I musicisti Luca Pincini e Gilda Buttà, violoncellista e pianista, ci raccontano il nuovo disco dal titolo XIX Pop Dance XX uscito per la Limen di Milano. Ecco l’intervista di Blog della Musica
Buongiorno e benvenuti a Luca Pincini, violoncellista e Gilda Buttà, pianista. Da poco è uscita la vostra ultima produzione discografica in collaborazione con Limen, ci potete raccontare qualcosa al riguardo? Come è nata l’idea?
L.P.: Abbiamo deciso, per la prima volta con Limen, di registrare un nuovo disco. La scelta del contenuto sarebbe stata piuttosto libera. Personalmente, sono andato a fiuto musicale, senza una vera anteprima progettuale e… guarda un po’, il senso c’era tutto.
G.B.: L’idea di fare questa produzione in collaborazione con Limen è nata da una nostra volontà e voglia di ritornare al grande repertorio classico mettendo all’interno del disco dei grandi brani che avessero anche un filo conduttore unico, il filo conduttore in realtà si è chiarito e scoperto nel tempo mentre decidevamo quali brani mettere all’interno di questo contenitore che si chiama disco. Quasi magicamente è venuto fuori il programma.
Nel cofanetto ci sono 5 autori differenti con che logica li avete accostati?
L.P.: Mi ricollego alla mia precedente. Potrei dire con che logica li abbiamo poi trovati accostati. Nella loro diversità culturale rappresentano, in certo qual modo storico di vedere la questione, un passaggio dal sentimento patriottico a certi nazionalismi (in questo caso evitati). Ma non è certo un disco politico!
G.B.: Ovviamente stiamo parlando di grandi opere come la Sonata di Debussy ma il filo conduttore è stato l’accostamento quasi spontaneo con la musica popolare, quando ci siamo resi conto che tutto questa portava quasi ad una unica strada. Ognuno dei brani che abbiamo scelto contiene danze, contiene quello ciò che adesso chiamano song, ma in realtà sono temi popolari.
Da dove nasce l’idea di questo nome XIX Pop Dance XX?
L.P.: Vorrei sapere anche io, da dove nascono le idee. Comunque, credo faccia riferimento ad un genere che fece furore alcuni decenni fa. Il concetto, poteva esser trasferito indietro nel tempo, collocato tra i due secoli indicati, e datato come passaggio storico che portava in se, appunto, i caratteri del popolare e della danza.
G.B.: L’idea è stata come al solito di Luca, lui è il pensatore. L’idea era chiaramente comune ma il titolo l’ha proposto Luca e da me accettato.
C’è un pezzo in questa produzione a cui siete particolarmente affezionati?
L.P.: Sono come cinque “…fiori sbocciati tra le pietre”, per me. Non potrei prediligerne uno in particolare. Ognuno di essi offre proprie sfumature di colore e profumi diversi. Li voglio tutti.
G.B.: Personalmente sono molto legata alla sonata di Debussy, anche se il mio amore per Rachmaninov è assoluto. Il signor Debussy ha fatto in modo che io mi innamorassi di questa opera meravigliosa e colossale perché all’inizio, molti anni fa, non era tra le mie preferite. Strada facendo è entrata nel cuore. Amo tutto quello che abbiamo registrato, altrimenti non avrei mai potuto incidere ciò che non amo.
Entrambi avete importanti carriere sia in orchestra che come solisti ci raccontate qualcosa? Che differenze ed emozioni rendono il suonare in ensemble o da soli esperienze diverse?
L.P.: L’orchestra stata una utilissima esperienza, che mi ha fatto capire molti meccanismi della concertazione musicale e mi ha ben rappresentato professionalmente. Nella mia attuale vita artistica, non può più prendere lo spazio di prima. E’ l’ora di fare una certa sintesi, di raccontare più a lungo con la propria voce. Oppure di dialogare in pochi.
G.B.: Ognuno di noi ha avuto finora una carriera – termine che non amo molto – un percorso di vita, un percorso di amore musicale, devo dire a volte simile e a volte differente. Ho avuto molto poco a che fare con l’orchestra se non con le produzioni della musica da film, ma anche in quel caso bene o male ho sempre avuto a che fare in veste da solista. E’ un bell’essere dentro a questa magia di suoni, non sentendosi mai soli. Per quel che riguarda gli ensemble anche qui ci sarebbe da raccontare moltissimo, mi limito a dire che il mio modo di suonare rimane unitario, sia che suoni con un ensemble o con Luca rimane il mio modo di suonare e non cambia il mio atteggiamento all’interno di un concerto. Quando suono da sola, sento da un lato più la responsabilità e dall’altro di più la magia dell’essere io con il pianoforte e basta. con il duo succede una cosa molto carina, litighiamo sulle scelte musicali (oltretutto essendo marito e moglie siamo un po’ più accalorati) ma alla fine del nostro percorso di lavoro, nello studio dei nuovi brani, quando suoniamo assieme mi sento libera di suonare come se fossi sola, un unico respiro, un’unica modalità. In concerto siamo in due ma è come se fossimo uno. Negli anni molte persone ci hanno confermato questa nostra idea nel bene e nel male.
Ci piace incontrare musicisti così eclettici che possono spaziare dalla musica classica al jazz, dalla musica da film a composizioni inedite di contemporanea… Ci parlate delle vostre esperienze in questi mondi?
L.P.: Ho fatto molto, qua e là, nella Musica. Sempre sentitomi stretto, dentro una sola linea di percorso. Non mi piace esser puro stilisticamente, semmai coerente sintesi del mio tutto. Con i grandi del Cinema, in particolar modo, ho lavorato moltissimo e… lì si incontra tanto. Poi il Jazz, il Rock, il Pop, la sperimentazione in genere, ecc… li ho vissuti ugualmente, presi uno alla volta. Sappiate che mi sono anche divertito. Se può interessarvi, credo mi divertirò ancora.
G.B.: Nella nostra carriere abbiamo avuto esperienze volute e non casuali con molti generi musicali. Amo tutta la musica buona. Mi piace ascoltare di tutto e allo stesso modo inevitabilmente cerco di suonare generi diversi. L’esperienze più belle sono state quelle con i tantissimi compositori con cui abbiamo avuto il piacere di collaborare. Non è mai successo di essere stati obbligati ad eseguire dei brani nella modalità che il compositore voleva, inevitabilmente ci hanno chiesto di essere noi stessi all’interno delle loro composizioni.
Un aneddoto, un ricordo…
L.P.: Cominciano ad essere davvero molti; non so come potrei raccontarne uno a se stante, senza un aggancio a qualcosa di più specifico. Potrei scriverci un libro, davvero.
Dico di aver visto e vissuto paradisi ed inferni, tristezze profonde e risate a crepapelle, imprevisti di ogni genere ma… qualcosa di alto, ha sempre vegliato su me.
Quali sono i prossimi progetti?
L.P.: Innanzitutto vivere bene. Detto questo, più che prossimi, ce ne sono in corso con LIMEN. E poi i concerti, per i quali arrivano regolarmente interessanti proposte.
G.B.: Il grande estremo è tornare indietro e i progetti sono andati in automatico. Io ho appena finito la registrazione delle Variazioni Goldberg, il grande monte da scalare. In questo momento avevo bisogno di ritornare alla partenza. Ho fatto questa scelta estrema, rischiosa ma con grande piacere e volontà di scalare questa montagna.
Inoltre con Luca registreremo il secondo disco con ancora una volta il repertorio classico e buona musica. La musica si etichetta molte volte, ma la musica bella è solo quella che si ama.
Grazie a Luca Pincini e Gila Buttà per essere stati nostri ospiti.