Le composizioni del clarinettista Luca Luciano sono state citate in libri che trattano il repertorio clarinettistico ricevendo ampio apprezzamento anche nel ambiente accademico (Penn State University USA, Cambridge University e Glasgow University, UK, Università di San Paulo e Facoltà di Santa Marcellina, Brasile, Royal Conservatory in Belgio). Luciano ha ora pubblicato un nuovo disco con composizioni classiche dal titolo XX Century Music for Clarinet. L’abbiamo intervistato per saperne di più…
Diamo il benvenuto a Luca Luciano. Quali sono stati i motivi musicali, storico stilistici che ti hanno portato a scegliere il ventesimo secolo come focus storico musicale per il tuo disco?
A dire il vero non c’è nessun motivo storico in particolare. Volevo semplicemente registrare un album che fosse, per la prima volta, interamente di musica classica e di composizioni non mie visto che tutti i dischi precedenti includono quasi esclusivamente composizioni mie o scritte per me. La musica inclusa nel nuovo CD è tutta del ventesimo secolo, brani che eseguo regolarmente durante i recital ed i concerti che faccio in giro per l’Europa ed il sud America. Assieme a brani raramente eseguiti di compositori brasiliani (come Claudio Santoro ed altri minori), il CD include opere più conosciute come la Sequenza IXa di Berio ed i Tre Pezzi di Stravinskij. Altri compositori di rilievo del ‘900 sono parte del programma come Olivier Messiaen e John Cage (la cui sonata è anch’essa poco presente nei programmi concertistici). Un punto di principio per me è stato quello di non trascurare (peggio ancora omettere) un fenomeno musicale del 900 come la musica jazz. Ergo l’inclusione di un classico di George Gershwin (con momenti di estemporaneità) nel programma.
Che consigli daresti a un clarinettista che non conosce la musica del ventesimo secolo e vorrebbe capirla più da vicino proprio partendo dal tuo disco XX Century Music for Clarinet?
Io darei ad un giovane clarinettista lo stesso consiglio che darei in generale ad ogni ascoltatore, ovvero di approcciare la musica che ascoltano senza pregiudizi e senza preconcetti. In questo caso specifico, senza farsi intimidire da termini come “avanguardia”, musica “seriale”, musica “concreta”, “microtonale” e così via, ma di ascoltare con la mente e l’animo aperti e di lasciarsi coinvolgere dalla musica.
Nel 900 c’è tanta produzione artistica di altissimo valore, tanti brani geniali (per esempio i Tre Pezzi di Stravinskij inclusi nel disco). Non bisogna farsi distrarre o fissarsi troppo sul lato di questa musica generalmente considerato, per così dire, un po’ cervellotico ovvero l’atonalità o il serialismo che a volte, non a torto, viene percepito come troppo freddo e “matematico”.
Che sia musica tonale, cromatica, seriale o no, può essere gradevole ed arricchire il nostro animo. Sicuramente una delle intenzioni principali del album è quella di far scoprire uno o più brani di repertorio a giovani musicisti. Nell’album ho cercato di creare un piccolo viaggio, iniziando con un brano raramente eseguito, di un compositore minore brasiliano, molto lirico e con un gusto melodico tipico brasiliano.
Poi i Tre Pezzi di Stravinskij che non hanno certo bisogno di presentazione. ll disco include quasi tutti brani relativamente brevi eccetto per un paio di composizioni più lunghe che richiedono un ascolto più attento come Messiaen o la Sequenza di Berio. Quest’ultime (come tutte le altre eccetto per pochissime) daranno la possibilità di abituarsi a forme e strutture che hanno una percezione dello spazio e del tempo diversa dai secoli passati. Non ci si dovrebbe fissare troppo sul lato “seriale” della composizione o su quanto particolari siano un certo tipo di effetti sonori.
Assieme a brani tonali come quello di Malcolm Arnold, c’è musica (quella di Miranda) che pur essendo fondamentalmente cromatica ha una tale vivacità ritmica tipica della musica popolare brasiliana a cui sarebbe difficile resistere. La Sonata di Cage, poco eseguita, è uno di quei brani dove se si riesce ad andare oltre il discorso della musica seriale e tutta la logica dietro di essa (per esempio l’ultimo movimento della sonata è l’esatto retrogrado del primo movimento), non si può non cogliere quel senso dello humour che il compositore stesso ha tante volte mostrato durante le sue interviste.
Non fossilizzarsi su quanto atonale sia il brano di Messiaen e le figure ritmiche che usa, ma cogliere il tragico senso di desolazione (quasi agorafobico) delle sezioni lente (anche molto liriche però) alternate a momenti che riecheggiano l’agilità di un volatile.
Competenze tecniche ed estetiche
Secondo Luca Luciano quali sono le competenze musicali che dovrebbe sviluppare uno strumentista per poter meglio far conoscere e capire i segreti di questa musica, a volte misteriosa, a volte complessa che nella maggior parte dei casi rimane ancora di difficile comprensione?
Ci sono due tipi di competenze che devono essere sviluppate: una è di tipo tecnico e l’altra è di estetica. Tecnicamente parlando si tratta prima di avere un’ottima padronanza dello strumento, della tecnica standard, per poter poi avere le basi necessarie per sviluppare tutta una serie di tecniche tipiche della musica del 900 e contemporanea.
Penso appunto alle tecniche estese e quindi anche di riuscire ad ampliare la propria gamma sonora. C’è ovviamente anche da sviluppare una conoscenza tecnico-compositiva per riuscire ad analizzare l’opera e concettualizzarla al fine di riuscire ad assorbirla bene e poter eseguirla con naturalezza. La vera difficoltà, ergo i problemi che sia il pubblico che gli esecutori hanno con questo repertorio, è che spesso non è chiaro il lato estetico di questo tipo di musica, non è chiaro esteticamente che cosa sta succedendo o dovrebbe succedere. Bisogna familiarizzarsi con forme musicali diverse dai secoli precedenti (non c’è la forma sonata o della canzone) ed anche la percezione dello spazio e del tempo è diversa da prima (dal senso del ritmo tipico della danza rispetto a composizioni dove non c’è più neanche un vero metro o lo spezza battute).
Non si riesce ad infondere vita in questa musica perché non li si è vissuta, non la si è fatta propria, non la si comprende esteticamente e, soprattutto, non è ben chiara l’idea del brano. Eseguire semplicemente le noticine scritte è, ancor di più su questo repertorio, un esercizio noioso ed una mera dimostrazione di questo o quel metodo compositivo fine a se stessa. Proprio Schoenberg faceva notare che il metodo dei dodici suoni è solo e soltanto un metodo e quindi un mezzo che potrebbe essere utile per un fine creativo, un genuino gesto poetico e non il fine in sé per sé come purtroppo è poi diventato per parecchi compositori del 900. Quest’ultimo è uno dei motivi principali del distacco del pubblico da questa musica.
Qual è il tuo approccio analitico e compositivo quando ti si presenta un linguaggio non Tonale-seriale tipico della musica del Novecento?
Come faceva giustamente notare il compositore sopracitato nel suo trattato di armonia, viene prima la musica e dopo la teoria ovvero viene prima la musica suonata e vissuta e dopo c’è un’analisi a posteriori grazie alla quale si può concettualizzare quello che è già successo e quindi cristallizzarlo. Fondamentalmente è questo il mio approccio. Viene prima la musica e quindi prima il suonare il brano, il cercare di capire il senso, l’idea nella sua totalità e, ovviamente, dopo c’è l’analisi. Questa può essere sia di tipo compositivo (cercare di capire quale linguaggio si utilizza, il metodo compositivo, il materiale armonico e melodico che si sta utilizzano, ecc) ma tutto questo per fare in modo che io possa assorbire bene il brano, lo possa memorizzare e possa quindi poi riuscire ad infondergli vita e suonarlo come se fosse una mia “improvvisazione”. In realtà è lo stesso approccio che utilizzo per qualsiasi altro brano di musica erudita o popolare.
È ovvio che comprendere che cosa sta succedendo a livello compositivo, armonico/melodico, formale, aiuta ad avere un’idea chiara del brano, della struttura e, soprattutto, dell’idea che il compositore vuole convenire all’ascoltatore. Aiuta anche conoscere artisticamente il compositore, il suo lavoro, il periodo storico e la sua estetica per fare in modo di eseguire il brano in maniera che sia in linea con l’estetica del compositore e del periodo storico. Lavorando molto come artista solista, è importante per me, anche perché conforme alla mia natura creativa, che la mia sia un’esecuzione “attiva” e non “passiva”. Questo però è un equilibrio difficile da ottenere che richiede tanta maturità artistica.
Il Clarinet Solo Project
Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a decidere per un disco “A solo”?
Come accennato, lavoro esclusivamente come artista solista, in contesti di musica da camera, da solo o con pianoforte. Il mio progetto principale è infatti il “Clarinet Solo Project”, un progetto strettamente connesso alla mia ricerca accademica che si concentra proprio su tecniche estese, effetti sonori e produzioni sonore non convenzionali ma anche nuove composizioni per clarinetto con prime mondiali di nuovi brani regolarmente eseguite ogni anno in UK (a Cambridge, la prestigiosa St. Martin in the Fields di Londra, ecc). È mio interesse dare spazio anche a musica raramente eseguita. Infatti questo nuovo disco include brani che io stesso ho raccolto durante i miei viaggi in Brasile (dove vado in tournée ogni anno) assieme ad altre composizioni che meriterebbero forse più spazio (John Cage, ecc).
Quali indicazioni daresti all’ascoltatore per poter meglio apprezzare il lavoro te svolto?
Come accennavo prima, il consiglio migliore per quanto riguarda l’ascolto della musica (non solo del Novecento e non solo mia) è di ascoltare senza pregiudizi, con una mente ed un cuore aperto. Il problema non è la mancanza di conoscenza tecnica e/o di conoscenza filosofica (estetica vista come “filosofia dell’arte”). Queste due, se si vuole, possono essere acquisite. Il punto è riuscire a connettersi quantomeno a livello spirituale con la musica che si ascoltando. In generale, la musica che produco, non solo questo album, non è per un ascolto superficiale o per mero intrattenimento.
È per arricchire l’intelletto e l’animo di altri esseri umani. È importante per me condividere la mia arte con altri esseri umani e dare il mio modesto contributo all’umanità. Quello che faccio è mettere a disposizione un qualcosa che non è altro che un oggetto di contemplazione. Chi vuole arricchirsi intellettualmente e spiritualmente (a prescindere dall’alta conoscenza tecnica o dal suo avanzamento filosofico) può, tramite un’opera d’arte e la contemplazione di essa, appunto “contemplare la propria potenza”. È quindi musica che richiede un atteggiamento non superficiale e la voglia di approfondire, perché no, di mettersi in discussione.
i giovani non si devono intimidire quando sentono parlare di Musica Colta
Infine chiediamo sempre un consiglio che ti senti di dare ai giovani che vogliono approcciarsi in maniera professionale alla musica colta…
Il consiglio che do ai giovani musicisti è che non devono farsi intimidire o alienare da parole come “musica colta”, musica “erudita”, ecc. Non devono farsi ingannare da termini come “popolare” e credere che sia più “facile” e quindi anche alla loro portata . La verità è che per eccellere in qualsiasi arte o artigianato/mestiere c’è bisogno di dedicarsi in maniera seria ed approfondita. Il piacere che si prova non è quindi un piacere di livello più basso, ovvero materiale.
Non si dovrebbe approcciare la musica solo per fini effimeri come l’intrattenimento (che ha una sua utilità nei contesti giusti, che sia ben chiaro) oppure per ambizione (il successo economico per esempio). Chi ne ha l’attitudine, chi per natura vuole approfondire allora deve dedicarsi con impegno ad un qualcosa che porterà risultati più importanti ma che ha bisogno di più tempo. Se esiste qualcosa come il “dono”, allora questo qualcosa è la resilienza. Chi cerca la gratificazione immediata non raggiunge quasi mai vette elevate nella musica come nella vita.
Ogni grande artista deve conoscere bene il proprio mestiere, il suo “artigianato” e questo lo si impara solamente con anni di lavoro dedicato dove il premio non è il la gratificazione immediata ma invece l’arricchimento del proprio animo, del proprio spirito. Quindi chiunque vuole fare musica seriamente, a prescindere da definizione che lasciano il tempo che trovano, deve dedicarci tempo e col tempo poi sentirà sempre di più l’esigenza di approfondire, sempre di più l’esigenza di migliorarsi tecnicamente e filosoficamente per avere poi i mezzi per essere creativo. Questo sia per chi per sua natura è “poetes” sia per chi vuole semplicemente eseguire bene un certo tipo di musica che gli piace e che gli interessa.
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