voce incantata dell’artista. Blog della Musica l’ha incontrata per una chiacchierata, con un rimando (a sorpresa) ad un brano sanremese che le è particolarmente caro.
Diamo il buongiorno a Laura Benvenuti su Blog della Musica. Lei si è avvicinata al jazz studiando flauto traverso con il M° Michael Brusha a Bologna. Quali sono i suoi flautisti di riferimento e da cosa deriva la sua fascinazione per questo strumento?
Mi sono avvicinata al flauto traverso durante i miei studi universitari a Bologna perché non ho avuto da subito a disposizione il mio strumento principale (il pianoforte). Non posso dire che questa scelta sia stata un ripiego perché sono sempre stata attratta dal suono e dalla duttilità del flauto traverso ma certamente questa particolare circostanza è stata un grande stimolo per iniziare a studiarlo. Il flauto è uno strumento che si può adattare a diversi stili musicali ed essere inserito in diversi organici. Il Maestro Michael Brusha, con cui iniziai a studiare a Bologna mi ha fatto entrare in un nuovo mondo musicale, quello del jazz e della bossa nova, ed è stato un colpo di fulmine.
Qual è stato l’insegnamento più importante del M° Miguel Angel Curti, con il quale ha studiato canto?
Il M° Miguel Angel Curti mi ha insegnato ad esprimere attraverso il canto le mie emozioni.
Stilisticamente parlando, quali sono gli elementi che differenziano maggiormente il suo ultimo lavoro, “Oracoli” (La Stanza Nascosta Records, 2022) dal suo album di esordio, “Un’idea” (2017, autoprodotto)?
Il mio primo album è nato dall’urgenza di fermare un particolare momento della mia vita attraverso un disco. Desideravo registrare insieme ai musicisti con cui stavo suonando in quel periodo e così abbiamo arrangiato insieme i brani fino a che ci siamo sentiti pronti per andare in studio. E’ un disco interamente acustico e- stilisticamente parlando- più vicino al jazz che al pop. “Oracoli” ha segnato un cambio di direzione su molti fronti e sicuramente il più evidente è stato lo stile. La novità è la contaminazione elettronica, la ritmica e la scelta di nuovi strumenti che non erano presenti nel precedente album
“Oracoli” è sicuramente un titolo ricco di suggestioni. Come lo ha scelto?
E’ stato lui a scegliere me. Quasi sempre il titolo dei brani che scrivo si svela dopo averli suonati e cantati tante volte e così è stato per il titolo dell’album. Dopo aver ascoltato più volte le otto tracce ho compreso il senso dell’intero progetto e in quel momento la parola “Oracoli” si è manifestata a lettere cubitali davanti ai miei occhi.
Il tempo ha un peso importante nel suo ultimo lavoro. Se dovesse definire con tre aggettivi il tempo che stiamo vivendo quali impiegherebbe?
Decadente, frenetico, evolutivo.
Per i videoclip di “Tempo” e “Agosto” si è affidata a Pancromatica… ci racconta la gestazione dei due videoclip?
Ho affidato la fotografia del mio primo disco e secondo disco a Enrico De Luigi, fondatore di Pancromatica, e ho deciso di affidare a lui anche i videoclip dei due singoli “Tempo” e “Agosto”. Entrambi i videoclip sono nati da una mia idea che è stata subito compresa e trasformata in immagini. Il primo nato è stato quello di “Tempo” che ho girato insieme a mio figlio. Ho scelto di condividere con lui un brano a cui sono molto legata e che potrei definire l’unica “canzone d’amore” del disco e la regia di Enrico De Luigi ed Enrico Giannini è stata puntuale nel coglierne l’essenza. Per il secondo videoclip mi sono affidata totalmente ai due registi perché gli input che ho dato sono stati davvero pochi. Volevo qualcosa di astratto. Giochi di luci e colori per suscitare visioni libere e il risultato mi è piaciuto subito perché rispecchiava esattamente quello che sentivo di esprimere.
C’è appena stato Sanremo. C’è un brano sanremese che, negli anni, le è rimasto particolarmente nel cuore?
Tra i brani sanremesi quello che sicuramente mi è rimasto nel cuore è “Ciao amore ciao” di Tenco. Fin da piccola la cantavo accompagnata dalla chitarra di mio padre e ancora oggi è uno dei brani che canto e interpreto.
In quale direzione sta andando, secondo lei (da fruitrice e da artista) la musica italiana?
E’ una domanda a cui rispondo con difficoltà perché non seguo con particolare interesse (tranne rare eccezioni) la musica mainstream.
Il disco che Laura Benvenuti porterebbe con sé su un’isola deserta?
Scelta difficile perché la musica che ascolto dipende molto dal mio stato d’animo. In questo momento porterei con me su un’isola deserta il disco del concerto di Colonia di Keith Jarret.
Il libro che le ha cambiato la vita?
Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley.
Se potesse affidare ad un regista il racconto della sua carriera artistica, Laura Benvenuti chi sceglierebbe?
Alejandro Jodorowsky.
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