INTERVISTA | Lo Yeti: una chiacchierata liquida

Ecco Lo Yeti. Sottile, elegante, tutt’altro che un mostro. In questa intervista ci presenta Le memorie dell’acqua, il nuovo disco…

Questa continua antitesi di sentori e di significati è rintracciabile in ogni istante del bellissimo esordio di Lo Yeti  dal titolo Le memorie dell’acqua. Vi abbiamo mostrato oggi il nuovissimo video Santa Madre dei Miracoli il secondo estratto da questo lavoro. Una canzone che a suo modo è originale e molto molto ricca di personalità. Una canzone che non recita e che non è retorica, che cerca la metafora e la raffinatezza letteraria. Nuova voce e nuove energie in questa scena indie del cantautorato nostrano. Ospitiamo Lo Yeti, ospitiamo Pierpaolo Marconcini, non il grafico pubblicitario che è, ma il cantautore che sta diventando. L’intervista per gli amici di Blog Della Musica:

Benvenuto in questo nostro piccolo grande Blog. Complimenti per il video. Mi è piaciuto moltissimo cercare (e non riuscirci per la verità) delle connessioni che possano in qualche modo legare le immagini al testo. In realtà di connessioni potrei inventarne tante… ma qual è quella giusta?
Mi piace poter lasciare aperti significati e interpretazioni diverse, cercando di evitare soluzioni troppo didascaliche, dove ciò che ti dico te lo faccio anche vedere. questo nel video, come nelle mie parole, nella scelta delle parole da utilizzare per descrivere qualcosa. Nel video mi interessava parlare, attraverso la metafora dell’osservatorio scientifico, del nostro essere in constatante ricerca di qualcosa, meglio qualcuno, che possa essere simile a noi, ma di come, allo stesso tempo, siamo quasi incapaci di cambiare noi stessi per avvicinarci davvero a loro. Cerchiamo persone che sappiano illuminarci, ma poniamo fra noi e loro strumenti e filtri che in realtà ci allontanano e ci raffreddano, quando basterebbe guardare con gli occhi, aprendo la cupola come nel video, per vedere la loro luce.

Un disco nuovo che parla di tempo, di amore, di se stessi… di acqua… qual è il vero motivo che lo ha fatto nascere?
Credo l’esigenza di riuscire a raccontarmi in primis e a raccontare poi, diverse esperienze della mia vita, relazioni e sentimenti che, in altro modo, non ero riuscito ancora ad affrontare. Una piccola catarsi domestica insomma, che mi ha permesso di capire e affrontare sentimenti prima inespressi per saperli così lasciare andare, all’acqua, sapendo che non sarebbero tornati indietro, ma che magari sarebbero potuti arrivare a qualcuno che avesse avuto la voglia di bagnarsi con esse.

Le mode del momento. Ogni momento, ogni tempo ha le sue mode che dettano regole… Lo Yeti che mode segue?
Difficile da dire, nel senso che mentre scrivevo queste canzoni non avevo grande progettualità o lungimiranza per decidere dove metterle o per cercare di “inserirmi” come cantautore in una determinata scena musicale. Questa credo sia la migliore caratteristica di questo album, perché nato senza forzature o vincoli di qualunque genere. Per crearlo ho cercato di utilizzare suoni e strumenti che sentivo potessero essere utili per comunicare determinati stati d’animo, che fossero analogici o digitali, caldi o freddi e che potessero accompagnare al meglio le parole, che per me qui hanno la funzione principale. Poi certamente le influenze sono tante, ma anche queste abbastanza inconsce, date dagli ascolti di una vita, da quegli artisti che mi hanno segnato e formato come musicista e che quindi si sono presi sicuramente un piccolo posto all’interno di questo album.

Bellissima La nostra rivoluzione. Ma come in questo brano e sottilmente ovunque sembra quasi che il tuo racconto sia di un tempo che resta fermo e non cambia… nel tempo ciclicamente fatto sempre delle stesse cose… sbaglio?
L’intero album parla proprio di questo, di cambiamento, o meglio, della difficoltà e a volte dell’impossibilità che abbiamo di cambiare, andare avanti, evolverci, nella nostra quotidianità e nelle relazioni interpersonali. Queste sono le cose di cui volevo parlare, che volevo raccontarmi, proprio perché fermo io stesso, immobile nella ciclicità degli eventi della mia vita. Avevo bisogno di mettere a nudo le mie fragilità per poterle accettare. Costruiamo troppo spesso attorno a noi stessi un contesto ovattato, dove ci sentiamo liberi e sicuri, accorciando sempre di più il perimetro, perché abbiamo paura di farci male, di fallire; e questo si accorcia, in modo proporzionale al nostro invecchiare.

E domani? Una volta asciugata, passata, evaporata l’acqua di oggi?
Ci sarà il sole, se avremo finalmente voglia di uscire di casa.

Info: https://www.facebook.com/Loyeti.paginaufficiale

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