Oggi sulle pagine di Blog della Musica intervistiamo Leonora Armellini, una delle pianiste più affermate del panorama musicale internazionale.
Leonora Armellini ha cominciato a muovere le mani sui tasti bianchi e neri all’età di 4 anni per diplomarsi con lode e menzione a soli 12 anni ed è stata l’unica pianista italiana ad aver vinto il Premio “Janina Nawrocka” al Concorso F. Chopin di Varsavia nell’ottobre 2010. Le abbiamo rivolto alcune domande per conoscerla meglio…
Benvenuta Leonora Armellini su Blog della Musica. Il fatto di essere stata definita un prodigio che effetto fa?
Il fatto di essere stata considerata un “prodigio” mi fa tornare indietro nel tempo a quando ero bambina e tutto fluiva con spontaneità, anche la musica. Ricordo tuttavia che, anche se molto giovane, avevo un innato senso di responsabilità soprattutto verso me stessa. Per il resto quella del “prodigio” è una sorta di etichetta con un valore relativo; riuscivo semplicemente a eseguire brani anche complessi ma non senza dedicarvi tempo e attenzione per cui se esistono i “prodigi”, dietro di loro c’è tanto lavoro e un impegno costante.
Ci sono infiniti strumenti musicali, come mai hai scelto di dedicarti proprio al pianoforte?
Sia io che mio fratello Ludovico abbiamo iniziato col pianoforte perché a 4 anni era lo strumento di cui avevamo disponibilità in casa e che potevamo suonare anche con la mano piccola. Poi è ovvio che sentire il pianoforte suonare in casa per la gran parte della giornata ha avuto il suo peso. Poi mio fratello si è innamorato del violoncello e ha iniziato a studiarlo quando aveva la mano sufficientemente grande. Nel mio caso la passione per il pianoforte si è consolidata e strutturata e quindi… eccoci qua!
Hai un fratello gemello, Ludovico, che suona il violoncello, mamma è pianista e papà è fagottista, ex direttore del Conservatorio di Padova, si può dire che la musica scorra nel vostro Dna. Quando Leonora Armellini ha capito che il pianoforte era la sua strada?
Vivere in un ambiente familiare ricco di stimoli è stato determinante. Si può dire che la musica fluisse in casa nostra senza sosta e questo era bellissimo, molto affascinante e di grande stimolo. Per quanto riguarda me e mio fratello siamo stati del tutto liberi di seguire le nostre inclinazioni musicali e questo fatto ci permette oggi di suonare spesso insieme il bellissimo repertorio per violoncello e pianoforte. Quando ci esibiamo in concerto tra noi due scatta un’intesa musicale ai confini con la “telepatia”, ognuno sa in anticipo cosa farà l’altro: questa potrebbe essere la prova che il Dna ha la sua importanza ma non credo che sia solo questione di genetica, sono sicura che c’è anche dell’altro…
Leonora Armellini hai mai avuto qualche crisi che ti ha fatto dubitare di quale fosse la tua direzione?
La vita non è un progredire costante, anzi, alle volte sembra che sia necessario fermarsi o tornare indietro per rielaborare, riflettere, metabolizzare. E non sempre il processo è indolore, talvolta è proprio doloroso. Molte volte ci si chiede se si è nella giusta direzione, se la musica sia il percorso giusto per ottenere sia il successo che la serenità interiore. Come tutti i musicisti che svolgono questa professione ho vissuto momenti di crisi o di confusione circa le mie motivazioni e sul ruolo che avevo scelto per me. In quei momenti è determinate la consapevolezza del “vero perché” alla base della mia scelta di fare la musicista. E ogni volta che mi sono dovuta confrontare coi dolori e le difficoltà della vita è emersa la mia natura, potrei dire la mia essenza. Ed essere conscia che per me la musica è vita mi ha aiutato a superare i momenti di crisi più acuti rendendomi poi più forte e determinata.
Hai fatto più di 500 concerti in tutto il mondo, da New York a San Pietroburgo, da Parigi a Londra, hai inciso molti Cd, hai partecipato a diversi programmi televisivi, tra cui Sanremo, hai tenuto un concerto da solista nell’ambito dei “Concerti della domenica al Quirinale”. Dove ti piacerebbe suonare e cosa?
Potrebbe apparire banale, ma… dovunque ci sia un pianoforte. Tempo fa ho suonato a lungo su un pianoforte sistemato all’interno della Stazione ferroviaria di Padova, uno strumento messo a disposizione dei viaggiatori. E’ stata un’esperienza davvero singolare che mi ha fatto comprendere che dove ci sono persone disposte ad ascoltarmi, là è il mio posto…
In un mondo di uomini è stato difficile essere una pianista donna?
La professione musicale è molto peculiare. Potrei dire che il genere conta molto relativamente perché essere uomo o donna assume un importanza secondaria di fronte alla musica. In musica non puoi dissimulare, o suoni bene o suoni male indipendentemente dal genere, razza, etnia o credo religioso. Ecco perché la musica è sia un discrimine, sia un fattore unificante, universale. Tutto il resto è “teoria”…
Oltre alla musica Classica, Leonora Armellini ascolta qualche altro genere musicale?
Non credo alla dicotomia Musica classica/Musica leggera, credo piuttosto al dualismo musica bella/musica brutta. Per questa ragione, non disdegno affatto del buon rock (magari “progressive” rock) e apprezzo molto la canzone d’autore.
Se dovessi consigliare ai nostri lettori qualche composizione da cui cominciare per avvicinarsi alla Classica, che cosa suggeriresti?
Quando ero molto piccola, mi ero innamorata della Sinfonia n. 40 di Mozart, non smettevo mai di ascoltarla. Avevo anche una preferenza chiara nei confronti dell’esecuzione diretta da Furtwangler. Quando i miei genitori cambiavano il CD mettendo sul lettore un’altra esecuzione me ne accorgevo e protestavo vivacemente…
Con questo non voglio dire che tutti dovrebbero ascoltare la Sinfonia n. 40 per appassionarsi della musica, mi sono accorta in prima persona che sin da piccoli il gusto è un qualcosa di molto personale. L’ideale sarebbe cercare e trovare ciò che appassiona, ciò che muove le emozioni. E se si è molto piccoli, ci vuole l’aiuto di mamma o papà…
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- Foto di copertina di Lodovica Barbieri