INTERVISTA | Il Professional Bassplayer Manuel Muzzu racconta i suoi 25 anni di musica

Manuel Muzzu Professional Bassplayer diplomato a Los Angeles. Manuel ha pubblicato 3 album, l’ultimo si intitola 3-ree. L’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio

Manuel Muzzu Professional Bassplayer con tre album all’attivo. Dopo The Right Hand’s Miracle, New Stories Old Hands arriva 3-ree. Com’è nato questo progetto musicale?
Senza obbiettivi particolari, semplicemente scrivendo musica, che, anche grazie al periodo di clausura che abbiamo vissuto questa primavera, ho sistemato arrangiato registrato e mixato insieme ai musicisti, ma soprattutto amici, che nello stesso periodo si sono ritrovati più o meno nelle mie stesse condizioni, bloccati a casa.

Manuel parlaci un po’ di te, del tuo percorso musicale dall’inizio ad oggi, so che non è sempre stato facilissimo, soprattutto in Italia.
Sono nato in un dei posti più belli del mondo, la Sardegna, un po’ troppi anni fa per I miei gusti.

All’età di sei anni, a causa di una serie sfortunata di eventi, tra i quali la assoluta mancanza di lungimiranza e attenzione da parte di alcuni medici, una banale frattura al mio braccio destro si è trasformata in un vero e proprio incubo, che ha definito la quasi completa disabilità dello stesso, con l’asportazione completa del muscolo dell’avambraccio e, soprattutto, il distaccamento totale dei tendini delle dita della mano, il cui risultato è la totale immobilità delle stesse dita, a parte il pollice che si muove, ma solo  parzialmente. Ovviamente questo ha condizionato la mia vita, ma non mi ha mai impedito di fare tutto ciò che volevo fare.

A modo mio, sono sempre riuscito ad ovviare al mio deficit, il quale non è mai stato un problema, fino a quando all’età di 14 anni ho deciso che la passione per la musica avrebbe potuto essere il mio futuro, ed ho pensato di iscrivermi al conservatorio per studiare quello che da circa due anni era il mio strumento, solo in quel momento la mia condizione è diventata un grande problema, ma non per me, per la commissione esaminatrice che ha pensato che non potessi assolutamente impugnare l’archetto nel modo appropriato, senza neanche farmici provare. Così ho passato diversi anni cercando un’altra strada studiando questo e quell’altro, ma la testa e l’attenzione era sempre su quel benedetto strumento, finché a 19 anni ho pensato di provare di nuovo, ma prendendo un’altra strada.

Cosi sono andato a Los Angeles ed ho fatto un colloquio per essere ammesso al Musician Institute, aspettandomi, anche stavolta, un sonoro ceffone, invece il mio insegnante, nel momento in cui gli ho fatto notare il mio “problema”  mi ha risposto, a me dei tuoi problemi non mi frega un accidente, io ti do delle cose da fare, se tu le fai a me non interessa il modo in cui le fai. E così dopo 4 anni son diventato “Professional Bassplayer”. Non è stato facilissimo, non solo perché la scuola fosse di per sé complicata, ma soprattutto perché ho dovuto inventare, praticamente da zero, un modo che mi potesse permettere di affrontare tutte le tecniche nel quale il mio strumento potesse essere suonato, ma la passione era tanta davvero.

Quali sono I tuoi ascolti musicali principali? I tuoi artisti preferiti?
Ho avuto la fortuna di avere studiato in un posto nel quale era assolutamente necessario non fermarsi ad ascoltare un solo genere musicale, ma sentire ed in generale essere pronto a poter suonare tutto, il titolo Manuel Muzzu Professional Bassplayer significa che, professionalmente, dovresti essere in grado di suonare qualsiasi cosa.

Cosi ho imparato a non avere i paraocchi ed ascolto assolutamente qualsiasi cosa, dal Jazz più classico alla Fusion, al Latin ma allo stesso modo il Rock, il Pop, l’Eavy Metal in tutte le sue sfaccettature, l’R&B, l’Hip Pop, insomma tutto, oddio, forse il liscio è l’unica cosa su cui non riesco a concentrarmi più di tanto.

Non esiste un  mio artista preferito di sempre, ci sono artisti che preferisco in un determinato momento ed altri che preferisco in altri momenti, finché non arriva qualcuno di nuovo che prende il posto di quello prima, è la musica che cambia e va avanti, ed io cerco di stargli dietro il più possibile, perché è meraviglioso ogni volta farsi sorprendere dalla musica, soprattutto se pensi che le note son solo 12.

Un album che si potrebbe definire di jazz-fusion che colpisce fin dalla copertina: un tre che nasce da una chiave di Basso che si moltiplicano per tre dando vita alle fronde di un albero. Che significato ha questo titolo?
Fondamentalmente la mia idea era di unire il numero “Tre”, numero progressivo dei mie album, e la parola albero in inglese “Tree”, che secondo me, è il simbolo della solidità ma anche della grazia e dell’eleganza.

La chiave di basso che diventa numero ed anche albero, bhe quello è tutto frutto del genio della persona che si è occupata dell’artwork, mia cara amica, che si chiama Alessandra Mura, date uno sguardo a quello che fa e vi renderete conto del valore, in tutti i sensi, di questa artista.

Sono otto le canzoni che compongono questo tuo lavoro discografico: c’è un filo conduttore che le lega?
Assolutamente no, non c’è mai stato in nessuno dei miei lavori, io scrivo musica e ogni giorno è diverso dall’altro per scrivere, cosi anche le canzoni sono diverse le une dalle altre, credo sia anche il fascino dei miei dischi, come ha scritto qualcuno, “sono i dischi giusti per chi si vuole avvicinare a questo genere perché c’è di tutto” .

Qual è il brano di 3-ree in cui il bassista Muzzu si ritrova maggiormente?
Nessuno in particolare, tutti sono un pezzetto di me, forse l’ultimo “Just a Lullaby” è quello più particolare perché è nato ed stato realizzato nel giro di 48 ore, solo per la naturalezza di come è venuto fuori.

Manuel sei un musicista professionista da 25 anni, alle spalle hai numerose collaborazioni che differenza c’è tra collaborare ad un progetto altrui e lavorare ad una propria idea ben precisa?
Dipende dai progetti, dipende dal grado di coinvolgimento che ti viene richiesto, puoi venir chiamato per eseguire una semplice linea di basso già confezionata, e chiaramente in questi lavori non avverti la stessa carica emotiva di quando invece un brano lo scrivi tu da zero, altre volte invece ti si chiede una maggiore partecipazione, sia negli arrangiamenti che nei mixaggi, e li ti devo dire che la spinta creativa non è cosi lontana, certo poi i tuoi lavori sono i tuoi, ed il fatto  di averne il totale controllo fa la differenza.

Dacci un motivo per cui un giovane ragazzo dovrebbe iniziare a fare musica oggi…
Di motivi ce ne sono duemilamilamiliardi, non saprei neanche da dove iniziare, ma uno per cui NON deve iniziare a farla te lo do, ed è anche il più importante, i soldi.

La discografia era già in crisi prima dell’attuale pandemia, come vedi il futuro della musica?
Bho, se parliamo in modo commerciale, assolutamente non è un buon momento, ma quello a prescindere dalla pandemia, ormai con l’avvento dello streaming i nuovi artisti indipendenti o con alle spalle piccole produzioni e piccole label che non si possono permettere grandi battage pubblicitari, non possono pensare di tenersi in piedi con il solo lavoro discografico, alla fine i live sono il sostentamento, e lì si abbiamo avuto una grande batosta dal Covid-19, le gigs quest’anno si sono dimezzate e anche di più.

Sai proprio prima di distribuire il disco mi è venuto questo atroce dubbio e ne ho parlato con Sebastiaan (Cornellissen), il batterista che ha suonato nel disco, e lui mi ha risposto in modo inequivocabile, “noi siamo musicisti, se noi non facciamo più musica la musica chi la farà?”, ecco quale sarà il futuro della musica, finché qualcuno la farà ci sarà.

Grazie Manuel Muzzu professional bassplayer di aver risposto alle nostre domande. Buona musica.

Social e Contatti

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