INTERVISTA | Tutti gli “Alibi” delle punk-rock Le Hen

A due mesi esatti dalla presentazione del disco fisico alla velostazione Dynamo e dopo l’uscita dei primi due singoli estratti, Taffetà e Non Credo, giovedì 12 luglio è il giorno in cui troveremo il doppio EP Alibi de Le Hen in tutti gli stores digitali. Le Hen è trio punk rock al femminile bolognese che sicuramente non passerà inosservato e Blog della Musica le ha intervistate…

Ciao ragazze. Come mai avete scelto di chiamarvi LE HEN?
Isabella: Ci siamo ritrovate in un’afosa giornata camminando sotto i portici bolognesi e girando lo sguardo verso un negozio di modernariato, siamo state attirate da un poster su cui c’era disegnata una gallina appollaiata sopra una montagna di uova con su scritto “I’m a good war hen”. L’idea di una gallina da combattimento al posto di un gallo ci è piaciuta subito.

Carlotta: Poco dopo ci siamo sedute a un bar per bere un prosecco – impossibile non ricordare che fosse orrendamente tiepido – e scorrendo con il cellulare sui social è uscita la notizia che in Svezia la parola hen era appena entrata nel vocabolario come nuovo pronome senza genere, né maschile, né femminile.

Rita: A quel punto ci siamo appassionate nella ricerca dei vari significati e abbiamo scoperto che in giapponese significa bizzarro e allora ci siamo dette: noi siamo bizzarre galline da combattimento di genere musicale! Perfetto!

Da chi è composta la band?
Carlotta Chiodi
: nata di venerdì ma pioveva. Per non piangere ho subito iniziato a cantare, dapprima male e poi malissimo, non amo le mezze misure. Ero già una star e pretendevo l’applauso appena entrata in scena. Amo il rossetto rosso, i cani, la radio, i colori, il vino e la pizza. Odio i ritornelli, i bagnini, la maionese, le infradito, i temporali, i violinisti e i coglioni. Vesto tendenzialmente di nero.

Isabella Cioccolini: nata di notte e infatti organizzo eventi. Ho fatto la dog sitter per diversi anni ma son diventata allergica al pelo e allora son passata ai conigli. Poi mia madre adorava Kim Gordon e per il compleanno mi ha regalato un basso ma sul momento non ho apprezzato perché desideravo un’arpa gialla. Amo le bici ma non le catene, adoro le patatine al formaggio, i conigli e le creme solari. Odio le ginocchia sbucciate, le cozze, i cuscini grossi e i semi di finocchio. Vorrei vestire unicamente di giallo ma Le Hen me lo impediscono.

Rita Felicetti: nata da piccola e già non parlavo inglese. Scappavo sempre da casa per lavorare in un circo facendo il clown, un giorno rimase incinta la trapezista e mi chiesero di sostituirla, mi lanciai intrepida ma caddi perché soffrivo di vertigini e finii al pronto soccorso. Ho iniziato a suonare nella banda del paese e lì mi ha notata un produttore bolognese che era venuto in vacanza con il figlio, così son arrivata al nord. Amo gli arancini, il biondo, i cani, le sneakers bianche. Odio i wurstel, la quinta parete, le Tac, i galli, le cose fosforescenti e il mare, ma amo gli scogli. Vesto, tendenzialmente.

C: Oltre a noi tre non possiamo non citare Judy Tempesta che ci aiuta con gli arrangiamenti e il mitico John Paoli, il super produttore artistico!

Che aria si respira nella vostra città, Bologna. C’è fermento artistico o anche lì le cover spadroneggiano?
Siamo molto fortunate di essere nate a Bologna, perché è stato il centro nevralgico della libertà di espressione ed è stata una città che ha assorbito velocemente le influenze estere. Le cover band ci sono come dappertutto e penso non ci sia niente di male. Credo che la differenza rispetto ad altre città sia che il pubblico è storicamente molto più ricettivo e aperto alle novità e per questo un musicista può essere più invogliato a provare a misurarsi con un proprio repertorio. Qui ci sono tantissimi concerti, festival, iniziative e altrettanti musicisti bolognesi di nascita o di adozione, è una città viva e vivibile. L’amministrazione sta puntando molto sul cibo ma la musica per ora resiste!

Parliamo di Alibi. Due singoli ne hanno anticipato l’uscita. Quali tematiche affronta questo doppio EP?
Per noi l’alibi è un altrove che ci serve per respirare, per riappacificarci, come un suono che viene da lontano. Le parole sono importanti e amiamo estrapolarle dal loro contesto e inserirle in uno nuovo, a volte affine a volte arbitrario. Questo è il nostro alibi. L’album stesso ha fisicamente un lato A e un lato B. Ogni nostro brano è caratterizzato da giochi di parole, doppi significati e dietrologie varie che cercano di sdrammatizzare.

Un linguaggio che definiremmo “anti-infarto” o, come diremmo qui a Bologna, “antismalvino”. Per noi ogni esperienza, ogni fatto, deve avere la giusta atmosfera per essere compresa e per ora l’attualità, la condizione femminile, delle cosiddette minoranze e quella del “carosello umano” in generale sono temi che ci toccano da vicino e che si ritrovano nel disco.

Taffetà, il primo singolo estratto, racconta della perdita del lavoro e del senso di rifiuto dalla società che la nostra generazione sta vivendo. E’ una frase presa a prestito da Frankestein Jr., quando alla stazione il protagonista fraintende la parola taffetà scambiandola per un saluto della sua amata: una scena tragicomica in un film comico che racconta una storia tragica, quella di Frankestein, il mostro rigettato.

Non credo è una canzone con un messaggio diretto che non passa inosservato. Volete raccontarci come è nata e di cosa parla?
Non credo è un sermone pagano frenetico e sfrontato costruito con le diverse affermazioni poco amichevoli da parte della chiesa nei confronti di donne, omosessuali e persone indifese in generale. Il brano non è una canzone contro chi crede, ma una richiesta disperata di apertura, di tolleranza, d’inclusività e di comprensione. Questo significa che non siamo a favore delle religioni come istituzioni ma siamo invece a favore di una religiosità intima, rivolta a tutto l’esistente. Questo è anche l’atteggiamento che abbiamo nei confronti della musica.

Cosa farete questa estate e cosa avete in programma dopo?
Tra pochi giorni partiremo per l’Alibi tour che inizierà il 19 luglio dal Viniles di San Benedetto del Tronto per poi andare in Puglia (il 20.07 al Lullubay di Ostuni e il 22.07 al Surf Bar di San Foca) e il 23 a Matera per il Nessuno Resti Fuori Festival. Ci prenderemo poi una piccola pausa perché è stato un periodo davvero intenso e a settembre riprenderemo il 9 dal Grottarossa a Rimini e il 22 dal Ligera di Milano.

C’è una canzone in cui l’ascoltatore potrà capire chi sono realmente Le Hen?
Non credo, nel senso: non crediamo di saper scegliere!

Perfetto ragazze. Vi ringrazio per queste quattro chiacchiere e invito tutti i lettori a seguire Le Hen su Facebook, Instagram, Youtube e sui più importanti digital store e piattaforme di streaming.

Info: https://www.facebook.com/LeHenBand/

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