LEEVE, artista e ingegnere del suono di Varese, non è altro che Livio Perrotta, conosciuto da fine anni ’90 come Livio: il produttore degli Huga Flame, un gruppo Hip Hop che faceva i numeri, quando ancora i numeri non erano importanti. Basta pensare agli oltre 150.000 download del disco Facce da Huga, gli oltre 600 concerti in tutta Italia e i milioni di visualizzazioni dei loro singoli su YouTube.
A distanza di molti anni, Livio cambia il proprio nome in Leeve firmando una serie di progetti solista come produttore e interprete. In questa intervista abbiamo avuto il piacere di parlare con lui di produzione, di ingegneria del suono, del mercato musicale, della pandemia e del suo ultimo singolo Maldetta, uscito qualche giorno fa per Platinum Label e distribuito da The Orchard/Sony Music
Intanto ne approfitto e ti chiedo: spiegheresti ai lettori di questo blog cosa fa un Producer, un Beatmaker e cosa fa un ingegnere del suono? O se ci sono altre figure che gli appassionati di musica devono conoscere?
Prendiamo per esempio una missione spaziale per andare sulla luna: il beatmaker costruisce il groove di partenza, l’idea, il beat, sostanzialmente il propulsore dell’astronave che le darà la spinta. Il producer (che spesso è anche il beatmaker) si occupa di tutto il resto, tutta quella moltitudine di aspetti costruttivi che permetteranno all’astronave di arrivare a destinazione e di pilotarla in modo sicuro: cura tutto ciò che non è solo il groove, cioè la spinta, ma anche l’elettronica, i dispositivi di guida e assetto, gli interni, le forniture di cibo, fino al colore della vernice dell’astronave. Cura il concept di tutta l’astronave in modo tale che funzioni alla perfezione. Cura quindi tutto il brano dall’inizio fino alla fine, inclusa l’incisione del cantante o del rapper, guidando ogni singolo dettaglio musicale. Molte volte se non è in grado di “arrangiarsi” autonomamente, chiede qualche aiutino a chi si sa arrangiare bene: gli “arrangiatori” (una delle figure più importanti ma più sottovalutate nell’ambiente). L’ingegnere del suono è lo specialista che monitora i parametri, aggiusta i dettagli per fare in modo che la missione abbia un risultato eccellente. Altre figure sono importanti, ad esempio il produttore discografico è il comandante che guida (da terra) il progetto verso destinazione ed è il responsabile del successo della missione e del ritorno dell’investimento. Poi, per ultimissimo c’è l’astronauta… che è il frontman del progetto, il cantante… quello su cui si concentra tutta l’attenzione, i sentimenti, le emozioni del pubblico o meglio, del mondo. Ed è l’unico che sale sull’astronave ma allo stesso tempo quello che deve stare con i piedi per terra più di tutti gli altri. Perché se l’astronave fallisce, lui è l’unico che non sopravvivrà. Mentre tutti gli altri addetti potranno ancora riprovarci, progettando una nuova missione, con una nuova astronave e con un nuovo astronauta. Intanto la luna guarda tutto questo in attesa che qualcuno dalla terra arrivi a farle visita. (ndr Sorride!).
Tu come hai iniziato con la musica?
Ho iniziato presto, a 10 anni strimpellando la chitarra e il piano. Suonavo anche l’organo in chiesa, alle messe (facevo sempre le stesse canzoni perché sono sempre stato molto pigro e non avevo voglia di impararne di nuove…). A 15 anni ho iniziato a produrre con le macchine, quindi con il computer, con l’elettronica. Potrei raccontare di tutto ma non credo sia interessante. Non ero un talentuoso prodigio o un bambino genio. Assolutamente no. Ero solo un piccoletto con gli occhi curiosi che cazzeggiava con cose che emettevano note e suoni e ogni tanto l’azzeccavo. A prescindere dal lato tecnico, accademico e pratico, la musica ha accompagnato la mia adolescenza, mi ha aiutato ad avere sempre un obiettivo, a distrarmi dalle cose che non erano importanti. A provare emozioni forti. E soprattutto a coprire quei rumori dentro al cuore che non ti fanno dormire la notte. Il volume del silenzio non può essere modulato, aumentato, quindi il silenzio non potrà mai vincere contro il rumore. Ma la musica si… lei puoi vincere contro il rumore… lei si… basta alzare il volume. Oggi dopo tanti anni ho scoperto anche la bellezza del silenzio. Ma se non basta… alzo il volume della musica.
Il tuo primo gruppo e incisioni, se non sbaglio, è stato sotto il nome di Huga Flame. Facevate Hip Hop e andavate alla grandissima. Come mai vi siete sciolti?
Gli Huga Flame sono stati una parte importante della mia vita. Ne ho prodotto le musiche degli album in totale libertà, ho avuto tante soddisfazioni, abbiamo fatto grandi cose negli anni 2000, 150.000 download dell’album nel 2006, oltre 600 concerti in tutta la carriera, in un periodo in cui era difficile per un gruppo hip hop indipendente emergere. Rispetto a oggi, è come aver percorso 1000 km a piedi anziché in aereo. La soddisfazione è notevole perché la nostra strada aveva un grande cuore. Ma a parte quelli che sono stati i traguardi del gruppo, la cosa più importante è che ho capito quanto è importante per me la musica ma soprattutto lo spirito di squadra e l’amicizia. Se il team è unito e sano si raggiungono più facilmente i traguardi difficili. Si vincono campionati se la squadra è solida e c’è intesa. Oggi le cose sono cambiate, come spesso accade nel calcio, molti giocatori decidono di cambiare squadra e passano ad altre squadre alla ricerca di nuovi stimoli, più soddisfazioni personali, anche individuali ed è comprensibile. Io lato mio sono sempre rimasto uno Huga, solo che sono rimasto da solo. Gli Huga si sono sciolti perché non può esistere una squadra fatta di una persona sola. E gli Huga erano per me il simbolo universale della squadra. E ringrazio Dydo, Ronin, e soprattutto le tante persone che ci hanno sostenuto per essere stati i compagni di uno dei viaggi più importanti della mia vita.
Ora hai assunto il nome di LEEVE. Perché non sei rimasto LIVIO come prima?
Per due motivi: prima di tutto per un discorso tecnico, perché Livio è troppo generico e credo ci siano troppi “Livii” in giro. Meglio trovare un nome poco inflazionato per un discorso di unicità del nome. Il secondo motivo è che il cambiamento non vuol dire solo voltare pagina, ma a volte rincominciare un nuovo libro. Serviva un titolo nuovo al mio libro. Un caro amico (DJ Panico) ha iniziato in questi ultimi anni a chiamarmi “LIV”… col tempo è diventato “LEEVE”, e mi piace perché suona un po’ come “leave” in inglese, cioè “lasciare”… lasciare andare il passato per rincominciare oggi un nuovo futuro. Penso sia il nome adatto a uno come me.
Quale genere di musica proponi col tuo nuovo nome solista?
Essendo molto poliedrico, per me è stato molto difficile definire il mio genere. Quindi ho lasciato scegliere agli amici. Qualcuno dice electro-pop, qualcuno future-wave, altri synth-wave. Sinceramente non riesco ad etichettarmi. Ognuno si senta libero di etichettare come preferisce. Se un giorno diranno che faccio Liscio chiaramente capirò che sono un po’ confuso (ndr ride!).
Tu sei anche il produttore di nomi internazionali. Sono lavori fantasma o puoi svelarcene alcuni?
Molti sono lavori fantasma. Ho fatto spesso il “ghost producer”. Purtroppo non posso svelare nulla per accordi presi, ma penso sia chiaro a tutti cosa significhi sentire un pezzo in radio di “tizio famoso” e dire “ah quello l’ho fatto io ma non lo sa nessuno”. Penso che tanti potrebbero pensare sia deprimente, ingiusto, stupido. A me piace essere un ghost e tenere le cose per me. Perché questo mi tiene lontano dalla ricerca del consenso degli altri, lontano dall’ego. E mi concentro sull’essenzialità del fare musica. E questo mi ha insegnato tanto. Oggi è molto difficile non essere schiavi dell’ego. L’ego è una delle malattie più difficili oggi. Questa è una delle mie medicine che mi piace, un segreto con me stesso. E in generale, non solo nella musica, mi piace fare cose belle in segreto. E’ molto adrenalinico.
Come si fa a diventare Ghost Producer?
Quando ti identificano come “specialista” possono proportelo. Vedi Dr Dre, in pochi sanno che dietro ai suoi maggiori successi c’è Scott Storch. E’ un argomento di marketing: se i cantanti sono anche autori delle cose che cantano acquistano più valore. Capita anche con i rmx e brani di alcuni DJ di successo, hanno un grande nome e quindi si sfrutta il marchio, ma dietro ci sono altri “topi da studio” che soffiano sotto le loro ali. E’ normale e molto comune. Ho amici che hanno prodotto successi incredibili. Ma potrei morire se parlo.
L’Hip Hop lo hai abbandonato per sempre? O credi che farai ancora qualcosa?
Assolutamente no. Ho appena prodotto insieme al mio carissimo amico Seck il singolo di Amill Leonardo, dal titolo Maria. Sono molto contento di aver collaborato con loro, persone e professionisti di grande valore. Io non ho smesso di fare hip hop, ho solo concentrato i miei sforzi nella qualità anziché nella quantità. Non solo qualità artistiche delle persone che hanno voglia di lavorare con me, ma soprattutto qualità umane. Quindi solo con pochi e solo se trovo ispirazione. Lavorare insieme a Seck per esempio mi dà molta energia e tanta ispirazione in un contesto umanamente molto elevato.
Come è nato invece il singolo Maledetta?
E’ nato dallo spirito di squadra: la musica del brano è nata da me, mentre il testo è nato da uno dei miei migliori amici, l’autore Fernando Di Cristofaro. L’ingegnere del suono che ha curato la qualità de suono è una altra persona a me molto cara, il mitico Seck. Tutti ci abbiamo messo un pizzico di cuore e di passione. In questo caso, oltre al producer, faccio anche l’astronauta… speriamo di tornare a casa sano e salvo. (Ndr Ride!)
Che cosa dice il pezzo?
Il testo del brano ti guida attraverso un viaggio onirico, fatto di ricordi surreali e confusi provenienti dal subconscio, che rappresentano tutto quello che l’uomo ha vissuto nella sua vita prima di incontrare il proprio vero amore. La luna, con il suo fascino, rappresenta la meta finale, quel simbolo di attrazione gravitazionale al quale non si può sfuggire, per questo ironicamente maledetto.
Come mai avete scelto questo particolare concept per il video?
Cercando idee per il video di Maledetta, il giorno prima di partire per le mie vacanze in Calabria ho avuto questa illuminazione e ho deciso di filmare il viaggio in macchina che tutti gli anni faccio per tornare nella mia terra di origine e usarlo come DocuClip in hyperlapse. Questo tragitto di 1050 km di autostrada, da Varese a Bonifati, è un viaggio che per me è tradizione e lo è per tanti. E’ una sorta di pellegrinaggio verso la propria terra madre, lungo e tortuoso, che arriva a sfiorare le 16 ore se va male. Chiaramente in aereo sarebbe più comodo, ma è una questione di orgoglio, di ricordi di quando ero bambino e partivo con i miei genitori. La sosta per fare pipì, il pranzo in macchina, l’arrivo in serata con un saluto al mare. Fortunatamente la sera in cui sono arrivato, a Bonifati, sulla spiaggia di Cittadella Del Capo, c’era un meraviglioso tramonto lunare. E visto che il brano parla della luna, questo è stato un segnale chiaro che quello sarebbe stato il video perfetto. E l’ho fatto diventare un omaggio, un umile ricordo, per tutti quelli che come me ogni anno tornano nella loro amata terra.
Credi che si potrà tornare a viaggiare come prima?
Certo! Anzi di più. Abbiamo bisogno di viaggiare, non tanto per “spostarsi”, ma per vedere, conoscere altre persone, scambiare opinioni, contaminarci tra culture diverse, soddisfare la nostra curiosità e fame di conoscenza.
Cosa ti ha insegnato il Covid e in generale la pandemia?
Mi ha insegnato prima di tutto l’importanza della pazienza e dell’accettare quello che noi non possiamo controllare. Ma soprattutto l’importanza dei rapporti umani, soprattutto fisici. Siamo animali sociali ed è necessario incontrarsi di persona e berci un caffè insieme. Ah dimenticavo, mi ha insegnato anche l’importanza di Amazon e Netflix. (Ndr. Sorride!)
Come potrebbe risollevarsi secondo te il settore musicale e dello spettacolo?
Tante volte abbiamo visto il settore della musica e dello spettacolo sul letto di morte: la fine delle musicassette, la fine dei CD, la loro pirateria, il passaggio agli mp3 scambiati illegalmente, cimiteri pieni di canali tv e radio etc eppure la musica è ancora viva, non potrà mai morire, ma è solo l’energia primaria, l’ingrediente di partenza. Il “settore” è il mezzo di trasmissione di questa energia ed è l’unico elemento labile del sistema. In tutta la storia del mondo umano, sappiamo che dalle sconfitte sono nate sempre nuove iniziative, per esempio dagli mp3 è nato Spotify, dalle TV si è passati a Youtube. Chi l’avrebbe mai detto, qualche anno fa vivevamo un dramma. Oggi il business invece non è morto, si è solo trasformato, è cambiato. Lamentarsi come fanno tanti non serve a niente. Serve visione e innovazione. E chi ha avuto questo spirito è sopravvissuto nella storia. A prescindere dal COVID, il mondo è stato e sarà sempre in costante cambiamento: solo chi riesce a cavalcare l’onda del cambiamento può sopravvivere, questo in tutti i settori. Bisogna sempre trasformare le sconfitte in opportunità, solo così riusciremo sempre a risollevarci.
Guarda il video Maledetta di LEEVE
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